Il significato del coming out per un cristiano LGBT
Testo di Leanne McCall Tigert tratto dal libro Homosexuality and religion: an encyclopedia, a cura di Jeffrey S. Siker (Stati Uniti), pubblicato nel 2007, pp.95-98, libera traduzione di Giacomo Tessaro
“Coming out” (“uscire fuori, uscire allo scoperto”) è un’espressione comune che descrive il processo di appropriazione della propria identità gay, lesbica o bisessuale e l’atto di comunicarla agli altri. Negli anni il significato del coming out è cambiato in risposta agli sviluppi delle culture omosessuale ed etero. Solitamente esso viene concepito come un atto che riguarda le persone gay e lesbiche; in realtà, il coming out viene messo in atto da chiunque, ogni giorno.
Per quanto riguarda l’identità sessuale, gli individui operano delle scelte su come esprimere se stessi di fronte agli altri, quasi in ogni situazione. Per esempio, le persone eterosessuali escono allo scoperto ogni volta che presentano il coniuge, indossano la fede o parlano con i colleghi di lavoro del fidanzato o della fidanzata.
A causa dell’egemonia culturale dell’eterosessualità, le persone etero non hanno bisogno di essere coscienti del processo del coming out: lo fa già per loro la cultura circostante. Dato che l’eterosessismo presuppone che ogni persona sia etero fino a prova contraria, alle persone etero il coming out raramente presenta difficoltà, né richiede di essere ponderato. Tuttavia, a seconda del contesto religioso e sociale di ciascuno e ciascuna, il coming out può essere un compito molto arduo per le persone gay, lesbiche e bisessuali. Essenzialmente, esso significa porsi in contrapposizione alle norme e alle aspettative della maggior parte delle Chiese e di gran parte della società. Talvolta il coming out non implica un costo significativo; altre volte, invece, ha un costo molto alto.
A seconda degli atteggiamenti dell’ambiente circostante, si può rischiare di perdere i contatti con la famiglia di origine, di perdere il lavoro o di mettere a repentaglio la carriera, perdere le proprie prerogative di consacrato o laico nelle religioni organizzate, essere a rischio di maltrattamenti e violenze omofobiche. I vantaggi, tuttavia, superano le potenziali perdite, come testimoniato da chi ha affrontato il coming out. Tali vantaggi possono essere non così tangibili come le perdite, ma sono di grande impatto sulla vita quotidiana dell’individuo; tra di essi possiamo annoverare l’aumento dell’autostima, una diminuzione della paura e della vergogna, un maggiore collegamento con l’ambiente circostante, relazioni più sane, una maggiore profondità e sincerità spirituale, maggiori gioia e felicità.
L’importanza del coming out
Il processo del coming out è estremamente significativo per le persone gay, lesbiche e bisessuali, per molteplici ragioni. Prima di tutto, tutte le ricerche compiute dagli psicologi hanno dimostrato che il coming out è grandemente benefico per la salute mentale e il benessere emotivo. Più una persona mantiene il silenzio sulla sua vera natura, più isolata si troverà; più isolata si troverà, meno opportunità avrà di sviluppare sane relazioni con gli amici e la famiglia e di trovare un/a compagno/a di vita. Senza il coming out non è possibile sperimentare pienamente relazioni sane con gli altri, né la piena integrazione tra sessualità e spiritualità.
Oltre che alla salute psicologica e spirituale, il coming out fa bene alle persone gay e lesbiche anche sotto altri punti di vista, che spesso le persone etero perdono di vista; per esempio, è necessario uscire allo scoperto con il proprio datore di lavoro per poter ricevere i benefici previsti dal matrimonio omosessuale, e così con il proprio avvocato, per stendere il testamento e beneficiare dei propri diritti, e con il proprio medico, per poter ricevere le cure più adeguate. È necessario fare coming out con il proprio parroco o pastore per poter trarre pienamente vantaggio dalla sua cura pastorale.
Infine, l’atto del coming out è cruciale nel campo del cambiamento sociale e nella lotta per i diritti civili giusti ed equi per gay e lesbiche. Più gay e lesbiche nascondono il loro orientamento, meglio la società può negare la loro esistenza. Per poter creare un autentico cambiamento sociale la gente deve capire che le persone gay e lesbiche vivono e lavorano come tutti e partecipano a tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa. Uscire dal nascondiglio è quindi un atto che provoca un cambiamento sociale, religioso e personale.
