Il mio coming-out come gay cristiano: “Nulla mi separerà dall’amore di Dio”
Testimonianza di Robert pubblicata sul sito Coming Out for Christians (USA), liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Sono nato in una famiglia agnostica, ma, fin da piccolo, ho desiderato ardentemente conoscere Dio. Quando avevo cinque anni i miei genitori mi hanno lasciato frequentare la chiesa locale, ci andavo da solo perché nessuno voleva venire con me. Ho imparato le cose fondamentali su Dio andando a catechismo e ho continuato a frequentare una chiesa conservatrice.
A tredici anni ho capito cosa voleva dire essere cristiano: accettare Cristo come mio Signore e Salvatore. Ho imparato tutto quello che c’era da sapere sulla salvezza ma, a causa dei miei tumulti interiori, ho aspettato ancora due anni. A quindici anni andai con il gruppo giovanile della mia chiesa alla Billy Graham Crusade. È lì che lo Spirito Santo ha agito nella mia vita e mi sono convertito davvero. È stato il giorno in cui ho chiesto a Cristo di entrare nella mia vita per sempre – a prescindere da ciò che avrebbe portato il futuro. Questa mia esperienza servì da catalizzatore, tant’è che altri, nella mia famiglia, diventarono cristiani.
I due anni di ritardo nell’accettare Cristo erano dovuti al fatto che stavo cercando di venire a patti con il tumulto interiore che mi veniva dalla consapevolezza di essere gay. So di essere gay da quando avevo sei anni, ma allora era solo una sensazione. Non avevo parole per descriverla, sapevo solo di vedere il mondo diversamente dagli altri ragazzi.
Raggiunta la pubertà queste sensazioni divennero esplicite – proprio come gli altri adolescenti che si accorgono del loro orientamento. Questo, che io non avevo scelto, non aveva senso per me, visto ciò che la gente diceva dei gay. Non avevo nessuno con cui parlarne. Non me la sentivo di dire né in famiglia né in chiesa quello che provavo. A quindici anni però mi feci forza ed uscii da questa nebbia confusa e iniziai il percorso di accettazione di me, e diventai cristiano. Avevo una nonna che mi aveva insegnato ad onorare la mia umanità (che veniva da Dio) e a rispettare me stesso in quanto figlio di Dio. Gli altri ragazzi gay non erano così fortunati. Capii di amare davvero Dio e che quello che gli altri cristiani dicevano dei gay non era vero – almeno non per me.
A diciassette anni mi sentii chiamato da Dio alla missione e al ministero, ma, siccome ero stato onesto con me stesso sul fatto di essere gay, gli altri cristiani automaticamente mi squalificavano. In quel momento seppi davvero che quella era la mia vocazione. Volevo frequentare un’università cristiana e fui fortunato a poterlo fare. Ottenni una laurea in Business Administration. Non era un titolo di studio “spirituale”, ma nonostante riuscii ad ottenere, per i miei crediti linguistici, il greco del Nuovo Testamento, studiando con uno dei professori più rinomati del paese, e, per quattro anni, mi immersi completamente in un ambiente di fede.
Mi piaceva. È stato il periodo più bello della mia vita. Avevamo tre servizi religiosi obbligatori alla settimana, e sedetti ai piedi dei più incredibili cristiani della terra. I miei amici gay mi chiedono: “Perché sei andato in un’università cristiana?”, e la mia risposta è: “Perché sono cristiano!”
Sono arrivato a capire che Dio ha dato una struttura personale a ciascuno, e che noi la dobbiamo abitare. Questo include molte cose. Non abbiamo idea del perché alcune persone sono gay, mancine o transgender. Lo sono e basta. Nella sua saggezza Dio non ha creato il mondo pieno di cose uguali. La sua ricchezza, le sue sfumature e la sua diversità si esprimono nella creazione. Sono parte della natura di Dio – meravigliosa, multiforme e piena di colore. Dio ha molte sfaccettature, e così il suo popolo.
È nostro compito, come cristiani, integrare fede e vita. La mia profonda e costante fede cristiana informa il mio orientamento sessuale. Un eterosessuale non cristiano vive una vita diversa da un eterosessuale cristiano: è così anche per gay e transgender. Una persona gay che è anche cristiana, vivrà una vita plasmata dalla sua fede. Questo è essenziale. Così è abbastanza strano che ci siano cristiani che pensano che i gay siano “meno” delle altre persone.
Io (come le persone che, su questo argomento, la pensano in un modo o nell’altro), prendo la Bibbia molto seriamente, e sono abbastanza conservatore. In essa vedo che Dio ci comanda di “capire” gli altri. Anche se alcune persone non ci piacciono, ci viene ordinato di amarle. Non sarà così però che l’altra persona si “sentirà amata”, ma piuttosto perché saremo una persona migliore, più somigliante a Cristo, se daremo amore e grazia. Cristo dà significato a tutto. Le cose non sono come sembrano. Perché ci viene comandato di nutrire i poveri? Sappiamo che, in un futuro non tanto lontano, avranno ancora fame. Il motivo è che noi siamo trasformati dal semplice fatto di amare e donare agli altri. Non diamo da mangiare ai poveri solo perché hanno fame, ma perché così facendo diventiamo cristani migliori e diamo l’esempio del Vangelo ad un mondo che ne ha davvero bisogno. È lo stesso quando i cristiani allargano la grazia a gay e transgender. Quando diamo grazia e amore a persone che non riusciamo a capire – ci trasformiamo. Persone come me, che sono diverse, vengono davanti a voi perché tu ci diate un amore incondizionato. Siamo una prova. Siamo il dono di Dio per voi.
Nonostante le ferite inflittemi dalla Chiesa, ho lasciato da parte rancore e indignazione e mi sono aggrappato a Cristo. Devo fare affidamento al medesimo Cristo la cui grazia non mi è sempre data dai miei fratelli e sorelle cristiani. Se l’avessi presa sul personale avrei abbandonato la fede già da parecchio tempo. Perché amare gli altri, quando gli altri non fanno lo stesso con te? Perché dovrei amare i miei fratelli cristiani quando, spesso, loro non amano me? Per quello che ci ha comandato Cristo. Dobbiamo espandere il nostro amore, se vogliamo essere veri cristiani. Non è un optional.
Ci sono pochi modi di porsi dei gay all’interno della Chiesa. O rifiuteranno Dio perché i loro ambasciatori non assomigliano affatto a Cristo, o metteranno fine alla loro vita di fede perché è stato detto loro che sono “meno di”. Io ho scelto una terza via. Ho scelto di essere un gay cristiano e questa decisione ha fatto la differenza. Essere gay mi ha reso un cristiano migliore perché perché, a dispetto di ciò che mi dicono gli altri (sbagliando) devo prendere il Vangelo sul serio.
La mia battaglia spirituale è esattamente la stessa dei cristiani eterosessuali. Ho bisogno di essere consapevole di me stesso e del fatto che Dio, nel suo amore, non ha fatto uno sbaglio, creando me e le altre persone gay. Fatto questo, capisco che niente mi può separare dall’amore di Dio. Il mio cammino continua.
Testo originale: Robert’s Journey