Islam, omosessualità e omofobia. Intervista al teologo mussulmano Tareq Oubrou
Intervista di Hanan Ben Rhouma tratta da saphirnews.com del 29 Maggio 2010, liberamente tradotta da Lorenza
L’omosessualità e la transessualità rimangono una delle questioni sensibili per i fedeli delle varie religioni e, nelle comunità religiose, molti dei loro rappresentanti preferiscono ignorare la questione per non urtarne le sensibilità.
Tareq Oubrou è uno dei rari teologi musulmani in Francia che non si impedisce nessun dibattito. Insieme a vari uomini di fede cristiana e ebrea, l’imam di Bordeaux ha firmato il 17 marzo 2010 un appello alle religioni contro l’omofobia e la transfobia.
La sua posizione è chiara: benché il dogma condanni moralmente queste pratiche, non si può attribuire delle violenze omofobe all’islam e gli omosessuali non possono essere considerati come degli apostati.
Qual posizione addotta l’islam sull’omosessualità del punto di vista strettamente teologico?
La posizione di principio dell’islam è questa: l’unico rapporto accettabile in materia di sessualità è quello tra due sessi diversi nel contesto legale del matrimonio.
Come le altre religioni, l’islam non considera l’omosessualità come una pratica sessuale moralmente accettabile. La religione islamica considera l’omosessualità come un errore morale, un peccato.
La questione della transessualità è ancora molto poco dibattuta
La transessualità è un processo complesso. Ci sono dei motivi validi e altri non validi che fondano il cambiamento di sesso. Quando esiste una confusione genetica e anatomica dell’identità sessuale, si può arrivare alla scelta della transessualità. Ma non vedo altre ragioni fondate per cambiare sesso. È una questione che deve essere esaminata caso per caso.
Certe persone potrebbero dirle che sta confondendo transessualità e intersessualità (una persona per la quale è difficile o impossibile dire se è femmina o maschio). Oggi, tante persone transessuali non fanno le operazioni per motivi strettamente medici.
Non sono specialista in questi campi. Sono dei concetti complicati così come l’omofobia. Il fatto di non accettare il matrimonio tra persone dello stesso sesso ad esempio, può o non può essere considerato come “omofobia” ? C’è un problema terminologico che bisogna precisare perché utilizziamo delle parole che spesso non sono molto chiare.
Appunto, lei come definisce l’omofobia ?
Voglio rimanere sul piano delle posizioni di principio. La mia definizione consiste nel dire che l’omofobia è l’aggressione fisica, gli insulti e l’esclusione di uomini e di donne che hanno optato per delle pratiche sessuale che non sono quelle della maggiorità della popolazione.
Uno ha il diritto di criticare questa sessualità, di rifiutare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Se uno considera che questa posizione è omofobica, non sono d’accordo.
Bisogna precisare questo termine, così come quello di islamofobia. Nessuno è obbligato ad amare l’islam. Infatti, se si definisce l’islamofobia come un atto che consiste nel non amare l’islam, non sarebbe accettabile come delitto.
Aggredire, escludere, insultare o rifiutare un lavoro ad esempio ad un musulmano a causa della sua religione è invece un diletto. La stessa cosa vale per l’omofobia.
L’omofobia di carattere religioso è una realtà che tocca tutte le religioni. Ciononostante, oggi, i sette paesi che condannano a morte gli omosessuali sono degli Stati a maggioranza mussulmana. Cosa risponde?
L’omosessualità è anche rifiutata in Cina, in India, in Uganda e nella maggiore parte delle culture. Altre tradizioni religiosi e culturali non ammettono l’omosessualità. Non è il proprio né dell’islam, né dei musulmani.
L’omosessualità rimane una pratica minoritaria che non è accettata dalla maggior parte del nostro globo terreno. È una pratica antica che è sempre esistita in tutte le società, comprese le società musulmane.
Oggi è la sua visibilità che crea delle reazioni violente nelle società che conservano ancora dei valori religiosi e morali forti.
Nei paesi musulmani, la società reagisce ancora molto male alla visibilità dell’omosessualità e alle rivendicazioni di un quadro legale per gli omosessuali.
L’omosessualità è condannabile penalmente nel diritto islamico ?
Non c’è nessun brano nel Corano ne alcuna tradizione autentica e formale del Profeta Muhammad (Maometto) che brandisca una sanzione penale contro gli omosessuali. Anche se l’omosessualità è chiaramente rimproverata sul piano morale nel Corano e nella Sunna.
Certe persone dicono che non si può essere omosessuale e musulmano e dichiarano gli omosessuali apostati
E’ è grave ! Nell’islam, il peccato non scomunica il fedele finché rivendica la sua fede, crede in Dio e non rinnega i testi sacri. L’errore non esclude una persona dall’islam, contrariamente alla posizione dei kharidjiti, o mutaziliti, due tendenze eterodosse che scomunicano ogni musulmano che pecca gravemente.
Un omosessuale che rispetta i cinque pilastri dell’islam, le sue cinque preghiere quotidiane, il digiuno del mese di ramadan è meglio di un altro che non è omosessuale ma non li rispetta. Bisogna mettere le cose al loro posto giusto. Nell’islam, colui che ha la fede è musulmano. Egli deve poi conformarsi per prima cosa ai cinque pilastri dell’islam poi alle pratiche morali.
