I cristiani riusciranno mai a confrontarsi sulle tematiche LGBT+ in modo civile?
Articolo di Jonathan Merritt pubblicato su Religion News Service (Stati Uniti) il 1 novembre 2016, liberamente tradotto da Flavia Lucrezia Piepoli
È possibile non essere d’accordo sulle questioni LGBT+ senza bollare gli altri come portatori di odio o eretici, farisei o apostati?
Il dibattito moderno sulle questioni LGBT è come il bastone di Mosè: ha il potere di dividere il mondo in due metà separate.
È diventato ancora più evidente la settimana scorsa, quando Jen Hatmaker si è espressa a favore del matrimonio e delle relazioni tra persone dello stesso sesso in un’intervista su questo forum.
Non mi aspettavo che l’articolo avrebbe scatenato un dibattito così ampio. Dopotutto, Jen non è certo la prima leader cristiana a fare tali commenti.
Ma sono rimasto sorpreso dal livello di rabbia e frustrazione che l’articolo ha prodotto tra coloro che la pensano diversamente. (Forse siamo tutti solo un po’ esaltati dalla follia delle imminenti elezioni negli Stati Uniti)
Nell’ultima settimana ho visto cristiani assumere il ruolo di giudici, giurati e boia contro Jen e persino tra di loro. Insulti. Denigrazioni. Dichiarazioni pubbliche. Inviti al boicottaggio. Ogni azione è stata intrapresa da cristiani e rivolta contro i loro fratelli nella fede.
Tutta la faccenda mi spinge a chiedermi se sia possibile per entrambe le parti essere in disaccordo sulle questioni LGBT in modo civile. Cioè, senza bollare gli altri come portatori di odio o eretici, farisei o apostati.
Per entrare nel vivo della domanda ho deciso di parlare con il mio amico Andrew Marin, un uomo onesto che si impegna nel creare ponti tra comunità cristiane e la comunità LGBT. È anche autore di Us Versus Us: The Untold Story of Religion and the LGBT Community (“Noi contro noi: storia mai raccontata della religione e della comunità LGBT”), un libro che tratta l’argomento attraverso la lente del più grande studio scientifico mai condotto a livello nazionale nella comunità LGBT riguardante religione e orientamento sessuale.
Qui parliamo su come dialogare di questi temi in modo civile. Ma, soprattutto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. Lasciate pure la vostra opinione…
Alcuni conservatori sostengono che, se il matrimonio tra persone dello stesso sesso è sbagliato, è giusto farlo presente alle persone LGBT per il loro bene. Diversamente, alcuni liberali dicono che, se il matrimonio omosessuale è giusto, è giusto anche difendere i diritti delle persone LGBT. Tu che ne pensi?
L’amore non deve mai essere definito un “accordo”. L’amore deve essere il più grande del risultato binario della società contemporanea secondo cui l’amore può essere vissuto solo quando si è socialmente, politicamente e religiosamente in accordo con l’altro.
La ricerca alla base di Us Versus Us riporta che il 93% delle persone LGBT definisce l’amore in un contesto religioso in senso più ampio rispetto al semplice accordo sulla teologia del peccato e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Questo è in netto contrasto con la narrativa culturale secondo la quale gli individui della comunità LGBT e della Chiesa possono amarsi e fidanzarsi gli uni con gli altri solo quando tutte le parti convengono con entrambe le cose.
Ho amici gay cristiani che affermano di amare i loro partner dello stesso sesso. Dicono che è il loro amore reciproco che li spinge a sposarsi. È questo l’amore secondo la tua definizione?
Il punto è che a livello interpersonale, i tuoi amici si amano nella stessa misura d’amore di qualsiasi coppia eterosessuale. Come cerco di ricordare alle fazioni religiose più conservatrici, c’è una differenza tra essere a favore e approvare. Questa conclusione non è se qualcuno è d’accordo o meno con i tuoi amici; si tratta del funzionamento nella realtà che l’amore non è sempre definito come si potrebbe credere nella propria mente.
Fino a quando le persone provenienti da entrambe le estremità dello spettro teologico non inizieranno a rendersi conto che le “differenze tra convinzioni e realtà” non sono intrinsecamente negative, tutti continueranno inutilmente a farsi del male.
