I miei coming out di giovane gay africano
Testimonianza di Adélard pubblicata sul sito Gay Christian Africa il 10 ottobre 2019, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
“Se non sei normale tu, non so chi possa esserlo”, mi disse un amico nel momento in cui gli rivelai la mia omosessualità. Fu una frase inaspettata, che mi rese gioioso.
L’11 ottobre è la Giornata Internazionale del Coming Out: in molti Paesi occidentali è un’occasione di festa, in Africa, invece, è perlopiù sconosciuta.
Ho fatto gli auguri a molti dei miei amici, che vivono in varie parti dell’Africa, e la risposta è stata sempre la stessa: “Cosa? Esiste una cosa simile?”.
Un amico ugandese mi ha risposto invece: “Questa giornata non è certo fatta per gli Africani”. Erano passate solo 24 ore da quando il Governo ugandese aveva dichiarato il nuovo tentativo di inasprire le leggi anti omosessualità.
“Questa giornata non è certo fatta per gli Africani”: con questo intendeva sicuramente dire che [in Africa] il coming out può generare un deciso rifiuto e portare alla discriminazione, se non ad aggressioni e persecuzioni.
Il coming out non è qualcosa che si deve fare per forza, è il voler essere autenticamente se stessi di fronte agli altri; non vuol dire sbandierare la propria sessualità davanti al mondo intero, ma piuttosto sapere cosa dire, e di fronte a chi, per fare il primo passo.
Il coming out è, prima di tutto, un frutto della fiducia: bisogna farlo con persone di cui ci si fida, e vedere cosa accade. Ma questo non vuol dire che non si possa uscire allo scoperto con un estraneo, per aumentare la nostra fiducia quando una persona di cui ci fidavamo ci ha rifiutati. È un rischio, non si sa mai cosa aspettarsi, ma ne vale la pena.
Alcuni ammireranno la vostra sincerità e il vostro coraggio, il fatto che vi siete fidati di loro; ad altri, invece, ci vorrà più tempo per capire.
È un viaggio diverso per ognuno, che cambia in base alle proprie origini, la propria cultura, la religione, la scuola.
Il mio coming out
Tutte le volte in cui sono uscito allo scoperto ho provato una grande paura, in quanto non sapevo come sarebbe finita, se la mia storia sarebbe passata di bocca in bocca, in città o a scuola… mi immaginavo sempre il peggio.
Il mio primo coming out lo feci nel gruppo spirituale che frequentavo quando avevo 18 anni. Lo dissi [durante un incontro], e improvvisamente l’incontro finì, senza nessun commento; qualche mese dopo, un mio amico decise di essere sincero con me, e disse che non riusciva a capirmi. D
due anni, quello stesso amico venne da me e mi disse “Penso che tu meriti di essere felice; solo questo conta”. Erano sette persone [a quell’incontro], e sono buoni amici; alcuni, nel corso degli anni, mi hanno raccontato come io li abbia aiutati a guardare ai gay come persone con la loro dignità, altri celebrano la vita assieme a me, e sono molto aperti, altri ancora, invece, non hanno mai detto una parola [sull’argomento], ma ci teniamo regolarmente in contatto.
Il mio secondo coming out lo feci con un ragazzo che mi piaceva, pochi mesi dopo il primo. Mi ricordo ancora il modo in cui mi guardò, e il suo sorriso mentre mi diceva “Non ci pensare troppo. Ti passerà, non preoccuparti. Pregherò per te”.
Non era tipo da snocciolare preghiere, ma sapeva che ne avevo bisogno. Non si sentiva mai parlare di omosessualità in pubblico, o nei media, quindi per molta gente si trattava di una malattia, o di uno spirito cattivo, da scacciare con la preghiera. Mi ricordo che lasciai quel ragazzo, corsi in camera mia, chiusi ben bene la porta, mi inginocchiai e pregai per alcuni minuti, perché volevo guarire. Tra le lacrime, chiesi a Dio di perdonare i miei peccati e di cambiarmi.
I miei coming out preferiti
Il mio coming out preferito fu un’esplosione di felicità. Quattro anni dopo essere uscito allo scoperto con un mio fratello maggiore, il giorno prima di partire per un viaggio gli scrissi una lettera, dicendogli di dire agli altri fratelli e sorelle che sono gay, perché non lo venissero a sapere attraverso terzi. Mi fece questo favore, e glielo disse.
Non so in che modo affrontò l’argomento, ma un giorno un mio fratello minore mi mandò un messaggio in cui diceva di aver saputo della mia sessualità, e voleva che sapessi che, a prescindere dalla persona di cui mi sarei innamorato, lui, in quanto mio fratello, mi avrebbe sempre voluto bene: “Tu sei un esempio per me, e nulla potrà cambiare il nostro rapporto” mi scrisse, aggiungendo poi che avrebbe pregato per me.
Il mio cuore non ce la faceva più: scoppiai in lacrime, mi sentivo così leggero e così libero. Da allora, i miei fratelli e sorelle sono i miei migliori consiglieri e amici. Quando sono confuso, corro da loro e cercare un consiglio, anche se cominciano sempre col dire “Non so come funziona il vostro mondo, ma penso che…”.
“Voglio che tu sappia che ti voglio un mondo di bene, e che per te ci sarò sempre. Sei una persona preziosa per me, e nulla, mi capisci? Nulla e nessuno potrà mai dimostrarmi il contrario. Non farti problemi a presentarmi il tuo ragazzo, o parlarmi [di lui], o a invitare i tuoi amici gay, non farti problemi con me, perché mi fido di te” dopo qualche tempo mi disse mio fratello maggiore. Quelle parole mi fecero inorgoglire, perché sapevo di essere sostenuto e amato dalle persone che amo.
Il mio secondo coming out preferito è quello che ho fatto con un amico [cristiano] carismatico. Gli dissi che sono omosessuale, poi mi misi a raccontare come gli omosessuali vengono considerati, e rifiutati, da molti cristiani, che certi cristiani dicono che siamo dei demoni, delle vergogne… in pratica, non facevo altro che lamentarmi. Mi guardava dritto negli occhi, e mi ascoltava attentamente, poi con voce dolce mi chiese “E tu? Chi sei per te?”; smisi di parlare, e dopo alcuni secondi risposi “Chi sono per me? Cosa intendi dire?”; mi disse “Mi stai parlando del modo in cui gli altri ti definiscono, ma tu, chi sei per te? Devi capire chi sei, ed essere a tuo agio con te stesso. Non sono gli altri a doverti etichettare. Non ti conoscono, e non ne hanno il diritto. Io sono arrivato a conoscerti, e se non sei normale tu, non so chi possa esserlo. Se è normale la gente che fa il male, che uccide e pensa a distruggere la vita degli altri, se questi sono normali solo perché sono eterosessuali, allora dev’esserci qualcosa di sbagliato nella nostra definizione di ‘normale’ e ‘anormale’. Credimi, non c’è nulla di sbagliato in te”.
Sono cresciuto sapendo di non essere normale, che qualcosa in me doveva essere corretto, ed ecco che qualcuno mi definiva normale. Fu un grande sollievo.
Testo originale: Coming Out
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