La mia “Torre di Guardia”. Scoprirsi lesbica tra i testimoni di Geova
Dialogo di Mattia, volontario del Progetto Gionata, con Anna Salvemini*
Dopo l’incontro di Irene con Alessandro Reda, il ragazzo omosessuale della Congregazione dei Testimoni di Geova, da cui ora è uscito per essere se stesso finalmente senza obblighi e senza maschere, ho avuto modo di conoscere anche Anna, una donna lesbica e Testimone di Geova che mi ha raccontato come vive l’essere lesbica e il far parte della Congregazione dei Testimoni di Geova.
Ciao Anna, ti presenti brevemente? Chi sei, cosa fai nella vita?
Mi chiamo Anna e insegno in una scuola media di Pesaro. Lasciare la Puglia, la mia regione di provenienza, è stata una scelta dettata non solo da motivi di lavoro ma anche dalla consapevolezza che, lontano dalla mia famiglia, mi sarei sentita più libera di praticare la religione cui avevo aderito con entusiasmo, scegliendo di battezzarmi come Testimone di Geova all’età di 22 anni.
Chi sono i Testimoni di Geova e perchè vengono chiamati così?
I Testimoni di Geova sono un movimento religioso di derivazione avventista che predica l’avvento del Regno di Dio sulla terra. I Testimoni credono fermamente che il Regno di Dio prenderà il controllo degli affari umani e instaurerà un nuovo ordine mondiale.
Ciascun testimone ha il dovere morale rendere testimonianza a quante più persone possibile circa questo proposito divino. Facendo questo essi sentono di santificare il nome di Dio, Geova, e di mostrare amore agli esseri umani, strappandoli alla distruzione eterna che aspetta quanti respingono il messaggio da loro portato.
Per entrare a far parte dei Testimoni di Geova è necessario soddisfare una serie di requisiti di ordine morale e religioso. Il comportamento sessuale è disciplinato da un codice di regole molto austero. La cultura patriarcale si riflette pesantemente sui rapporti tra i generi. Viene costantemente incoraggiata la sottomissione della donna cui sono peraltro precluse molte opportunità di carriera teocratica offerte agli uomini.
Purtroppo ancora oggi nella società, le persone omosessuali vengono ancora discriminate, anche se fortunatamente la società sta lentamente cambiando. In base alla tua esperienza di vita, quando hai capito di essere omosessuale?
Quando frequentavo il liceo presi una cotta per una mia coetanea che andava in un’altra sezione. Non pensavo tuttavia di essere omosessuale. Non mi davo un’etichetta. I contatti con i Testimoni di Geova, avvenuti quando avevo 17 anni, ebbero l’effetto di scoraggiare e censurare l’esplorazione della mia identità e di dirottare la mia attenzione verso questioni totalmente avulse dalla corporeità. Verso alcune sorelle di fede provavo un’attrazione che io interpretavo come ammirazione e desiderio di emulazione. Desideravo compiacerle e conquistarmi il loro affetto.
Dopo circa 15 anni trascorsi tra i Testimoni di Geova cominciai ad avere una consapevolezza più precisa del mio orientamento affettivo. Determinante fu una breve vacanza trascorsa insieme ad una sorella di fede. Desideravo rivivere le emozioni provate in quel periodo. In seguito la invitai a venirmi a trovare e le parlai del mio desiderio di seguirla come compagna d’opera nei luoghi dove sarebbe andata a predicare. Sembrò contenta di sentirmelo dire. Qualche mese dopo la invitai a stare nuovamente da me.
La sera stessa del suo arrivo mi disse che si era fidanzata e che presto si sarebbe sposata. Lo vissi come un tradimento atroce ma i miei sentimenti erano inconfessabili, inammissibili tra i Testimoni di Geova. Ricordo che il mio smarrimento alla notizia del fidanzamento suscitò persino l’ilarità degli astanti.
