Il cammino dei cristiani LGBT per prendere il largo (Luca 6, 1-27)
Testimonianza di Moreno del gruppo “Prendete il Largo”, cristiani LGBT e i loro genitori di Verona
L’ultimo incontro di Prendete il Largo, il gruppo di cristiani LGBT+ e i loro genitori di Verona, è avvenuto Mercoledì 22 Gennaio 2020. Eravamo una ventina di persone riunite presso la sede del Milk di Verona. È stato molto bello e significativo ritrovarci dopo il ritiro di Natale. La consegna che ci eravamo scambiati era quella di riflettere su parti del capitolo 6 di Luca. Dovevamo meditare in particolare su:
1. L’amore ai nemici e la benedizione rivolta a quanti usano modi e linguaggio oppositivi nei nostri riguardi (Lc 6,27-35)
2. La misericordia usata come espressione d’amore del Padre verso ciascuno di noi, affinché diventi il termine di paragone con cui confrontarsi nel nostro approccio agli altri; la mancanza di giudizio al fine di non essere nemmeno noi (s)oggetto di giudizio (Lc 6,36)
3. La capacità di perdonare al fine di essere pure perdonati (Lc 6,37)
4. La capacità di non fossilizzarci sulle pagliuzze presenti negli occhi altrui e di soffermarci, invece, sulle pesanti travi che impediscono a noi una visuale perfetta ed una comprensione empatica (Lc 6,41).
Nel giro iniziale di presentazione ci è stato richiesto, oltre a questo, anche di portare qualcosa attinente al nostro presente (una emozione, uno stato d’animo, una preoccupazione o qualsiasi altra cosa) e una aspettativa riguardante questo nuovo anno.
È stato bello osservare come le persone si incontrino in un luogo e vi portino diversi sentimenti: chi era colmo di gioia, chi esprimeva un periodo di pesante stanchezza, chi aveva le scatole girate, chi viveva un momento di tensione, chi di “disperazione“, chi di attesa, chi di speranza.
Abbiamo riflettuto sul fatto che, pur nella diversità degli stati d’animo e nella convivialità delle nostre differenze, il desiderio comune era quello della ricerca, del metterci in ascolto attento della Parola di Dio, al fine di sentirne gli echi nella profondità del nostro cuore e ravvisarne i richiami verso cui cerca di porre la nostra attenzione. Quanto ci accomuna(va) è la sete di spiritualità, l’anelito profondo a far chiarezza dentro di noi per meglio comprendere e meglio comprenderci, per meglio realizzarci e compierci. Il desiderio condiviso era quello di crescere assieme ascoltando e meditando la Parola di Dio, dono prezioso riservato personalmente a ciascuno.
Anche questa volta erano presenti nuove persone per cui è stato bene ripetere le condizioni che spesso ci richiamiamo, perché il gruppo possa davvero crescere, nutrirsi e rispettarsi.
Sostanzialmente sono le seguenti sei:
1. Centralità della persona che parla al cui ascolto attento tutti ci dedichiamo. Fintantoché una persona parla è bene che nessuno faccia altro, se non concentrarci sulla preziosità di quanto sta condividendo con noi riguardo alla sua vita. La stessa attenzione vorremmo a noi riservata è quella che con tatto e premura noi le concediamo (quindi ci impegniamo a non parlottare con il vicino finché altri stanno condividendo, come pure non utilizziamo il cellulare durante l’incontro);
2. Importanza della narrazione/racconto che l’altro fa di sé, delle emozioni e dei sentimenti da lui riportati e valore della sua verità soggettiva condivisa con gioia e/o sofferenza;
3. Evitare la replica a quanto l’altro espone: l’unica consentita è quella possiamo utilizzare per parlare di noi attraverso quello che l’altro ha smosso e suscitato in noi, nei nostri ricordi e nel cuore. Si risponde all’altro dicendo cosa abbiamo vissuto e provato in contesti analoghi al suo;
4. Sospensione del giudizio in ogni sua forma, anche sotto forma di consigli non richiesti. È importante anche la sospensione di giudizio verso e su se stessi. L’altro è altro da noi e noi non conosciamo la sua vita. Per questa ragione lasciamo a lui il compito di decidere cosa sia meglio per sé. Sospensione del giudizio è una formula che sottolinea come i giudizi (soprattutto quelli mentali) partano in autonomia, senza un nostro reale concorso; quello che si fa è di accoglierli non concedendo spazio per essere verbalizzati.
