Alla ricerca delle lesbiche invisibili
Articolo di Julia Pascual pubblicato sul sito de Le monde (Francia) il 27 giugno 2015, libera traduzione di Marco Galvagno.
C’era un carro lesbico al Pride (di Parigi) del 27 giugno 2015. Ci è mancato poco che non ce ne fossero proprio. Ogni Pride tuttavia una quarantina di carri sfila a Parigi, ci sono portabandiera di associazioni, bar, discoteche.
“Erano tre anni che il collettivo ‘Gouines comme un camion’ (lesbiche camioniste) sfilava con un carro, ma quest’anno hanno detto che si prendevano una pausa”, racconta Armandine Miguel, portavoce di interlgbt (lesbiche, trans e bisex) che organizza il Pride. “Abbiamo fatto un carro che riuniva le associazioni di lesbiche, il lesbotruck. È importante” spiega lei, “è un trampolino per rivendicare la procreazione medica assistita, il riconoscimento della maternità anche per la madre che non ha partorito il bambino, la lotta contro la lesbofobia”.
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Siamo l’ultima ruota del carro
Tante cause diverse che difficilmente vengono a galla. “Il fatto che il presidente della Repubblica non abbia mantenuto le promesse sull’apertura della medica assistita alle coppie di donne la dice lunga sull’invisibilità delle lesbiche”, si rammarica la responsabile che è incaricata della visibilità delle lesbiche, una delegazione creata due anni fa in seno al collettivo GLBT. È un segno che il tema è stato preso in considerazione, ma tardivamente.
“Siamo donne, siamo lesbiche, siamo l’ultima ruota del carro” analizza duramente Rag Lafan. Quella che ha lanciato il sito d’informazione culturale Barbi(e) Turix e organizza Wet far, “una delle più grandi serate lesbiche in Europa, cerca di far cambiare le cose attraverso feste aperte a tutti”. Niente di scontato in tutto questo, dato che oggi i luoghi di incontro per ragazze lesbiche sono più rari di quelli per i gay. Si contano solo una manciata di locali in tutta Parigi.
“Quando capisci di essere lesbica è un po’ inquietante e non sai dove andare. Ci sono molte ragazze che si sentono sole” osserva Clémence, trentenne parigina, anche se afferma che “non le piace frequentare l’ambiente lesbico”. “Non voglio che la mia sessualità sia l’unico punto di vista sulla vita”.
Aurélie, di trent’anni è d’accordo, stasera è sulla terrazza del Barouf, un bar lesbico del trentesimo arrondissement, aperto l’anno scorso, perché sta attraversando un periodo burrascoso nella vita di coppia e stare lì le consente di conoscere persone nuove.
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L’invisibilità pubblica delle relazioni amorose tra donne
“Questa discrezione nei luoghi pubblici andrebbe spiegata come una paura di reazioni ostili” analizza Stéphanie Arc nella sua opera “Identités lebiennes en finir avec les idées réçues” (editions le cavalier bleu, 2015). Una paura che spingerebbe le lesbiche a scambiarsi “meno effusioni in pubblico dei gay”.
Le due proprietarie del bar lesbico Barouf, Anne e Marie, sono consce di queste reticenze. “Abbiamo voluto fare un luogo aperto senza tende con porte-finestre e una terrazza” spiegano le due cinquantenni. “Abbiamo superato l’età per nasconderci. Certo ci siamo chieste se le ragazze avrebbero avuto il coraggio di sedersi in una terrazza, ma funziona, fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile“.
Se i bar lesbici non crescono è anche per una ragione abbastanza banale. “Le donne hanno sempre occupato gli spazi pubblici meno degli uomini. Escono meno, bevono meno, sono meno redditizie per il commercio”, proseguono Anne e Marie.
Un’osservazione confermata dalla sociologa Natacha Cechuti: “Si evidenziano le disuguaglianze economiche tra uomini e donne, se vi aggiungiamo una logica di territorio, le lesbiche sono meno presenti nei luoghi commerciali rispetto alla militanza informale” nei blog, nelle reti d’amicizia e nelle associazioni. La loro invisibilità è accentuata da quella che Stephanie Arc chiama “la cancellazione delle relazioni amorose tra donne”.
Nel corso della storia “la legge e la religione si sono mostrate molto più violente nel punire e reprimere l’omosessualità maschile”, ma quella femminile è stata occultata. “Attraverso condiscendenza e negazione si faceva passare il messaggio che l’amore lesbico fosse solo un’amicizia amorosa, qualcosa di poco serio”.
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Visibilità in aumento
Per tutte queste ragioni molti hanno considerato che ci fossero meno lesbiche di gay. Niente è meno certo di questa affermazione. Secondo l’ultima inchiesta disponibile sul tema (Contexte de sexualité en France, Ined/insem 2006) il 4% delle donne dichiarava di aver avuto rapporti omosessuali nell’ultimo anno, contro il 4,1% degli uomini.
“La percentuale delle donne è aumentata con il tempo. Prima dichiaravano piuttosto d’aver provato attrazione per qualcuno del proprio sesso. Le cose si muovono ineluttabilmente. La visibilità delle lesbiche aumenta”, afferma Stephanie Arc.
“Adesso vengono rappresentate in serie tv francesi come “Plus belle de ma vie” o “Fais pas ci, fais pas ca”, ma anche in serie inglesi e americane come ”Orange is the New back”. Le vediamo anche attraverso i film o grazie al successo della scrittrice britannica Sarah Waters o grazie al coming out di persone famose negli Stati Uniti”.
In Francia invece le persone famose che fanno coming out sono ancora rarissime. Oceanie Rosemarie ne ha approfittato ed ha intitolato il suo show, un monologo teatrale, “La lesbienne invisibile”.
“Quando ho scritto il copione del mio spettacolo vari produttori hanno cercato di dissuadermi a mettere la parola lesbica nel titolo. In effetti questo ha attirato molto pubblico, perché è un tema del quale nessuno osa parlare. Ho riempito i teatri per quattro anni”.
L’attrice si chiede tuttavia: “Penso di essere finita sui media, perché sono un personaggio, dolce e sorridente in fondo. Non avrei avuto la stampa favorevole se fossi stata una lesbica dall’aspetto mascolino con i baffetti e i capelli corti. Si rivela un’ambivalenza di fondo, siamo pronti a dare la parola alle lesbiche, ma bisogna che siano carine e abbiano un look eterosessuale”.
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Testo originale: Les lesbiennes en quête de visibilité