Significati storici del coming out
L’interpretazione iniziale dell’espressione “coming out”, data dalla nascente cultura gay moderna, era una variante del rito di passaggio eterosessuale conosciuto, nella società bianca abbiente, come “ballo delle debuttanti”. In queste occasioni sociali le giovani donne venivano presentate alla società per mezzo di un “ballo di uscita” (coming out ball), che segnava la transizione della giovane donna dall’adolescenza all’età adulta. Lo studioso di cultura gay George Chauncey ha affermato che, prima della seconda guerra mondiale, il coming out era considerato un atto comunitario di presentazione dei giovani omosessuali nella società gay.
Dopo la guerra cominciò ad assumere altri significati e ad essere orientato maggiormente all’autoriconoscimento, in senso individuale più che comunitario. Solo nel periodo più recente della storia del movimento per i diritti gay, poco prima dei moti di Stonewall (1969), il coming out cominciò a venire collegato allo “stare nel nascondiglio” (metafora del segreto attorno al proprio orientamento sessuale). Da allora, “uscire dal nascondiglio” vuol dire uscire dalla segretezza, aprire la porta dell’autorivelazione, dell’affermazione di sé, connettersi alla comunità.
Un fenomeno recente è quello dell’”outing”, ovvero la rivelazione dell’orientamento sessuale di un individuo senza il suo consenso. Può essere attuato come mossa politica, per esempio verso un importante politico che condanna pubblicamente i diritti degli omosessuali pur essendo gay o lesbica, oppure per screditare una persona la cui posizione sarebbe a rischio se fosse noto il suo orientamento.
Concezioni religioso-teologiche del coming out
Il coming out non riveste solo un’immensa importanza per la salute psicologica e il cambiamento sociale, ma anche un grande significato religioso e teologico. Per molti e molte è un’esperienza religiosa che implica la convinzione teologica secondo la quale tutta l’umanità è fatta a immagine e somiglianza di Dio. Le persone credenti gay, lesbiche e bisessuali spesso rivendicano quest’esperienza e affermano che negare la loro identità vuol dire negare ciò che Dio ha creato, e quindi negare la sua pienezza. Il coming out è perciò, per molte persone, un atto di fede.
La teologia della liberazione è diventata uno strumento fondamentale per lo smantellamento dell’omofobia e dell’eterosessismo nella Chiesa e nella società. Il pensiero e la prassi eterosessisti si appellano così di frequente alle Scritture ebraiche e cristiane che anche i non praticanti citano spesso i dogmi religiosi patriarcali per difendere le loro posizioni. Gli studi su religione e tematiche gay e lesbiche hanno perciò evidenziato l’importanza dell’esperienza di Dio, più dei dogmi e delle dottrine. Questo cambio di prospettiva ha permesso ai credenti di integrare la spiritualità con la sessualità e di criticare le interpretazioni scritturali e le prassi ecclesiastiche oppressive.
Le scritture cristiane ed ebraiche sono state studiate molto sotto questa angolatura. Rileggere i testi alla luce della critica storica sul ruolo del sessismo e dell’omofobia nella produzione e nell’interpretazione dei testi stessi ha prodotto nuove intuizioni. La Bibbia non esprime un giudizio inequivocabile sull’orientamento sessuale. La coscienza che l’orientamento sessuale non era riconosciuto né teorizzato nelle epoche bibliche mette seriamente in discussione l’affermazione secondo la quale le Scritture condannano l’omosessualità. I pochi riferimenti scritturali, che a torto vengono considerati condanne dell’omosessualità, in verità parlano di stupro, prostituzione sacra, procreazione e del concetto sessista secondo il quale gli uomini e le donne non sono su un piano di parità.
