Dio mi ama e la sua chiesa? Riflessioni di un gay cattolico
Riflessioni di Filippo del gruppo Kairos di Firenze
La sensibilità espressa da suor Stefania, don Fabio, don Alessandro e don Giacomo, nella lettera indirizzata al vescovo di Firenze sulla posizione della Chiesa riguardo alla condizione umana e spirituale delle persone credenti omosessuali, riempie di commozione e spinge chi come me la vive quotidianamente sulla propria pelle a raccontarla perché l’appello non sembri rivolto a questioni di lana caprina ma alla sofferenza di donne e uomini reali, in carne ed ossa, che camminano faticosamente sulle strade del mondo. Loro hanno capito quello che molti forse ancora ignorano; come ci si sente ad essere cristiani omosessuali nella Chiesa di oggi.
Scoprire il proprio orientamento omosessuale, prenderne coscienza e imparare a viverlo senza complessi è un percorso complicato che coinvolge l’essenza della persona nella sua interezza. Lo è per ogni donna e uomo glbt. Può diventare un vero calvario però per chi ha ricevuto il dono della fede. È paradossale ma è così che ci si sente di fronte ad una gerarchia ecclesiastica che a parole dice di amare Dio ma chiaramente non sopporta le sue creature.
…È un peccato, è contro natura, Dio non lo vuole, quante volte mi è capitato di sentirmi rivolgere queste parole da solerti e disciplinati sacerdoti che di fronte alla richiesta di conforto e aiuto alla comprensione di se stessi di un giovane disorientato, non hanno trovati altri argomenti che non la colpevolizzazione.
Se poi si vive in una piccola realtà locale, ci si può ritrovare lentamente ma inesorabilmente isolati prima ed esclusi poi dall’ambiente parrocchiale nel quale si è cresciuti o dal movimento educativo giovanile nel quale si è diventati uomini e cristiani maturi.
Si continua a frequentare le funzioni sempre più defilati quasi nascosti dietro una delle colonne della grande navata centrale della basilica romanica dove si è stati battezzati, con il timore che il severo parroco che presiede la funzione, sempre pronto a rimbrottare ignari turisti che si aggirano in basilica durante la celebrazione, possa improvvisamente accorgersi di quella presenza non gradita.
Ma per quanto ci si nasconda, da dietro la colonna continua a far capolino il grande crocifisso sospeso sopra l’altare maggiore che da qualsiasi angolazione lo si osservi sembra sempre rivolgere lo sguardo verso di te. Inizia così un dialogo silenzioso fatto di sguardi reciproci che fanno dimenticare le cento e più banalità che nel frattempo l’arcigno parroco continua ad enumerare commentando le letture del giorno. Poi il triplice suono delle campanelle ci porta in un’altra dimensione; le ginocchia si piegano, le mani si congiungono…«…..questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi», …anche per quelli come me ci si domanda, visto che dallo sguardo del parroco che impartisce la comunione si direbbe proprio il contrario.
La messa finisce con l’invocazione alla vergine, i fedeli rivolti verso la bella statua che la raffigura con lo sguardo dolce e materno; chi sa se almeno Lei… Si esce dalla chiesa, tra il chiacchiericcio delle signore ingioiellate che commentano i pettegolezzi della settimana, rinfrancati ma con ancora tanti dubbi.
E così una domenica dopo l’altra con sempre meno dubbi e con qualche certezza in più si finisce per aspettare con ansia quell’incontro con colui che, gerarchie ecclesiastiche o no, è pur sempre il creatore di tutte le cose, quindi anche di quelli come me.
Poi casualmente ci si imbatte in don Franco Barbero e nell’esperienza di tanti gruppi di cristiani omosessuali, come gli amici di Kairos, e anche gli ultimi dubbi spariscono. Allora quella vocina infondo al cuore che mi diceva che tutto sommato probabilmente Dio mi amava così come sono aveva un fondamento…peccato però che la sua Chiesa sulla terra non faccia lo stesso.