Essere un giovane cristiano gay. L’irrompere del coming out
Testimonianza di Andrea del Progetto Giovani cristiani LGBT, sesta parte
Un momento importante durante questo percorso, reso possibile anche grazie ad una mia amica, fu il momento di affrontare, face to face, i miei genitori in merito alla mia condizione di omosessualità e alla relazione sentimentale che stavo vivendo, oramai da tempo. Io penso che il coming out in famiglia sia uno dei momenti più delicati e significativi che una persona omosessuale può e è chiamata a vivere.
Nella fatica personale, nei leciti dubbi, nello spaesamento e nella paura del mondo esterno e della mia personale salute, progressivamente, i miei genitori hanno accolto questa parte importante di me; hanno cercato di capirla, di approfondirla e di mettersi in dialogo con me, con gli inevitabili scontri e distanze iniziali. Ma siamo sulla buona strada perché dove c’è tanto amore, si supera tutto.
Semplicemente. Umilmente, mi sento di consigliare a quanti sono incerti nell’affrontare l’argomento, sia da una parte della barricata che dall’altra, di lasciare a terra i ruoli e di pensare a quanta energia positiva scaturisca dalla casa che abitiamo, energia che potrà solo crescere se ci si ri-guarda finalmente senza maschere, in piena verità, col petto più leggero e soprattutto con una complicità più forte ed autentica. Ci si sente più figli, più forti e dunque più amati, incondizionatamente. E ce n’è tanto bisogno.
Come dice la giovane scrittrice Serena Santorelli: “Parlatene, parlatene sempre. Perché i silenzi diventano pietre. E le pietre diventano muri. E i muri, distanze incolmabili”. Solo il dialogo salva, né i silenzi né le imprecazioni. Fatelo, perché la vita è un soffio e un lungo abbraccio ritrovato vale più di tanti pianti in solitudine, in stanze separate. Sbaglio?