Ho fatto Pasqua con l’uomo coi baffi

Arriva una sera in fondo alla chiesa e aspetta. Non è un tipo che ha fretta. Ci sono le volte in cui lo sorprendo a pregare da solo, con calma, nella sua lingua misteriosa e lontana, come se il tempo non contasse nulla.
«Ho pensato che potevano servire a qualcuno – mi dice. – Finalmente ho trovato un lavoro, e ho cominciato a guadagnare qualcosa. Nel quartiere ci sono tante persone che hanno bisogno. Questi sono per loro».
Non faccio nemmeno in tempo a riavermi dalla sorpresa che lui è già sparito; lo vedo genuflettersi e uscire di chiesa con passo tranquillo, un’ombra scura che si perde nella sera.
Apro la busta. Ci sono dei soldi. Tanti soldi. Troppi per uno che fatica a campare, tra l’affitto da pagare e le spese per mantenersi. Sono «per chi ha bisogno», mi ha detto, e mi verrebbe voglia di corrergli dietro e di darli a lui. È lui il povero, il bisognoso, quello che è costretto a vivere di poco o di nulla, a fare acrobazie per tirare la fine del mese. Faccio per alzarmi dalla panca ed inseguirlo, poi lascio perdere, perché ho capito.
L’uomo coi baffi è dalla razza di chi non fa calcoli, come Maria di Betania quando versa il profumo sui piedi di Cristo, come Gesù stesso che sulla croce regala la propria vita per amore, senza aspettarsi nulla in cambio.
L’uomo coi baffi mi ha regalato l’anticipo della Pasqua, una festa pensata per chi non è abituato a trattenere ma impara ogni giorno a perdersi con fiducia, per amore.