Chi non rispetta i suoi genitori o tradisce sua moglie commette un errore molto di più grave che l’omosessualità! Tutti gli errori nell’islam non hanno lo stesso valore. E solo Dio giudicherà le persone nel giorno dell’Ultimo Giudizio. Il fatto di considerare un omosessuale musulmano come apostato è un eresia.
Cioè ?
Nessun uomo di sapere ha mai considerato un omosessuale come un non-musulmano finché la persona non abbia rimesso in discussione i fondamenti dell’islam, il Corano, la Sunna…
Altrimenti cosa dovremo dire dei rapinatori, dei fornicatori, di quelli che picchiano i loro genitori, dei criminali, dei venditori di droga… ! Le pratiche dell’islam sono molteplici, e non c’è solo la sessualità che conta.
La lotta contro l’omofobia, così come l’ha definita lei, passa, secondo lei, per forza dal riconoscere l’esistenza dei omosessuali ?
Riconoscere non significa dare una legittimità all’omosessualità, visto che l’islam non ne dà. Tutte le violenze e le esclusioni queste, sì, sono condannabili.
Eticamente parlando, il musulmano deve essere buono con tutti. Si può condannare l’errore, ma l’essere umano in quanto tale deve essere rispettato, qualunque sia la sua religione e il suo livello di pratica.
La dignità dell’uomo in quanto tale è un diritto inalienabile inscritto nello spirito dei comandamenti del Corano.
Un omosessuale può essere amico di un eterosessuale e avere delle relazioni sociali come qualsiasi persona.
Lei ha avuto l’occasione di discutere con la nuova associazione degli Omosessuali Musulmani della Francia (Homosexuels musulmans de France – HM2F)?
Sì, abbiamo discusso e di recente dibattuto insieme alla radio « Beur FM». Bisogna affrontare questo nuovo tipo di rivendicazioni, e non posso, in quanto teologo musulmano e imam, negarle.
Confesso che non mi è piaciuto molto che mettessero la parola « musulmani» nell’intitolato perché l’omosessualità non è né musulmana, né cristiana, né ebrea.
Il fatto di usare di questo termine darebbe l’impressione che ci fosse una cauzione teologica all’omosessualità. Non è conveniente, a nio parere. « Musulmano » è una categoria teologica, non è né etica, né nazionale.
Ciò può anche significare solo che loro vogliono rivendicare la loro adesione alla religione musulmana…
Non tutte le associazioni ebree e cristiane hanno usato la parola « cristiana » o « ebrea » nel loro intitolato (“David et Jonathan” e la “Communauté de Béthanie” per i cristiani, “Beit Haverim“ per gli ebrei, N.d.T).
Altrimenti perché non un associazione dei bevitori di vino musulmani ?
Se ogni volta che una categoria della popolazione musulmana vuole rivendicare un diritto a certe pratiche che non sono conformi all’islam aggiunge la parola “musulmano”, diventerebbe un vero paradosso. Si passa da una categoria sociologica a una categoria teologica e questo è imbarazzante.
Lei è l’unico a esserci pronunciato pubblicamente e chiaramente sulla questione dell’omofobia firmando l’appello alle religioni del 17 marzo scorso. Ne ha discusso con gli imam e i responsabili francesi del culto musulmano ?
Intorno a me, si parla di queste questioni di società che possono riguardare i nostri figli, la nostra comunità, lo prova il dibattirto con l’associazione Homosexuels musulmans de France (HM2F).
In quanto teologo, non voglio tralasciare questa questione, perché pone delle questioni di fondo. La secolarizzazione ha creato delle perturbazioni delle norme e le rivendicazioni si moltiplicano, e noi dobbiamo rispondere a questi fenomeni di società. L’imam non deve essere recluso nella sua moschea. Deve essere in ascolto della società e rispondere come i colti hanno risposto prima di lui a proposito di vari argomenti.
Cosa propone concretamente per lottare contro l’omofobia ?
Mi limito a dare le posizioni di principio. Il mio approccio rimane intellettuale, teologico, etico e filosofico. Mi hanno chiamato più volte per dire quali sono i principi dell’islam su questa questione. Per me, è un mio dovere morale rispondee. Quando mi interpellano sulle questioni della società, non posso non partecipare al dibattito.
Quale messaggio lei vorrebbe trasmettere?
Non voglio che gli omosessuali di confessione musulmana si allontanino dalla loro religione. Possono avere una spiritualità e delle pratiche in altri campi culturali e morali dell’islam. Non devono fare una scelta tra l’omosessualità e l’islam. Ci sono delle persone che sono sistemati in questo tipo di sessualità ma, per altri, è solo una sessualità temporanea.
Si potrebbe addirittura dire che ci sono tanti omosessuali quante sono le omosessualità. Ogni essere umano è per essenza singolare. Non voglio neppure che la mia religione sia stigmatizzata, catalogata tra le religioni omofoniche nel senso che danno la caccia agli omosessuali.
Non voglio che questo genere di problemi sia attribuito, nelle nostre zone periferiche ad esempio, alla mia comunità. E’ per questo che affermo che non si deve aggredire, insultare, disprezzare gli omosessuali prendendo come pretesto che le loro pratiche non sono approvate dalla religione. Ma tollerare non vuole dire approvare…
Bisogna sviluppare un sapere-vivere, il vivere-insieme, dove esista il rispetto mutuale che preserva la pace civile, l’ordine pubblico, al di là delle nostre convinzioni e delle nostre pratiche.
Testo originale: Islam, homosexualité et homophobie, vus par Tareq Oubrou. Interview de Tareq Oubrou, théologien et recteur de la mosquée de Bordeaux