Omosessualità. Origine e diffusione di una nuova identità sociale
Articolo scientifico della psichiatra Patricia H Bazemore MD., coautori: William H Wilson MD, Douglas A Bigelow, pubblicato su emedicine.com del 28 maggio 2008, liberamente tradotto da Francesco
La prevalenza e l’incidenza dell’omosessualità è stata intensamente studiata (Michaels, 1996) ma i dati a disposizione rimangono limitati per due difficoltà metodologiche. Innanzitutto, la definizione di omosessualità.
Una stima incerta del numero e della distribuzione dell’omosessualità si attesta attorno al 10%. La stima deriva dalle pionieristiche casistiche di Kinsey.
Il problema è che esse erano basate su un campione di persone selezionate e non su di un campione casualmente scelto della popolazione generale. L’utilità di tali studi è maggiore per cercare correlazioni con altri parametri nell’ambito dello stesso gruppo piuttosto che per inferire informazioni generali.
Gli studi di Kinsey hanno contribuito alla comprensione della natura dimensionale della omosessualità attraverso la gradazione delle esperienze omosessuali ed eterosessuali su una scala da 0 a 6 (da esclusivamente eterosessuale ad esclusivamente omosessuale). Kinsey riportò che maschi e femmine di questo campione scelto di persone si distribuivano su tutti i valori della scala e solo una minoranza degli intervistati dichiarava di avere o aver avuto esperienze solamente omosessuali.
Più recentemente alcuni studi hanno cercato di definire la frequenza dell’omosessualità nella popolazione generale. La casistica del National Health and Social Life, 1992, ha utilizzato una cornice mutidimensionale che tiene conto del comportamento, del desiderio e dell’identità sessuali (Laumann, 1994).
Circa 10% dei maschi e 5 % delle femmine hanno avuto contatti omosessuali a partire dall’adolescenza e rispettivamente 5% dei maschi e 4% delle femmine hanno avuto esperienze omosessuali a partire dai 18 anni.
La validità di queste stime è stata messa in discussione per questioni metodologiche ma resta il fatto che tale casistica produce risultati che echeggiano da vicino quelli di Kinsey e che mostrano come la sessualità sia una dimensione complessa e fluida senza una netta distinzione tra persona omosessuale ed eterosessuale.
Il censimento americano del 2000 ha fornito preziose informazioni riguardo alla composizione dei nuclei familiari negli Stati Uniti (US Census Bureau, 2001). Esso indica che esistono almeno 500.000 coppie appartenenti allo stesso sesso e questa cifra è destinata a salire del 10-20%. Sembra che circa lo 0.5% degli americani viva in una relazione con un patner dello stesso sesso.
La conclusione più importante di tale censimento è che la popolazione omosessuale è sufficientemente numerosa da dover essere presa in esame nella programmazione dei piani sanitari del paese.
Cause
Il fenomeno dell’omosessualità è complesso ed i fattori implicati nella genesi della omosessualità sono molteplici. Come per le rilevazioni epidemiologiche anche lo studio delle cause dell’omosessualità è reso difficile dalla mancanza di una chiara definizione di omosessualità come pure dalla sovrapposizione di omosessualità e eterosessualità.
La discussione seria sulle cause dell’omosessualità è, inoltre, spesso complicata dalla presenza di nozioni semplicistiche che di volta in volta vengono assunte dalle varie parti del dibattito per sostenere il proprio punto di vista politico, culturale e religioso (Stein, 1996). Il modello biopsicosociale della famiglia è un modello utile per organizzare le nostre attuali conoscenze sulle cause della omosessualità.
Fattori biologici
La teoria evoluzionistica è, forse, il livello più elementare del pensiero biologico sull’omosessualità. Gli evoluzionisti fanno fatica a spiegare il perché l’omosessualità sia così radicata nel comportamento biologico umano. Una pressione evolutiva negativa verso l’omosessualità esiste già nel momento in cui si pensa che le persone omosessuali hanno, sicuramente, meno figli di quelle eterosessuali.
Una risposta attuale a questo quesito deriva dalla constatazione che le comunità umane con membri omosessuali hanno caratteristiche di sopravvivenza specifiche (Kirkpatrick, 2000; Muscarella, 2000).
