Gay e cattolico. Il mio amore celibatario
Dialogo di Irene Agovino con Matteo, omosessuale cattolico che vive una celibate partership
Nel mondo cristiano esistono molte persone LGBT che vivono il loro orientamento sessuale e affettivo nel celibato, in cui l’astensione dall’atto sessuale genitale ne rappresenta una parte importante. Non tutti vivono da “single” questo stato di vita: ci sono persone che parlano di relazioni celibatarie, o celibate parterships, come sono conosciute in ambito anglofono .
Quanti anni hai Matteo e cosa fai nella vita?
Ho 23 anni e attualmente sono disoccupato.
Quando hai capito di essere omosessuale?
A 14 anni già sapevo di preferire i ragazzi alle ragazze, tuttavia ero ancora molto ignorante riguardo i vari orientamenti sessuali, le tematiche LGBT etc.
Come definiresti il celibato?
Tecnicamente parlando, lo stato di vita di una persona che non solo si astiene dall’atto genitale, se non sposata, ma lo stato di vita di una persona che si impegna a vivere la sua sessualità e la sua affettività in maniera matura ed equilibrata, come dono per gli altri. Ciò implica anche guardare alle persone nella loro integrità, senza farne un mero oggetto sessuale, instaurando una relazione basata soprattutto sulla gratuità.
Ecco, dal punto di vista relazionale, quando parliamo di relazioni celibatarie tra uomini e donne, come sarebbe corretto definirle? Diresti che siete una coppia o amici particolari?
Direi che ci addentriamo in un’area spinosa; ma dall’esperienza che ho del mondo LGBT celibatario ognuno sceglie come vivere e come descrivere la propria relazione. Io mi trovo bene con relazione celibataria, o celibate parternship; questo perché il sentimento, l’affettività, la relazione che ho con il mio compagno è più che amichevole, sebbene l’amicizia vissuta in comunione tra noi e il Signore rappresenti il fondamento di tutto. Altri, per esempio, parlano della loro relazione come quella di fratelli, i cui cuori sono uniti in un solo cuore. In ogni caso, chi ha detto che l’amore sia mero romanticismo e non già il donare la propria vita al prossimo? Mi viene in mente il rapporto profondissimo tra Davide e Gionata, Gesù e i suoi discepoli: per me, per noi, esempi di vera amicizia, amore, dono, e di reale tenerezza.
Tu e lui siete credenti? E se si, avete gruppi di preghiera?
Siamo entrambi cattolici. Ci siamo conosciuti in una comunità internazionale chiamata “Side B Community”, che organizza annuali ritiri spirituali e che è formata da cristiani di diverse confessioni e diversi stati di vita. Ma oltre questo gruppo non abbiamo parrocchie o associazioni particolari.
Alle volte non pensate che i fanatici possono usarvi come scudo?
Certo, lo sciacallaggio in questo senso non è evento impossibile; noi, comunque, non glielo vogliamo permettere: non contro creature di sangue e di carne lottiamo, mi verrebbe da dire citando Efesini 6:12. A noi, a me, alla nostra comunità non interessa fare i crociati, quanto incontrare le persone, capire le persone, accoglierle, essendo coscienti che appunto che di altri esseri umani si tratta e non di entità astratte o idee senza corpo e senza cuore.
Questa settimana è quella santa. Oggi Nostro Signore va a Gerusalemme ed è un trionfo, ma anche la sua condanna. Oltre a tanti che soffrono per calunnia o troppo legalismo, voi direste di essere come Gesù davanti al Sinedrio?
Guarda non voglio fare la vittima, ma è pur vero che le persone LGBT vivono situazioni difficili e molto dolorose; trovandosi spesso in mezzo a fazioni in lotta e in ambienti feriti dall’odio di genere, vengono ora abbandonate, ora escluse, ora usate e poi buttate come sacchi dell’immondizia; spesso vivono nel nascondimento e nella solitudine. Questa solitudine, purtroppo, non è un problema solo di chi vive il celibato da omosessuale, ma direi anche di moltissime persone single, e perché no, di coppie sposate e anche dei gay ed etero attivi sessualmente. Penso che oggi, da sempre, abbiamo una grande urgenza di riscoprire e rivalorizzare l’amicizia, quell’amicizia profonda fatta di tenerezza, di concreta presenza, di reale apertura verso chi ci sta accanto e che sa prendersi cura delle ferite di ciascuno.
Un cardinale ha detto che esistono gay che uniscono rosario e bandiera arcobaleno ed ha anche affermato che spesso gli omosessuali sono più portati alla santità. Tu che dici?
Guarda queste affermazioni di questo cardinale mi sono sfuggite, sono però convinto che Dio chiami tutti ad accogliere e vivere la propria storia e umanità nel suo amore e nell’umanità conciliata di Gesù. Infondo, non è così che Egli pure ci salva? Immergendosi nelle profondità del nostro cuore, per far luce, per portar pace, per far riemergere e riconciliare tutte quelle situazioni e fatti che sono imprigionate e irrisolte? Detto ciò, tengo molto al mio Rosario arcobaleno: non solo per un fatto puramente estatico, ma soprattutto perché in esso vedo la preziosità della diversità riconciliata, delle diverse parti riconciliate che costituiscono tutto l’essere umano.
Grazie Matteo per esserti confidato con me