Cosa c’entrano le elezioni in Emilia Romagna con i cristiani LGBT?
Riflessioni di Massimo Battaglio
Cosa c’entrano le elezioni in Emilia Romagna coi problemi delle persone lgbt cattoliche? C’entrano, c’entrano, perché danno spunto a parecchie riflessioni.
Innanzitutto è salva la legge regionale contro l’omotransfobia. Vasti settori della destra, soprattutto di quella cattolica, avevano promesso che l’avrebbero abolita. Non sarà così. Chissà che non siano anche questi temi, ad aver spostato più di un voto verso la coalizione di Bonaccini.
In secondo luogo, mi si permetta una battuta: la Madonna non è leghista. Invocare continuamente il suo nome, sventolare rosari come programmi politici, come pistole, non porta bene. Forse serve a incantare qualcuno, a commuovere coloro la cui religiosità arriva solo fino a lì. Ma i più capiscono che questo metodo non va. Racimolare voti prendendo in giro le persone più semplici e la devozione popolare, non è onesto. E in Emilia Romagna, come in tutta Italia, c’è una forte domanda politica di onestà.
Vorrei poi aggiungere alcune osservazioni meno generiche, osservando il voto provincia per provincia, anzi, diocesi per diocesi. Perché è vero che l’Emilia Romagna è una regione molto secolarizzata (e lo è innanzitutto per colpe da ascrivere alla Chiesa, mica a qualche calamità). Ma mi pare di poter notare che, proprio nelle terre di don Camillo e Peppone, queste elezioni indichino anche qual è il modello di Chiesa premiante e quale quello perdente.
Vince sicuramente il modello Zuppi, vescovo di Bologna. E’ il cardinale del dialogo con tutti, che riceve tutti, va ovunque, tesse legami a prescindere dai credo religiosi di ciascuno. Qui, la compagine democratica ha ottenuto il 64.80% mentre quella sovranista ha appena toccato il 31,12.
Perde il vescovo Camisasca di Reggio Emilia. Si era lasciato trascinare nella vicenda di Bibbiano ed era arrivato a istituire paralleli tra una presunta faccenda di maltrattamento di minori e i temi dell’omosessualità. Aveva fatto una scelta di schieramento molto chiara, già preannunciata da tempo, quando si era presentato alla veglia per le vittime di omofobia del 2018 per ricordare che la tradizione cattolica non può scendere a patti col popolo LGBT. E proprio Bibbiano ha risposto picche: 56,70% all’amministrazione uscente; 37,43% a chi la accusava. Il dato della città di Reggio è ancora più schiacciante: 59,02% contro 35,76%. Quello della provincia conferma i precedenti: 55,14% contro 39,30%. Sbraitare di “minori” salvo poi suonare i loro citofoni per metterli alla berlina, non ha premiato.
Stesso fenomeno a Parma. Il vescovo Solmi, coi gruppi LGBT, si era comportato in modo non distaccato ma veramente subdolo. Li aveva frequentati assiduamente per mesi e mesi, salvo poi rigettarli quasi con ignominia, facendo capire che era andato solo per osservare (per spiare). Una grande delusione. La pastorale giusta, scriveva sul giornale diocesano, restava quella di sempre: quella della “cura”, della “correzione”, dei partiti “anti-gender”. I partiti “anti-gener”, anche nella sua città, hanno totalizzato il 42%, cedendo la maggioranza agli altri, che hanno ottenuto il 53.23%. Quelli proprio anti-anti-anti-gender col pedigree si sono fermati allo 0.19%.
Se un certo tipo di Chiesa vuole votarsi all’irrilevanza, segua pure quella strada. Io preferisco stare in un mondo meno “puro” (sempre che quell’idea di purezza sia corretta) ma che è il mio; quello in cui il Signore mi ha voluto.