Questo è assolutamente necessario proprio per rispettare l’altro nella sua diversità, nella sua storia di vita, nella sua modalità personale di approccio alle problematiche. L’altro dispone di risorse e potenzialità di cui non siamo affatto a conoscenza. Gli altri sanno sbagliare benissimo da soli, senza l’ausilio di nostri consigli e suggerimenti. A noi spetta soli il compito di ascoltarli non tanto per replicare, ma per cercare di capire e comprendere maggiormente;
5. Importanza della privacy e della riservatezza. Il nostro vuol essere uno spazio protetto in cui vi sia la custodia e la cura delle storie condivise. La premura che desideriamo rivolta a noi e alle nostre narrazioni è la stessa che noi garantiamo agli altri, nel rispetto dei loro racconti e della profondità delle emozioni esperite
6. Negli incontri passiamo dalla chiacchera da bar alla modalità dell’ascolto: dell’altro e di se stessi. È necessario sospendere un certo modo di ritrovarsi, che non si esclude affatto in altri contesti, per concentrarci, invece, con interesse attento e attivo all’introspezione, con ascolto partecipato a quanto accade nell’altro e a quanto accade in noi attraverso le sollecitazioni e le narrazioni altrui.
Nella serata sono emerse diverse considerazioni, qualcuna anche di recriminazione verso la Chiesa: “Come può una Chiesa fondata sull’amore annunciare il Vangelo proclamandone i valori, quali l’amore, il perdono e la mancanza di giudizio, quando è la prima a condannare pesantemente le persone Lgbt legando al loro collo pesanti fardelli nel nome di Gesù misericordioso? È una contraddizione in termini ….”
Si denunciava la fatica a sentirsi amati ed accolti da Gesù, che non sembra più essere rappresentato da una Chiesa che non ne esprime affatto il volto, il cuore e i sentimenti. Se ad esprimere l’amore di Gesù verso di noi è questa Chiesa che sembra schiacciarci ed opprimerci, ebbene sembra che l’amore non venga affatto promesso e promosso, ma venga rifiutato e negato, perlomeno ad alcune tipologie di fedeli.
Qualcun altro ha espresso un pensiero diverso, dicendo che seppur la Chiesa non sembra esprimere misericordia, vero è che Gesù ci ha parlato di amore da vivere, difendere e diffondere verso il nostro prossimo, inclusi i nostri nemici. Chi parlava riportava alcune frasi del Vangelo, ripetendo soprattutto questa: “Il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli e benevolo verso gli ingrati e i malvagi“.
La ripetizione di questi versetti ha riscaldato gli animi, nel senso che altri si sentivano infastiditi da un Dio che è di animo così grande. È stato riportato che questo versetto poteva sembrare, perlomeno ad una prima lettura, quasi una fregatura. “Ma che Dio è quel Dio che sembra quasi premiare quanti si comportano male e vivono scorrettamente? Mi dà sui nervi pensare che Dio sembri quasi tutelare quanti giocano sporco“.
Qualcun altro ha provato a chiedersi cosa potesse essere il fastidio che questo versetto suscitava. Cosa è che disturba il fatto di aver per Madre/Padre un Dio che continuamente ama, perdona e condona? Un Dio che sembra non essere affatto attaccato, scosso e smosso dalle nostre malefatte? Un Dio che sembra quasi prediligere i peggiori?
Qualcuno osservava che nella Parabola dei lavoratori della vigna, il vignaiolo paga con la stessa retribuzione chi ha sopportato il lavoro di una intera e pesante giornata di lavoro e chi, invece, ha lavorato solo per un’ora. Eppure non sembra fare un torto ai primi nel senso che costoro sono stati remunerati con quanto inizialmente pattuito. Ma allora che cosa è che ci disturba e ferisce tanto? La bontà altrui? Dio non può forse fare delle sue cose quanto ritiene meglio? Non può distribuire i suoi doni come meglio crede e desidera?
C’è stato qualcuno poi che ci ha dato una diversa lettura, permettendoci una svolta a questa pagina di Vangelo, che certamente provoca e voca ad un cambiamento, ad una conversione del nostro modo di pensare: “…. È strano ma noi spesso leggiamo il Vangelo sempre da una prospettiva falsata. È come se noi ci sentissimo i giusti che hanno diritto all’amore incondizionato di Dio. È come se noi potessimo, poi, arrogarci il diritto di giudicare sia gli altri che riteniamo appunto ingiusti e sia Dio che, a nostro parere, non dovrebbe riservare e riversare su di loro alcun amore.
