Il mio accidentato cammino di gay cattolico per scoprire che Dio mi ama come sono
Testimonianza di Christian fatta alla preghiera online delle lodi dedicata a fare memoria della violenza dell’omotransfobia il 17 maggio 2020
Ciao a tutti, mi chiamo Christian, ho 32 anni. Vorrei raccontarvi la mia esperienza. Un’esperienza che ha inciso profondamente la mia vita e che ha lasciato delle ferite aperte nel mio cuore.
All’età di circa 12 anni, in un periodo in cui non avevo dei punti di riferimento stabili, poiché mio padre è venuto a mancare quando avevo 6 anni e mia madre non è mai stata presente, avevo solamente i miei nonni materni e mia sorella, 2 anni più piccola di me, con cui confrontarmi e confidarmi.
I miei nonni però erano già molto anziani e la loro mentalità non era molto aperta, anche perché legata ad una idea di fede molto “conservatrice”. E’ evidente come in questa situazione fosse per me difficile affrontare un discorso con loro come quello relativo all’omosessualità, che nella mia ingenuità non consideravo come un problema.
Un giorno mi ritrovai a raccontare a mia nonna di aver scritto una lettera ad un mio compagnetto di classe verso cui provavo una sorta di sentimento. Lo feci in tutta semplicità, anche perché sino ad allora non riuscivo a pensare che potesse essere un problema il fatto che ad un maschietto potesse piacere un altro maschietto anziché una femminuccia.
Per me era una cosa normale, spontanea, dato che fino a quel momento non avevo mai avuto modo di confrontarmi su questi temi con nessuno. Non avrei mai pensato che una così semplice confidenza avrebbe cambiato per sempre il corso della mia vita.
I miei nonni cominciarono a parlare di diavoli e peccati, di cose sbagliate a cui bisognava subito porre rimedio. Iniziai allora a frequentare gruppi di preghiera e sacerdoti che non facevano altro che ripetermi che l’omosessualità fosse un peccato di natura demoniaca da cui potevo essere guarito grazie alla preghiera.
Mi convinsi che avessero ragione e maturò in me l’idea che fossi sbagliato. Col tempo loro divennero il mio punto di riferimento e questo mi portò ad avvicinarmi sempre più alle loro idee e ad accettare la fede come mezzo di guarigione.
Mi convinsi di voler dedicare la mia vita a Dio, in quanto non vedevo alternative. Decisi di entrare in convento 14 anni fa.
Lì iniziai quello che per loro era un percorso di riparazione, ricorrendo ad incontri con psichiatri ed esorcismi. Credevo sul serio che queste banalità sortissero il loro effetto. Non so spiegarmi il motivo delle mie convinzioni, come potessi ritenere l’omosessualità una realtà sbagliata, perversa. Forse per l’ambiente in cui sono cresciuto, forse per paura di un mondo che fatica ad accettarla.
Quella era per me la strada giusta, ma, probabilmente, scelsi solo la via di fuga migliore, rinunciando ad affrontare la vita.
Rimasi in convento per dieci anni durante i quali non pensai nient’altro che a Dio, quello che mi avevano fatto conoscere loro. Un Dio sempre pronto a giudicare e a punire. Quel Dio che pensavo mi avesse guarito da quella che ormai anche io giudicavo una malattia ed un abominio.
Non pensavo che sarebbe stata una malattia, che per mesi mi tenne lontano da quel mondo, a farmi aprire gli occhi. Durante un lungo periodo in ospedale infatti iniziai a rimettere in discussione le mie scelte e fu solo grazie alle parole di una suora conosciuta in quel frangente che iniziai a vedere Dio secondo un’altra prospettiva.
Ricordo ancora quando le confessai la paura che il demonio stesse riprendendo il controllo della mia anima, perché in quei mesi lontani dal convento, dopo anni di castità, stavano riaffiorando in me delle pulsioni verso il sesso maschile. Allora lei mi disse : “Figlio mio, non sei tu ad essere sbagliato. Ricordati sempre che Dio ti ama cosi come sei. Sbagliati sono quelli che ti hanno fatto credere il contrario”. Per me fu come un terremoto.
All’inizio non fu facile comprendere ed accettare tutto questo perché metteva in discussione tutto ciò a cui avevo creduto fino ad allora. Ancora una volta mi confidai con la persona sbagliata, la fondatrice del convento in cui vivevo, quella che per 10 anni avevo reputato essere come una madre, una che fieramente sostiene di professare la parola di Cristo.
La sua reazione? Sapendo la difficile situazione familiare che avevo alle spalle, non esitò a gettarmi fuori da quello che dovrebbe essere un luogo di accoglienza, comprensione e amore. Mi ritrovai a dormire per diverse notti alla stazione Termini. Nessuno sembrava volesse accogliermi, accettarmi. Iniziai a pentirmi della mia decisione; ritenevo che quello fosse il castigo di Dio per aver abbandonato quel percorso.
Per fortuna esistono veri cristiani e alcuni di essi mi diedero tutto il supporto necessario affinché compissi quel passo. Accolto da amici ho potuto lentamente riconquistare la mia vita, col supporto di una realtà nuova per me, scoprendo un ambiente cattolico e aperto al mondo LGBT grazie a cui ho potuto riprendere in mano le redini di un’esistenza che mi era stata sottratta.
Osservando oggi, dall’esterno, quella realtà di cui facevo parte, mi rendo conto di quanta contraddizione vi sia all’interno del mondo cattolico, di quanta chiusura e ostilità. Mi chiedo come abbia potuto lasciarmi plagiare dall’idea che l’essere omosessuale sia una devianza dinanzi alla legge di Dio. Ancora rimango stupito da come questa gente riesca a manipolare la mente abusando e piegando alla loro inettitudine quello che è il messaggio di amore più bello che la storia ci abbia consegnato.
Ripeto: sono stato fortunato a conoscere persone oneste, capaci di aiutarmi ad abbattere tutte quelle illusioni. Sacerdoti e suore che, a differenza di quelle frequentate sino ad allora, mettono se stessi a disposizione di chi, come me, si ritrova a dover affrontare situazioni e a vivere in contesti che li mettono a confronto con tutta lo loro fragilità.
Grazie a loro oggi mi accetto e posso tornare a credere che Dio mi ami e sentirmi nuovamente e, forse, più fedelmente, suo figlio.
Riavvicinarmi a Dio non è stato semplice, perché mi sentivo confuso, tradito e per diverso tempo l’ho rinnegato. Ma quando meno te lo aspetti la vita ti sorprende in maniere che non immagineresti mai. Un anno fa dopo essere stato ad Assisi con in ragazzi del Progetto Giovani Cristiani LGBT ho riscoperto che Dio non è quell’essere giudicante che per tanto tempo mi avevano fatto credere e così ho potuto anche fare pace con il mio passato.
Da quel giorno le cose vanno di bene in meglio. Addirittura, mia sorella, che nel frattempo è diventata suora e si trova in missione in Brasile, prima di partire mi ha chiesto scusa per tutte le volte che mi ha giudicato e dato del malato per via della mia omosessualità. Oggi mi sento felice come non mai. Sapere che Dio mi ama così come sono è stata la svolta di cui avevo bisogno.
Un ringraziamento speciale lo devo alla mia sister, Felice, che non ha mai smesso di parlarmi di Dio anche quando non volevo sentirlo nominare e che mi ha portato ad Assisi, sebbene io lo avessi avvertito che per me sarebbe stata solo una vacanza e non volevo essere coinvolto in preghiere ed altre cose religiose.
Ma niente è andato come avevo programmato. Ed è stato bellissimo. Finalmente posso dire di essere libero.