Cosa uniscono San Campion e le vittime dell’AIDS? Sono stati uccisi entrambi dalla paura
Omelia* di padre Matt Malone SJ** pubblicata sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 1 dicembre 2020, liberamente tradotta da Sabrina G.
Era il dicembre del 1992, in uno di quei lunghi e grigi pomeriggi invernali in cui il mondo sembra insopportabile. Per ragioni che non ricordo, ma che sicuramente mi sembravano terribili, ne avevo abbastanza della vita, almeno per quella giornata. Così saltai la lezione sulla storia del Canada, attraversai il campus umido e ventoso e salii le scale fino alla mia stanza del dormitorio, 2,50 per 3,50 metri di mattoni dipinti di bianco e laminato beige, nascosto nell’angolo nord-est dell’Università del Massachusetts ad Amherst.
Proprio come il solipsistico protagonista di “I Am a Rock”, l’omaggio alla solitudine di Simon e Garfunkel, mi immaginai come una sorta di artista della fuga: “Sono protetto nella mia armatura / Nascosto nella mia stanza, al sicuro nel mio grembo… Sono una roccia / sono un’isola”.
Avevo lasciato la borsa dei libri al sindacato studentesco, e l’unico libro nella mia stanza era And the Band Played On: Politics, People and the AIDS Epidemic (E la banda continuò a suonare: la politica, la gente e l’epidemia di AIDS), di Randy Shilts del San Francisco Examiner, un racconto tagliente e straziante dei primi cinque anni dell’epidemia di AIDS, un libro non certo leggero. Tuttavia, non avevo intenzione di tornare indietro attraverso la tundra. Seicento pagine dopo, chiusi il libro e piansi.
Quel giorno piansi per le persone che conoscevo che vivevano con l’AIDS, e per le migliaia che erano già morte. Piansi anche per il mio Paese: la nostra coscienza nazionale ci aveva deluso in maniera catastrofica. Troppe persone perbene avevano permesso a troppe persone perbene di morire, semplicemente perché pensavano che l’AIDS fosse qualcosa che non accadeva alle persone perbene.
La risposta lenta e incerta dell’America alla difficile situazione delle persone che vivono con l’AIDS è stata un peccato sociale mortale, che il nostro Paese deve ancora espiare completamente.
Forse vi starete chiedendo cosa c’entra tutto ciò con la festa di Sant’Edmund Campion, che celebriamo il 1° dicembre. Bene, innanzitutto il 1 dicembre è anche la Giornata mondiale contro l’AIDS. Inoltre, le due storie hanno qualcosa in comune: la causa della morte. Non voglio dire che Edmund Campion sia morto di AIDS, o che le persone con AIDS siano state sventrate e squartate. Quello che voglio dire è questo: ciò che ha ucciso Edmund Campion è la stessa forza che ha ucciso prematuramente così tante persone perbene, la paura.
Le persone avevano paura. Si sono fatte prendere dal panico. E questo le ha uccise. Il panico è nemico della vita. Una sana paura può aiutarci a restare in vita, ma il panico ci ucciderà. E così è successo.
Ripensando a entrambi le vicende, potremmo essere tentati di pensare che la vera spiegazione sia più complicata, ma non lo è. Certo, la paura che ha portato al panico, che ha portato al capro espiatorio di Edmund Campion e degli uomini e delle donne prematuramente morti a causa della pandemia di AIDS, si è manifestata in diversi modi.
C’è molto da studiare e da discutere, e le scienze, politiche e non, possono aiutarci a fare chiarezza, ma in ultima analisi, gli esseri umani hanno la tendenza a farsi prendere dal panico, e poi a uccidere ciò che temono.
Nemmeno nostro Signore è sfuggito a questa semplice realtà umana. Del resto, la grande storia del Natale, che stiamo preparando in questo tempo di Avvento, porta al Venerdì Santo, ma non finisce qui: si conclude la domenica di Pasqua, quando il Signore trascende i legami finiti del tempo e dello spazio e trionfa sulla morte, non solo la sua, ma anche la nostra.
Nell’Incarnazione, il Signore non ha assunto solo una natura umana, ma la stessa natura umana. Nella sua Risurrezione, il Signore ha completato non solo il suo viaggio umano, ma ogni viaggio umano: quelli di San Paolo, Edmund Campion, Arthur Ash, Ryan White, il vostro e il mio.
La Risurrezione carica di senso i nostri dolori insensati, e così facendo ci invita a non farci prendere dal panico, a non avere paura, a gioire di Colui che è verità. Questa è la verità, Lui è la verità per la quale Edmund Campion è morto. San Campion allora non è solo un martire per la Chiesa o per il Signore, ma per voi. Per me.
Quindi Simon e Garfunkel si sbagliavano. Non sono mai stato solo in quella stanza del dormitorio. Non potevo esserlo. Io sono una parte di quello che ho visto e di quello che ho vissuto, non solo con i miei occhi, ma attraverso gli occhi dei credenti e delle persone di buona volontà nel corso dei secoli.
Il poeta John Donne era più vicino alla realtà. “Nessun uomo è un’isola… La morte di un uomo mi toglie sempre qualcosa / Perché appartengo al genere umano / E quindi non chiedere mai per chi suona la campana / Essa suona per te”.
Allora perché Edmund Campion è il santo patrono di America Media? Ci sono molte risposte anche a questa domanda. Ecco la mia: viviamo ancora in un mondo in cui le persone hanno paura. La nostra rivista si chiama America perché, quando è stata fondata nel 1909, alcune persone avevano paura dei cattolici; erano così spaventate che hanno detto ai nostri antenati che non c’era posto per loro in questo Paese.
Quella forma di paura secolare forse è scomparsa, ma altre rimangono. La paura alimenta il panico che porta ancora all’intolleranza: l’intolleranza dell’immigrato, del migrante, del povero, dell’emarginato, l’intolleranza dei punti di vista diversi, delle persone che non sono d’accordo con noi, che hanno visioni del mondo diverse. Se non controllata, sappiamo bene dove porta quell’intolleranza.
Come ministero della Chiesa [Cattolica], America Media esiste per testimoniare un punto di vista diverso, radicato nella stessa realtà per la quale morì Edmund Campion, la stessa realtà per cui i nostri antenati hanno operato. O la rivista America appartiene a ogni cattolico credente, o non è cattolica. O l’America, il paese, appartiene a tutti gli Americani, o non appartiene a nessuno.
Così, in un mondo di paura e panico, America esiste per fare eco alle parole del Signore stesso: non abbiate paura. Perché, nel tempo di Dio, la grazia della sua Incarnazione e Risurrezione si sta ancora facendo strada attraverso innumerevoli esperienze umane, facendo di esse una cosa sola, facendo di noi una cosa sola, mettendo in moto l’unico cambiamento che dura veramente.
* Questa omelia è stata pronunciata durante una speciale Messa in streaming per commemorare sant’Edmund Campion, patrono di America Media.
** Matt Malone SJ è presidente e caporedattore di America Media.
Testo originale: What St. Edmund Campion and AIDS victims share: They were killed by fear