Ebbene io vi dico che stasera ho riflettuto su di me e sulla mia vita: vi confermo che almeno una volta (ma in verità molte di più) io sono stato ingrato e malvagio….. Allora vi dico che questa pagina mi riempie di speranza e di fiducia, perché mi infonde tutto l’amore di Dio. Vedo in Dio quella Madre e quel Padre, che non si arrende mai con noi. L’autenticità del suo amore non si arresta solo a motivo della nostra ingratitudine e malvagità: va oltre alle nostre debolezze e piccolezze.
Dio non ci ama perché noi siamo buoni, ma perché Lui lo è. Dio non ci ama nonostante i nostri difetti, ma a loro motivo. Sembra quasi avere un occhio di riguardo per i più difettosi e carenti. E del resto Dio riflette quello che dovrebbe essere l’amore di una madre e di un padre di questo mondo: i genitori non hanno, forse, un occhio di riguardo verso il figlio che arranca maggiormente nella vita? Verso chi è meno dotato?
Quante volte siamo stati ingrati e malvagi! Quante volte se Dio ragionasse con i nostri termini di giudizio e di valutazione noi dovremmo essere stati esclusi dal suo amore. Eppure lui ci ama ed accoglie la nostra fragilità, le nostre debolezze, la nostra vulnerabilità. Il nostro Dio è il Dio che ci dà forza e coraggio e ci sprona affinché noi ci possiamo rialzare … “.
Qualcun altro ha sottolineato la bellezza del seguente versetto, allargandone poi la sua valenza. “Perdonate e vi sarà perdonato” (Lc 6,37). A me – diceva – piace davvero molto questo versetto, ma mi piace integrarlo così perché lo trovo più completo: “Perdonatevi e vi sarà perdonato“. Veniva posto l’accento, in sostanza, sul fatto che i primi detrattori di noi stessi siamo proprio noi stessi.
Noi alimentiamo spesso i nostri sensi di colpa attraverso la mancanza di autentica accoglienza verso la nostra condizione di limite: siamo i primi a non usare clemenza nei nostri riguardi. Quanto sarebbe bello se riuscissimo ad essere meno duri con noi stessi, evitando di trattarci con tanta severità ed asprezza. Che bello sarebbe poter indossare per un attimo gli occhi amorevoli con cui Dio guarda a noi e alla nostra esistenza, capendo invece quanto noi gli stiamo a cuore, quanto gli siamo profondamente cari!
A tal proposito qualcuno ha detto di aver trovato poca indulgenza nelle personali confessioni (forse solo due volte), seppure queste siano state due occasioni davvero significative. In una delle due, per la precisione, il prete ha accompagnato l’assoluzione dalla seguente penitenza: “Va’ e rimuovi da te tutti i sensi di colpa che ti hanno accompagnato in tutta la tua vita”
Qualcuno, ancora, ha riportato l’attenzione sull’umana fatica di perdonare quanti ci hanno ferito, offeso e trattato tale. Soprattutto e a maggior ragione – quando si è trattato di persone a noi care, di persone da cui non ci saremmo aspettati tutt’altro. È emersa tutta la difficoltà oggettiva dell’amore verso i nemici, di questo impegnativo proposito che difficilmente riusciamo a vivere. Si rifletteva sulla non spontaneità di questo comportamento che non sembra esserci connaturato. Il male ricevuto fa inevitabilmente male …. ma aggiungeva, poi, che qualcuno diceva “Provare risentimento” è come bere tutti i giorni veleno, sperando che uccida il tuo nemico.
È stata una serata in cui il Vangelo ci ha particolarmente sollecitati mostrandoci, ancora una volta, come siamo lontani dalle logiche e dai pensieri di Dio. Tuttavia, pur riconoscendo tutto il lavoro ancora da svolgere su noi stessi, ci è parso utile considerare come il male da noi subìto non si annulli e nemmeno diminuisca, se ad esso segue un male da noi inflitto per vendetta e desiderio di rivalsa.
Se l’altro riesce attraverso il suo male a scalfire ed incrinare il nostro cuore, a vincere su di noi sarà stata la sua logica; ma se riusciremo ad amare quelli che si comportano da nemici nei nostri riguardi, lasciamo aperta la porta alla speranza di poter impattare sul cuore altrui con la possibilità di fargli intravvedere altri orizzonti di vita e di pensiero e, alla lunga, anche di viverli.