Il difficilissimo celibato dei sacerdoti: ci vuole una riforma?
Riflessioni del pastore battista Massimo Aprile pubblicate sulla sua pagina Facebook il 22 febbraio 2019
Seguo con sincera partecipazione i lavori della Chiesa Cattolica di Roma, alle prese con il grave problema della pedofilia e degli abusi di tanti ministri ordinati. Ora, Facebook non è certo il luogo per approfondire certi temi e,
credetemi, mi piacerebbe poterlo fare anche ecumenicamente, in altra sede, non certo per rinfacciare qualcosa, ma per cercare, con spirito di fraternità e sororità, di chiarirsi le idee insieme. Lasciate però che, pur non avendone i titoli, perché oltretutto sono un pastore di una Chiesa protestante, io esprima un mio pensiero, indirizzato questa volta, principalmente, ai tanti amici e amiche cattolici, dei quali ho molta stima.
Personalmente non credo che la soluzione di questo annoso e drammatico problema possa aver luogo semplicemente denunciando puntualmente gli abusi, anche davanti alle autorità civili. Questo, credo che sia una
condizione necessaria, ma non sufficiente.
Penso, sinceramente, che la questione dovrebbe comprendere un pacchetto di azioni, tra cui, non ultimo, un cambiamento che riguarda la castità imposta ai ministri ordinati.
L’astensione, come sappiamo, alimenta il desiderio. Astenersi dal cibo, con un digiuno, può aiutare a dedicarsi per un tempo maggiormente alla meditazione e al servizio. Tuttavia, a nessuno verrebbe in mente di smettere di mangiare del tutto. E mangiare, con moderazione, è un piacere che non è affatto contrario alla volontà divina (basti pensare all’Eucarestia). Anzi dopo un digiuno il gusto di un buon piatto è anche maggiore.
Allo stesso modo, astenersi dal sesso per un tempo può avere un significato anche spirituale, come insegna anche l’apostolo Paolo. Ma l’astensione dalla sessualità per voto, definitiva, irreversibile, obbligatoria, a meno di rinunciare alla propria vocazione, non è naturale, e dunque apre le porte a pensieri disturbanti e facilita comportamenti obliqui, a volte perversi.
Perché, vedete, mentre l’omosessualità, a mio avviso, nella maggioranza dei casi è un fatto del tutto naturale, la castità imposta, sempre a mio avviso, è, il più delle volte, contro natura.
Se si conviene che il fenomeno della pedofilia nella Chiesa sia una minaccia, non solo per la Chiesa di Roma, ma per la Chiesa di Cristo più in generale, allora bisogna avere il coraggio di osare passi di reale riforma, per amore della testimonianza evangelica. Lasciar sposare i preti e le suore che lo desiderano non risolverà tutti i problemi, come ovviamente so molto bene in quanto pastore, marito di pastora, ma apre la strada alla possibilità che la relazione di aiuto o di guida spirituale dei ministri della Chiesa, anche in materia di sessualità, sia più serena, e perciò più utile a chi la riceve.
Un capitolo di riflessione andrebbe dedicato, a questo riguardo, anche alla confessione auricolare, però ho già fatto una “invasione di campo”, che vi garantisco è motivata da un atto di premura e non di giudizio. Quindi mi fermo, sperando di non aver offeso nessuno.
P.S. Nei prossimi giorni verificherò se a causa di questo post avrò perso degli amici e amiche cattolici. Ma voglio proprio sperare che non accada.