La chiesa cattolica è il popolo di Dio che sa accogliere le persone LGBT
Testo tratto da Coming Home: To Catholicism and to Self, edito da Human Rights Campaign Foundation (USA), 2015, pp. 3-5, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Per suor Jeannine Gramick, il cuore del messaggio cristiano sta nel quarto capitolo del vangelo di Luca, quando Gesù davanti ai fedeli della sinagoga di Nazareth legge Isaia 61: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore” (Luca 4:18-19).
Dopo aver letto, Gesù arrotola la pergamena, la consegna ad un attendente e va’ a sedersi. Guardando la folla che lo fissa dice semplicemente: “Oggi la Scrittura si è compiuta davanti ai vostri occhi”.
Questo testo “Parla di uscire e di andare da quelli che sono ai margini” spiega suor Jeannine. “Parla di essere voce di quelli che non l’hanno. In verità, questo è il compito che Dio ha dato a Gesù, è quello che va’ proclamando. Questa è la pietra angolare della chiesa”.
Suor Jeannine, sostenitrice delle persone LGBTQ e co-fondatrice di New Ways Ministry, è una dei tanti devoti cattolici negli Stati Uniti che si stanno impegnando, per la completa inclusione, appunto, delle persone LGBTQ. Come altri cattolici che lottano per uguaglianza e inclusione, è assolutamente cosciente della differenza tra la gente che siede nelle panche di una chiesa e i porporati che ricomprono importanti ruoli al suo interno.
“Dobbiamo distinguere quando usiamo la parola ‘chiesa’” insiste. “Uso questa parola per comprendere tutti i fedeli cattolici, secondo la definizione del Concilio Vaticano II che descrive la chiesa come ‘popolo di Dio’. Se, quando si parla della chiesa, ci si riferisce alla gerarchia, allora è qualcosa di diverso”.
Per James Servino, un cattolico apertamente gay membro della parrocchia della cattedrale di St. Matthew a Washington, la chiesa “è come un paesino all’interno di una grande città”, dove c’è una comunità ecclesiale accogliente e arricchente.
Hilary Howes, una donna transgender e attivista LGBTQ, è dello stesso parere. “La chiesa cattolica non è un edificio, non è il magistero, o i vescovi e nemmeno le leggi. È il popolo di Dio. I cattolici condividono un grande impegno per la giustizia sociale. La maggior parte è dalla parte di lesbiche, gay e bisessuali. La maggior parte crede nell’uguaglianza per le persone transgender. Siamo una delle più aperte tra tutte le confessioni cristiane”.
Non di meno, ci sono sfide che devono essere affrontate, dal momento che la gerarchia continua a controllarne la politica e la percezione pubblica. “Nella chiea non c’è nessun insegnamento che riguardi le persone transgender” sottolinea la Howes. “Anche se l’approccio del prete o del vescovo che si incontra è spesso ritenuto sintomatico del sistema di credenze della chiesa stessa”.
Per Rosa Manriquez, membro del Roman Catholic Womenpriests (un movimento favorevole al sacerdozio femminile in ambito cattolico), del quale è diacono, essere parte del popolo di Dio comporta una grande responsabilità. “Quando la gente guarda agli attuali insegnameti della chiesa” dice “sono spesso sorpresi di come questi incoraggino le persone a domandare e ad avere dubbi. Si ascoltano i preti e la gerarchia, è normale, ma si deve fare anche silenzio in se stessi così da poter ascoltare la voce dello Spirito Santo”.
La voce interiore è di suprema importanza, ed è formalizzata negli insegnamenti della chiesa dal primato della coscienza. “Come cattolici a tutti gli effetti” dice la Manriquez “crediamo di poter entrare in contatto con lo Spirito Santo che non ci lascerà mai. In tutta coscienza, qualunque cosa essa ci dice di fare, la dobbiamo fare. Se non lo facciamo, dopo aver pregato e vagliato attentamente, facciamo peccato”.
Per la Manriquez e la Howes, come per suor Jeannine e per molti altri, l’ascolto della loro coscienza le ha portate a spendere la vita per i cattolici LGBTQ.
“La nostra coscienza è plasmata dallo Spirito Santo e ha la precedenza su qualsiasi altra cosa” dice la Manriquez. “Questo non vuol dire che possiamo essere stupidi e infantili. No. Significa che esaminiamo, accanto al nostro credo, anche la nostra coscienza. E se troviamo qualcosa che sentiamo non essere corretto, dobbiamo pregarci su. Essere cattolici significa molto di più che seguire un prete. Non si può essere lassisti”.
Come eterosessuale gay-friendly, Jim FitzGerald, direttore esecutivo di Call To Action, è stato profondamente formato dall’azione della coscienza. “Mentre ero al college, ho scoperto un cattolicesimo molto conservatore” spiega. “Sapevo quel che dicevo quando affermavo che le donne non potevano diventare preti e che le persone LGBTQ erano ‘intrinsecamente disordinate’. Sapevo che era sbagliato ma lo dicevo ugualmente”. Da quel momento, quell’esperienza ha modellato la vita di FitzGerald “Ho causato parecchio dolore e non lo dimentico” dice “Mi adopererò ogni giorno della mia vita per fare penitenza e per essere sicuro che non accada ancora”.
L’INSEGNAMENTO UFFICIALE
Il catechismo della chiesa cattolica – un testo che contiene i dogmi e gli insegnamenti della chiesa – distingue tra “atti omosessuali” e “tendenze omosessuali”. Definisce i primi come “intrinsecamente disordinati” e “contrari alla legge naturale”. Il termine “intrinsecamente disordinati” non si applica a lesbiche, gay e bisessuali, dal momento che la chiesa vede il loro orientamento, o inclinazione, come “oggettivamente disordinato”.
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Testo originale: Coming Home: To Catholicism and to Self. The People in the Pews