La guerra contro Papa Francesco. Dietro i sacri paraventi
Articolo di Andrew Brown pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 27 ottobre 2017, terza parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Papa Francesco nel 2013, poco dopo la sua elezione, mentre era ancora al centro dell’euforia universale per l’audacia e la semplicità dei suoi gesti (si era trasferito in un paio di modeste stanze a pianterreno, preferite ai sontuosi appartamenti di Stato utilizzati dai suoi predecessori), avviò una purga in un piccolo ordine religioso devoto alla Messa in latino. I Francescani dell’Immacolata, un gruppo di circa 600 membri (uomini e donne), era già stato messo sotto investigazione nel giugno 2012, sotto papa Benedetto XVI: erano accusati di praticare una politica di destra sempre più estremista accoppiata alla devozione della Messa in latino (tutto questo si accompagnava spesso a dichiarazioni di odio verso il “liberalismo” e si diffondeva per il Web grazie a canali come il blog Holy Smoke (Fumo sacro) del quotidiano Daily Telegraph, curato da Damian Thompson).
Quando poco dopo la commissione investigatrice fece il suo rapporto, la reazione di Francesco fu uno shock per i rigidi conservatori. Impedì all’Ordine di celebrare la Messa in latino in pubblico e chiuse il loro seminario. Vennero autorizzati a formare nuovi sacerdoti, ma non segregati dal resto della Chiesa. Cosa ancora più importante, fece tutto questo direttamente, senza passare dal sistema giudiziario vaticano, allora retto dal cardinal Burke; l’anno dopo, il Papa rimosse Burke dal suo prestigioso incarico e così si fece un implacabile nemico.
Burke, un massiccio americano devoto ai paramenti finemente ricamati e, nelle occasioni formali, a una cappa cerimoniale color porpora così lunga che ci vogliono dei paggi per reggerne lo strascico, è uno dei più eminenti reazionari del Vaticano; nelle maniere e nella dottrina rappresenta la lunga tradizioni dei detentori del potere del cattolicesimo bianco americano. La Chiesa della Messa in latino, ieratica, patriarcale e battagliera è il suo ideale; sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sembrava in effetti che essa stesse tornando alla Messa in latino, fino a che non arrivò Francesco.
La combinazione burkiana di anticomunismo, orgoglio etnico e odio verso il femminismo ha preso sotto la sua ala, negli Stati Uniti, tutta una schiera di eminenti figure destrorse come Pat Buchanan, Bill O’Reilly e Steve Bannon, accanto a intellettuali cattolici meno conosciuti come Michael Novak, il quale si è instancabilmente speso per le guerre statunitensi in Medio Oriente e per la concezione repubblicana del libero mercato.
Fu il cardinal Burke nel 2014 a invitare Bannon, già allora spirito animatore di Breitbart News [sito Web di estrema destra, dedito, tra le altre cose, a teorie del complotto, n.d.t.], a una conferenza in Vaticano, collegandosi con lui in video dalla California. Il discorso di Bannon fu apocalittico, incoerente e storicamente eccentrico, ma non potevano esserci malintesi sull’urgenza dei suoi appelli alla guerra santa: durante la seconda guerra mondiale in realtà avevano combattuto “l’Occidente giudaico-cristiano contro l’ateismo” e ora la civiltà si trova “nelle fasi iniziali di una guerra globale contro il fascismo islamico… un conflitto molto brutale e sanguinoso… che sradicherà completamente la nostra tradizione degli ultimi 2.000, 2.500 anni… se la gente che sta in questa stanza, la gente nella Chiesa non… combatterà per ciò in cui crediamo contro questa nuova barbarie che sta sorgendo”.
Tutto in quel discorso era un anatema contro Francesco. La sua prima visita ufficiale fuori Roma è stata nell’isola di Lampedusa, diventata il punto d’arrivo di decine di migliaia di disperati dall’Africa del Nord. Come i suoi due predecessori, è un fiero oppositore dei conflitti in Medio Oriente, nonostante il Vaticano abbia dato riluttante il suo sostegno all’eliminazione del Califfato.
Si oppone alla pena di morte; detesta e condanna il capitalismo americano; dopo aver offerto il suo sostegno ai migranti e alle persone omosessuali, la prima grande dichiarazione d’intenti del suo pontificato è stata un’enciclica (un documento del Magistero rivolto all’intera Chiesa) [in realtà si tratta di un’esortazione apostolica, n.d.t.] che condanna senza appello il funzionamento dei mercati globali: “In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare” [Evangelii gaudium, n° 54].
Prima di ogni altra cosa, Francesco sta dalla parte degli immigrati (o dei migranti, come ama dire), cacciati dalle loro patrie da un capitalismo sfrenato, rapace e distruttivo, che ha innescato un catastrofico cambiamento climatico. Questo è un tema che negli Stati Uniti è razzialmente e politicamente caldo.
Gli evangelici conservatori che hanno votato per Trump e il suo muro sono in grandissima maggioranza bianchi, proprio come la leadership della Chiesa Cattolica americana. Circa un terzo dei laici, però, è ispanico e la percentuale non fa che crescere. Lo scorso mese Steve Bannon ha dichiarato, in un’intervista alla CBS, che i vescovi statunitensi sono a favore dell’immigrazione di massa solo perché rimpolpa le loro parrocchie: una cosa che non dichiarerebbe in pubblico nemmeno il vescovo più reazionario.
Quando Trump annunciò per la prima volta che avrebbe costruito un muro per tenere fuori i migranti dal Paese, Francesco arrivò quasi a negare che l’allora candidato alla presidenza fosse un cristiano. Secondo il Papa, i pericoli per la famiglia non si trovano nei bagni per transgender, come vorrebbero alcuni guerrieri culturali; ciò che distrugge le famiglie è un sistema economico che frantuma milioni di famiglie povere nella ricerca di un lavoro.
Testo originale: The war against Pope Francis