Preti, anticlericali e prostitute uniti in piazza per “adeschiamo i diritti”.

Il rosario in tasca e l’ombrellino rosso dei sex-workers: singolare e sintomatica varietà di oggetti e simboli oggi pomeriggio, ore 15, a piazza Farnese per una manifestazione che s’intitola “Adeschiamo i diritti” e punta a ostacolare il disegno di legge Carfagna sulla prostituzione.
Boa di struzzo e crocifissi al collo, ex schiave migranti e gay stanziali, suore anti-tratta, vistose dragqueens, pannelliani di lungo corso e francescani pazzi di Dio. Mai foto di gruppo è apparsa, a memoria di osservatore, meglio capace di raccogliere e contenere intorno a una mobilitazione un tale assortimento di idee, mondi, credenze e stili di vita.
Ebbene: più di chiunque altro questa variopinta tribù ha preso sul serio le scelte della Carfagna, che pure non ha ritenuto di doverne consultare alcuna componente prima di far partire il suo «durissimo schiaffo» – così si è berlusconissimamente espressa in conferenza stampa – alla prostituzione. Non solo, ma è chiaro lo sforzo di evitare polemiche, allusioni, ironie e attacchi personali al ministro, al suo antico corredo iconografico, alla sua rapida carriera – con il che dando prova di una civiltà che è raro riscontrare nella vita pubblica.
D’altra parte, il moralismo non abita da queste parti. Spiega don Andrea Zappolini, parroco toscano e vicepresidente del Cnca, che l’organizzazione dell’evento è stata molto semplice: «Le bandiere di ciascuno erano in terra, com’è giusto che sia quando si mettono al centro le persone».
Conferma Andrea Morniroli, laico dei “Cantieri sociali”: «Per costruire delle alleanze servono soluzioni pragmatiche e gente di buonsenso». Di comune accordo si è convenuto di affidare l’ideazione, la regia e l’esecuzione della scaletta al talento naturale e alla spontaneità di Monica Rosellini de “La Strega da bruciare”, che parlerà da un palco su cui è stata emblematicamente ricostruita una casa chiusa. Gli ospiti, o meglio i «complici», saranno annunciati da uno scampanellio, dlìn-dlòn, tipo
Porta a porta.
Anche allora, come si vede, certe situazioni era meglio nasconderle. Sulla prostituzione in Italia non si legiferava dai tempi della Merlin, mezzo secolo esatto, ma a giudizio del composito fronte che si è mobilitato la scelta offerta dal ministro delle Pari Opportunità appare come la classica risposta troppo semplice a un comparto della società che invece è divenuto sempre più complesso.
Una soluzione che non distingue le varie condizioni di chi fa o è costretta a «fare la vita» (dalle schiave a chi, adulto e consenziente, scegli liberamente di vendere il proprio corpo a chi gli pare), quindi una legge inefficace, oltre che assai poco rispettosa delle persone e sostanzialmente ipocrita.
Nel frattempo, anticipando la stretta del decreto Carfagna, da luglio sono partite le ordinanze dei sindaci. E quattro mesi forse bastano a farsi un’idea dell’andazzo: un paio di assessori di giunte a «tolleranza zero», in Veneto e dalle parti di Piacenza, si sono fatti beccare lungo viali bui e sospetti; a Parma, città un tempo civile, un assessore alla sicurezza ha consentito ai fotografi di partecipare a un’operazione di pulizia, ma la foto di una prostituta di colore abbandonata per terra gli ha rovinato la bella figura; a Bari un’altra poveraccia di nigeriana che scappava dalla Polizia è finita sotto una macchina ed è morta; a Roma la speciale commissione per la sicurezza ha messo su You-tube uno spaventoso video di caccia in cui una prostituta rumena scappa, cade, viene immobilizzata, piange, sviene. Tutto in mostra: senza vergogna e senza pietà.
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