Ne hai parlato subito con qualcuno? (in famiglia, con gli amici, con la Congregazione dei Testimoni di Geova)? Hai fatto subito il classico coming out?
Ritenevo che fare apertamente coming out sarebbe servito a poco. Non mi avrebbe esonerato dal tenere fede all’impegno preso con il mio battesimo come Testimone di Geova. Ai Testimoni che sentono di avere “tendenze omosessuali” viene consigliato di cercare aiuto spirituale presso gli anziani di congregazione. Decisi così di avvicinare gli anziani confessando loro il dolore e il profondo disagio che provavo ogni volta che nelle pagine della Torre di Guardia e nei discorsi ascoltati nella Sala del Regno veniva preannunciata la distruzione eterna degli omosessuali e la loro cancellazione dalla faccia della Terra decretata da Dio. Quali che fossero le opinioni che gli anziani si erano fatte su di me, da quel momento cominciai a ricevere una lunga serie di visite pastorali volte a riportare il mio punto di vista sull’omosessualità in linea con quello del Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova.
Nello stesso tempo vennero drasticamente limitati i miei spazi di intervento durante le adunanze di congregazione. Queste misure punitive messe in atto nei miei confronti mi amareggiavano, tuttavia accettavo tale tortura psicologica nella speranza di assistere un giorno a segnali di un cambiamento nella posizione ufficiale sull’omosessualità. La prospettiva di essere espulsa dalla congregazione per apostasia mi angosciava.
I Testimoni di Geova come considerano le persone omosessuali?
Per i Testimoni di Geova l’unico orientamento sessuale di cui Dio ha dotato gli esseri umani è quello eterosessuale. L’omosessualità e la transessualità sono considerate una deviazione dalla norma stabilita da Dio e, come qualsiasi altra imperfezione fisica e morale, una conseguenza del peccato adamico. Benché oggi il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova sia disposto ad ammettere che l’omosessualità non sia frutto di una scelta deliberata da parte dell’individuo, ritiene che tale “tendenza peccaminosa”, ancorché profondamente radicata, possa essere tenuta sotto controllo con l’aiuto dello spirito di Dio. Coloro che non la combattono con tutte le loro forze peccano quindi contro Dio.
L’omosessualità è catalogata tra le varie forme di “immoralità sessuale” al pari dell’adulterio, della pedofilia e della bestialità. Ricordo chiaramente di aver letto nella rivista “Torre di Guardia” che sotto il dominio del Regno di Dio nessun essere umano proverà più tali inclinazioni e allora non sarà più necessario doversi impegnare in uno strenuo combattimento interiore.
Nelle pubblicazioni, in particolar modo quelle ad uso interno, viene ribadito con insistenza che nel popolo di Geova non vi è spazio per chi voglia promuovere un punto di vista più tollerante sull’omosessualità dal momento che è Dio stesso ad escludere dal suo Regno chi la pratica.
Nella congregazione del Testimoni di Geova vi sono stati episodi di omofobia?
I Testimoni di Geova ritengono sinceramente di non essere omofobi dal momento che non agiscono violenza fisica verso gli omosessuali e non ricorrono ad appellativi offensivi per designarli. Sostengono di trattare con imparzialità le persone LGBTI dal momento che non si trattengono dal portare anche a loro la buona notizia del Regno di Dio e dall’impartire loro istruzione biblica.
Le espressioni di disgusto e disprezzo nei confronti delle persone omosessuali usate anche da alcuni membri del Corpo Direttivo, vengono giustificate con l’urgenza di porre un freno alla tolleranza sempre più diffusa a livello sociale verso “stili di vita alternativi”.
Le pubblicazioni dei Testimoni riportano spesso espressioni di inaudita violenza verbale nei confronti degli omosessuali, definiti “empi e malvagi” e, in quanto tali, “meritevoli di morte” al pari di tutti coloro che sostengono i diritti civili e i matrimoni same-sex. Il Corpo Direttivo si premura anche di esortare i fedeli a rallegrarsi di tale prospettiva e ad essere grati per il privilegio di conoscere il chiaro punto di vista di Dio sul sesso.
