Il Clero e i laici nell’ottica protestante
Riflessioni di Mario Cignoni dal settimanale Riforma del 27 febbraio 2009
“E la cortina del tempio si squarciò in due da cima a fondo» (Marco 15, 38). La tenda del tempio, che separava il luogo santo dai profani, è stata strappata, il sistema sacerdotale è arrivato a termine: questo evento, che ebbe luogo simultaneamente alla croce di Cristo e che quindi deve rimanere sempre legato alla predicazione di questa croce, è uno di quelli meno compresi del vangelo.
Un problema che si ripropone costantemente in questo nostro paese è infatti quello dell’identificazione tra cristianesimo e Chiesa cattolica. E quando si dice, o si scrive, «la Chiesa» si intende il clero, per cui la parola di Cristo è mediata dalla voce della Chiesa docente, così come è il sacerdote, e solo lui, a comunicare l’ostia ai fedeli.
Questa intera situazione è determinata dal non aver capito che, con l’avvento di Cristo, il sistema sacerdotale si è concluso. Chi fa ancora una distinzione tra clero e laici non ha compreso l’evangelo, perché tale differenza non solo è sconosciuta al Nuovo Testamento, ma addirittura lo contraddice.
Nessuno si intromette tra me e Dio, di questo dobbiamo, noi prima di tutto, prendere coscienza sempre di nuovo. La voce di Dio non è vincolata, né delegata, alla mediazione o all’interpretazione di una casta: questa è la verità; nel rapporto con Cristo non c’è la garanzia infallibile del sacerdozio.
È una verità rivoluzionaria, la cui predicazione potrebbe scardinare l’ordine delle cose. Ora che non ci sono intermediari cui delegare funzioni sacre, Cristo si scopre nella predicazione (e i predicatori sono diversi) ed è conoscibile attraverso il testo del Nuovo Testamento che ha una struttura pluralistica.
Non è facile scrollarsi dalle spalle secoli di confessionale, ed è nostro compito, che non l’abbiamo conosciuto, portare alta la bandiera della coscienza personale. Senza per questo diventare delle mosche cocchiere: la libertà di coscienza non è certo un nostro appannaggio esclusivo, basti pensare, proprio in Italia, a Giordano Bruno e a tanti altri.
Però un quid specifico l’abbiamo e qualcuno aspetta una parola che vada oltre il politically correct: infatti non siamo semplicemente laici, siamo protestanti. E nella battaglia per una fede libera da costrizioni c’è tutto un mondo – invisibile ma presente – che la pensa come noi.
Sta a noi, con una testimonianza più esplicita, farlo uscire allo scoperto e renderlo visibile. A noi, dunque, la prima mossa.