Il vantaggio può essere legato al fatto che, in tali gruppi, ci sono dei lavoratori in più, che permettono ad altri di prendersi maggiormente cura della prole. Comunque ogni teoria evoluzionistica sull’omosessualità è puramente speculativa.
Relazioni omosessuali si ritrovano anche nel mondo animale
La teoria della immunizzazione materna della omosessualità postula che l’orientamento sessuale è più probabile in uomini che hanno fratelli maggiori. La probabilità sarebbe maggiore all’aumentare del numero dei fratelli.
L’immunizzazione materna significa una qualche modificazione molecolare-genetica che avverrebbe nella madre a carico del feto maschio e la cui probabilità aumenta con l’aumentare delle gravidanze di feti di sesso maschile (Blanchard, 2001).
Il sistema immunitario della mamma in risposta ai nostri fratelli maggiori, per chi ne ha, ci farebbe diventare gay agendo in qualche modo sulle nostre molecole.
Le basi biologiche della attrazione fisica basata su ferormoni (sostanze che evocano sensazioni odorose), odori ecc. è nota in molte specie animali. Negli uomini i segnali trasmessi dagli odori sono spesso sottili ed inconsci dato lo scarso peso della comunicazione consapevole mediata dall’olfatto (Kohl, 2001). Uno studio recente ha analizzato l’attrazione mediata da ferormoni in soggetti eterosessuali ed omosessuali (Martins, 2005).
In uno studio in cui si obbligava a scegliere, gli odori di maschi omosessuali erano i meno preferiti eccetto che tra i maschi gay che preferivano gli odori di altri maschi gay o di femmine eterosessuali.
Sia le femmine etero- che omo- sessuali preferivano gli odori di individui eterosessuali dell’altro sesso a quelli di soggetti omosessuali maschi o femmine. I maschi eterosessuali preferivano gli odori di maschi e femmine eterosessuali. I ferormoni potrebbero essere correlati alle basi bilogiche del diverso orientamento sessuale (Ober, 1997).
Altri studi hanno determinato un’associazione tra antigeni di istocompatibilità (molecole che caratterizzano il nostro sistema immunitario, la nostra interfaccia col mondo esterno) e l’orientamento sessuale.
Ormoni prenatali e sostanze chimiche sono state studiate come potenziali fattori che contribuiscono a determinare l’orientamento omosessuale. Un aumento delle capacità spaziali (funzioni cognitive impiegate nella elaborazione dello spazio interno ed esterno) sono state associate con l’esposizione prenatale ad androgeni.
Uno studio recente ha dimostrato una forte correlazione tra comportamento omosessuale e capacità spaziali in donne prima della menopausa, implicando pertanto un’associazione tra comportamento sessuale ed esposizione prenatale ad androgeni.
Un altro studio ha dimostrato una frequenza maggiore di femmine omosessuali tra le figlie di donne che avevano fatto uso di farmaci dimagranti a base di anfetamina o ormoni tiroidei sintetici (Ellis, 2005). Anche l’esposizione a nicotina sembra essere un elemento importante nella sviluppo di omosessualità femminile in modelli animali (Ellis, 2001).
Spiegazioni fisiologiche della omosessualità sono state cercate, ma non ne esiste nessuna definitiva (Byne, 1996). I fattori genetici possono avere un ruolo ma non c’è nessuna prova conclusiva.
Non esistono prove neanche di ereditarietà. I modelli di studio genetici standard sono stati applicati, compresa l’analisi dei pedigree, lo studio di gemelli omozigoti la genetica molecolare di linkage (associazione di diversi tratti genetici tra loro).
Gli studi su gemelli omozigoti (identici dal punto di vista genetico) mostrano una più alta concordanza in termini di omosessualità rispetto a gemelli eterozigoti. Tra gemelli identici le percentuali di concordanza (espressione dello stesso carattere) sono riportate nell’ordine di 48-60%, il che indica sicuramente un ruolo dei fattori genetici, anche se essi non spiegano completamente l’espressione della omosessualità.
Gli studi di associazione molecolare hanno suggerito che alcune regioni cromosomiche possano essere coinvolte nel conferire una predisposizione all’omosessualità (esempio Xq28), ma un gene specifico non è stato identificato.
L’ambiente ormonale in cui il feto si sviluppa influenza chiaramente l’anatomia sessuale ed il comportamento. Per esempio androgeni prenatali sono necessari per lo sviluppo dei genitali esterni del maschio in feti geneticamente maschi.