Se leggiamo i racconti della vita di Gesù non troveremo nemmeno un commento sulle persone e le relazioni omosessuali; non possiamo quindi dire che li condanni. È comunque chiaro che, scorrendo le Scritture, troviamo un’etica dell’amore che diventa prescrittiva; dal punto di vista LGBT è quest’etica, che chiama donne e uomini ad amarsi l’un l’altro, che viene creduta valida per tutti e tutte dai e dalle credenti gay e lesbiche, a prescindere dall’orientamento sessuale. Infine, le stesse Scritture invitano i e le credenti a creare giustizia e “liberare coloro che sono oppressi”. Perciò, pur essendo le Scritture ambigue sul tema della sessualità, è chiaro il comandamento divino di operare in vista di una giustizia amorevole. Tale etica dell’amore, con la sua vocazione alla liberazione, diventano significative per il coming out di molti gay e molte lesbiche credenti.
Diversi studiosi e teologi hanno proposto nuove letture teologiche del coming out; Chris Glaser, attivista gay presbiteriano, parla del coming out come di un sacramento e afferma che ambedue le realtà, il coming out e i sacramenti religiosi, presuppongono un’esperienza religiosa incarnata all’interno di una comunità, un’esperienza che rivela il sacro; Kathleen Ritter e Craig O’Neal descrivono il coming out come un’esperienza dell’anima che anela a Dio; altri lo descrivono come una preghiera di autorinnovamento e come atto di resistenza al male.
Il coming out e le religioni
Spesso si dice che le persone gay e lesbiche stanno in qualche modo fuori dai confini della religione, ma la realtà è un’altra. A seconda della teologia e della prassi di ogni particolare istituzione religiosa, sia i ministri che i laici possono essere più o meno usciti allo scoperto; sono in ogni caso presenti in tali istituzioni. In ogni grande organizzazione religiosa esiste un gruppo di riferimento per gay e lesbiche. Il ruolo religioso delle persone gay e lesbiche che vivono la loro condizione alla luce del sole è argomento di dibattito, ma sta di fatto che esse sono attive a tutti i livelli della vita e della dirigenza delle Chiese.
Molti cristiani singoli e molte comunità di fede non esprimono chiaramente le loro posizioni sull’omosessualità: in alcuni casi, questo è il risultato di una scarsa o rigida interpretazione biblica o da confusi messaggi sull’argomento da parte dei ministri. Molti esprimono la convinzione che la Bibbia condanni l’omosessualità ma non sanno indicare come e perché. A pochi membri di Chiesa è stato insegnata una coerente posizione teologica sulla sessualità in generale e sull’omosessualità in particolare.
Uno dei più consistenti aiuti per i cristiani gay e le cristiane lesbiche che intendono uscire allo scoperto nelle Chiese protestanti è il movimento “Chiesa accogliente”, un tentativo ecumenico che dà alle congregazioni locali e alle organizzazioni nazionali la possibilità di studiare l’omosessualità e votare per dichiararsi disposte ad accogliere gay e lesbiche ad ogni livello della vita e della gestione ecclesiastiche. Il successo di questo movimento ha permesso a molti individui di uscire allo scoperto nelle loro congregazioni, che li hanno accolti, e ha dato alle congregazioni la possibilità di uscire allo scoperto come luoghi sicuri e accoglienti per le persone omosessuali.
Alcune denominazioni ordinano ministri apertamente gay e lesbiche, tra cui la Chiesa Unita di Cristo, l’Associazione Unitariana Universalista e la Chiesa Swedenborgiana. In altre, dove la responsabilità delle ordinazioni spetta a un vescovo o a un concistoro locale, le persone apertamente gay e lesbiche vengono talvolta ordinate anche se la denominazione non sostiene i diritti omosessuali.
L’organizzazione cattolica Dignity aiuta gay e lesbiche cattolici nel servizio ecclesiastico e nel coming out. L’ebraismo riformato conta molti rabbini e rabbine apertamente omosessuali ed esiste anche un’organizzazione per gay e lesbiche ortodossi.
Al di fuori delle denominazioni storiche, esistono gruppi di sostegno nella Chiesa Mormone, tra i mennoniti e nelle Chiese cristiane fondamentaliste; in questi ambienti tuttavia, se qualcuno esce allo scoperto accogliendo la propria identità senza volere pentirsi, spesso viene allontanato dalla comunità. Ci sono credenti gay e lesbiche in ambito islamico, buddhista e pagano, ma se il buddhismo americano e le religioni pagane sostengono solitamente di buon grado i diritti omosessuali, l’Islam non è così aperto. Molti e molte perciò affrontano difficili scelte tra la loro sessualità e il loro impegno religioso.