Questo nel mio caso aveva invece l’effetto di acuire la sofferenza, dal momento che mi sentivo costretta a soffocare i miei sentimenti. Vivevo una situazione paradossale: la mia affettività non aveva diritto di cittadinanza all’interno della mia comunità religiosa, ma io avrei dovuto provare riconoscenza per questo e impegnarmi per insegnare ad altri omosessuali a fare altrettanto!
Le rivendicazioni di maggiori diritti e visibilità da parte delle persone LGBTI è guardata con indignazione dai Testimoni di Geova e viene considerata una prova della prossimità della fine di questo mondo governato da Satana. Simpatizzare con i movimenti per i diritti civili delle persone LGBTI è ritenuto inammissibile per un Testimone ed è motivo sufficiente per essere espulsi dalla congregazione. Questo è quanto è accaduto anche a me, dopo il mio tesseramento all’Arcigay.
Come vivi oggi la tua fede? che rapporti hai con la Sacra scrittura? Attualmente ti consideri ancora una testimone di Geova?
Cerco ancora il dialogo con Dio anche se credo in modo diverso da prima. È una fede più problematica, non mi dà più la risposta a qualsiasi domanda ma mi spinge al confronto con altre visioni della vita e del mondo. Non penso più di possedere la Verità. Continuo a leggere ogni giorno la Bibbia, il libro che ha influenzato più di ogni altro la mia vita.
Quando parlo con Dio continuo a chiamarlo Geova, ma solo quando sono da sola. Il Dio in cui credo io è diverso ormai da quello che predicano i Testimoni di Geova. Da circa due anni frequento la Chiesa Valdese perché penso sia quella che meglio di altre risponda al mio bisogno di giustizia e uguaglianza.
La comunità valdese con cui partecipo al culto è guidata da una pastora. Mi viene da sorridere se penso che per vent’anni ho fatto parte di un’organizzazione religiosa in cui alle donne veniva impedito di insegnare pubblicamente alla comunità.
Nella chiesa che frequento ho incontrato altre lesbiche che vivono serenamente la propria affettività in armonia con la propria fede. Benché io non abbia ancora formalizzato l’adesione alla chiesa valdese, la pastora mi ha invitata comunque ad affiancare le monitrici durante la scuola domenicale. Le sono molto grata per questa dimostrazione di fiducia nei miei confronti.
Conosci altri omosessuali che attualmente frequentano la Congregazione?
Sì, nella congregazione di Testimoni di Geova cui appartenevo c’era un altro ragazzo gay. Era consapevole della propria identità ma non era disposto a farvi alcuna concessione. Aveva un altissimo grado di omofobia interiorizzata. Provava repulsione e una rabbia istintiva e irrazionale nei confronti degli omosessuali che vivevano liberamente la propria identità.
Nonostante svolgesse con zelo l’incarico di evangelizzatore a tempo pieno e fosse tenuto in alta considerazione dagli altri membri della congregazione, aveva una scarsissima autostima. Alla fine prese la decisione di rivolgersi ad uno psicologo. Si premurò di trovarne uno che fosse anche Testimone di Geova e che vivesse a 150 Kilometri di distanza.
Cosa ti aspetti dalle religioni per il futuro?
Alle religioni chiederei di insegnare ad amare l’infinita varietà in cui si esprime la natura umana e ad accoglierla come riflesso del divino. A tutti coloro che si riconoscono in una religione chiederei di non lasciare che la lealtà ad una ideologia o ad una organizzazione diventi più importante dell’essere umano.
* Prossimamente Anna sarà ospite in diretta nella mia rubrica radiofonica “Un Caffè con Mattia” trasmessa ogni lunedì dalle 20 alle 21.30 su www.radiospeed.it