Negli animali, è descritta una serie di conseguenze derivanti dalla manipolazione ormonale intrauterina. Per esempio, ratti femmine, esposte a aumentati livelli di ormoni androgeni durante lo sviluppo fetale, mostrano comportamenti sessuali tipici dei maschi nella vita adulta. Verosimilmente, i fattori ormonali, genetici e biologici influenzano il comportamento determinando modificazioni strutturali e funzionali del cervello (Byne, 1996).
Nei roditori, differenze morfologiche del cervello sono legate alla diversa esposizione ad ormoni nella vita fetale. Differenze altrettanto chiare non sono state dimostrate negli esseri umani. Le regioni del cervello umano implicate nella espressione della omosessualità sono i nuclei interstiziali dell’ipotalamo anteriore, il nucleo sopraottico, la commissura anteriore, ed il corpo calloso. Vari studi approdano, tuttavia, a risultati eterogenei.
Non esiste consenso riguardo all’esistenza di un cervello omosessuale, cioè morfologicamente e fisiologicamente caratteristico dell’essere omosessuale. In conclusione, i fattori bilogici esercitano un’influenza nei processi cognitivi ed emotivi che concorrono a formare il carattere, l’intensità del bisogno sessuale, il desiderio di sicurezza verso quello di avventura e simili tratti della personalità.
Queste caratteristiche influenzano il modo con cui l’individuo reagisce agli stimoli sociali e possono influenzare le sue scelte. I sostenitori della importanza decisiva dei fattori biologici possono pensare che essi influenzino profondamente l’orientamento sessuale, ma non dispongono di dati sufficienti, al momento, per dire quale sia il loro contributo nel determinarlo.
Fattori psicologici
Nella prima adolescenza, la maggior parte delle persone hanno un senso interno già chiaro del proprio orientamento sessuale. Tuttavia, l’espressione della loro sessualità è fortemente influenzata dai comportamenti sessuali che essi osservano nell’ambiente in cui vivono e dalle opportunità che si presentano.
I dati del National Health and Social Life suggeriscono che durante l’adolescenza raggiungano un picco i comportamenti e le esperienze di “prova” con varie opzioni sessuali. L’individuo sperimenterebbe con le varie possibilità della sessualità. Con il proseguire dello sviluppo, l’identità personale si rafforza e le scelte del patner, del comportamento sessuale si fanno più coerenti.
Le teorie psicanalitiche si occupano dello sviluppo del desiderio e dell’identità sessuale in modo vario e con approcci diversi, attribuendo molto peso alle matrici familiari ed ai contesti relazionali in cui l’individuo vive ed ha vissuto, con l’obbiettivo spesso di arrivare ad una matura consapevolezza di se stessi.
Fattori sociali
Mentre i fattori biologici condizionano le preferenze sessuali quelli sociali influiscono pesantemente sulle scelte. Studi antropologici dimostrano che in alcune società il comportamento omosessuale è stato accettato in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, ma in altre è stato considerato alla stregua di una pericolosa deviazione morale e, pertanto, punibile anche con la morte (Herdt, 1996).
Quindi, l’espressione dell’omosessualità varia anche in relazione al contesto sociale. Nel mondo occidentale, esiste una forte pressione a presentarsi in termini di orientamento sessuale.
Ci si aspetta che ciascuno abbia una precisa identità e la manifesti pubblicamente. Talora una sorta di identità sessuale viene attribuita dal gruppo in cui il soggetto vive prima ancora che egli stesso sia pienamente consapevole di se stesso.
Quando i soggetti scelgono un’identità sociale omosessuale attraversano il rito del coming out, il venir fuori, la proclamazione di se stessi. Il processo inizia attraverso il riconoscimento della propria identità sessuale, passa per l’affermazione della propria identità e termina con la pubblica dichiarazione di essere omosessuali.
Come molti passaggi rituali, quello del coming out può essere facile, ma più spesso è particolarmente traumatico dal punto di vista emotivo e comportamentale, può portare a attriti forti nel contesto familiare e sociale della persona. Molti soggetti preferiscono mantenere nascosta la propria omosessualità per evitare censure e penalizzazioni sociali.
Testo originale: Homosexuality