È civile per le Chiese conservatrici accogliere persone LGBT, ma rifiutarsi di lasciarle entrare in chiesa o di farne parte attivamente? Che aspetto assume l’amore agli occhi dei conservatori?
I dati della ricerca di Us Versus Us hanno rilevato che dell’86% di persone LGBT cresciute in una comunità religiosa dalla nascita fino ai 18 anni, solo il 36% continua nel proprio ambiente religioso. Di questi, il 12% continua a praticare in un contesto teologicamente conservatore anche dopo aver fatto coming out e avere una relazione con una persona dello stesso sesso. Alla domanda sul perché una persona LGBT dovrebbe rimanere in una comunità di fede teologicamente conservatrice dopo il coming out e il frequentarsi con qualcuno, le risposte più significative sono state le seguenti:
- È quello in cui credo (33%)
- È un’espressione della mia fede (26%)
- Familiarità (9%)
- Connessione con una comunità (7%)
Una risposta comune in questo insieme di riscontri statisticamente significativi è arrivata da Nate, un ragazzo gay di 22 anni di Indianapolis: “Anche se continuano a esserci alcune cose con cui non sono d’accordo, il disaccordo sarebbe comunque parte di qualsiasi comunità di cui faccio parte. Compresa la mia comunità gay. Ancor di più quando viene messa in gioco la fede!”
Parli di persone LGBT che hanno lasciato la Chiesa ma hanno ancora un forte legame con essa. Quante persone LGBT sono disposte a tornare in chiesa e perché vorrebbero far parte di una comunità che in passato li ha feriti?
Dai nostri dati è emerso che del 54% delle persone LGBT che lasciano la propria comunità religiosa dopo i 18 anni, un sorprendente 76% è disposto a tornarvi – tra cui quasi un terzo è aperto al potenziale ritorno a una comunità di fede teologicamente conservatrice. Alla domanda su cosa potrebbe influire sul loro ritorno, le risposte statisticamente significative sono state le seguenti:
- Provare amore nel disaccordo (12%)
- Motivi di spazio e tempo (9%)
- Se la comunità religiosa cambiasse la propria teologia verso una direzione più progressista (8%)
- Se la comunità religiosa non cercasse di cambiare il loro orientamento sessuale (6%)
- Autenticità nel disaccordo (5%)
- Supporto personale da parte di famigliari e amici (4%)
Tu descrivi un amore piuttosto forte per la Chiesa tra le persone LGBT, sostenendo che per loro non è un problema il disaccordo con la Chiesa ma ciò che è “peccato”. Come può essere?
Una degli oltre 1700 partecipanti nazionali era Sarah, una ragazza lesbica di 21 anni che vive in un piccolo paese del Wisconsin. La sua risposta alla tua domanda è la seguente:
Ho fatto pubblicamente coming out quando avevo 17 anni, ricordo la terribile sensazione che avevo prima della conversazione che avrei avuto con il pastore e, in generale, con la mia Chiesa. E poiché abito in un paesino, sapevo che stavo facendo coming out con la mia intera città.
Con mio profondo stupore, la risposta più memorabile che ho ricevuto è arrivata proprio dal mio pastore. Disse: “Impareremo a superare l’odio insieme. Non ci odieremo a vicenda. Poi aiuteremo la nostra comunità a imparare a non odiare nessuno dei due.” So che non sostiene il matrimonio omosessuale. Ma per lui dire questo e poi essere al mio fianco in questi ultimi anni… non avrei potuto chiedere di più. So che questa non è l’esperienza di tutti, ma per quanto banale possa sembrare, ci deve essere un Dio e i miracoli esistono.
Scrivi su questioni LGBT e fede, ma ti rifiuti di dichiarare pubblicamente la tua posizione sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Come puoi essere difensore di una causa se non ti esponi direttamente con la tua opinione in merito? È questo il più grande approccio d’amore da parte tua?
Ricevo spesso questa domanda e lo apprezzo ogni volta. Semplicemente, non sono un difensore. Sono un costruttore di ponti. E c’è differenza tra le due cose….
Testo originale: On LGBT issues, how can Christians disagree in a loving way?