L’esperienza di essere omosessuali nella nostra società e nella chiesa cattolica
Testo di padre Joseph Fortuna apparso sul bollettino della parrocchia dell’Ascensione nell’estate 1997 e ripubblicato sul sito della diocesi cattolica di Cleveland (Stati Uniti), seconda parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Più di vent’anni fa seguii un corso di antropologia filosofica in seminario. Durante una lezione l’insegnante stava cercando di spiegare un difficile concetto che san Tommaso d’Aquino prese a prestito dall’antico filosofo greco Aristotele. Il termine tecnico era “accidente” e la definizione era: “Un accidente è qualcosa inerente a qualcos’altro, chiamato ‘sostanza’”. Per essere più chiaro, ci chiese: “Avete mai visto ‘blu’ che cammina per strada? Oppure ‘alto’ che tira a canestro?”. La risposta fu ovviamente “No. Blu e alto non esistono di per se stessi. C’è sempre un ‘qualcosa blu’ o un ‘qualcuno alto’, non semplicemente il blu e l’alto”.
Mi è tornata in mente quella lezione perché spesso si parla dell’omosessualità come se camminasse per strada da sola. L’omosessualità non esiste di per se stessa; piuttosto che pensare all’omosessualità, è di gran lunga meglio pensare alle “persone omosessuali”. È importante partire dalle “persone omosessuali” invece che dall’astrazione “omosessualità”, per evitare di cadere in due grosse trappole. La prima è lo stereotipo.
Stereotipo vuol dire prendere un attributo di una persona omosessuale e dire che quella è la “natura” dell’omosessualità. Un tipico stereotipo del gay è un uomo dal comportamento effeminato; un tipico stereotipo della lesbica è una donna dai capelli corti che fa la “dura”. Il problema di questi stereotipi è che riducono l’intera realtà della persona omosessuale a un solo attributo, senza considerare che alcune persone eterosessuali possono avere i medesimi attributi.
La seconda trappola è la generalizzazione. Generalizzare significa dire che ciò che è vero di una persona gay o lesbica, è vero per tutte. In realtà, a parte l’orientamento sessuale, le persone omosessuali sono tanto diverse tra loro quanto le persone eterosessuali. Alcune persone omosessuali corrispondono effettivamente ad alcuni degli stereotipi loro attribuiti, ma la maggior parte no. Il fatto è che, a meno che qualcuno esplicitamente sveli il suo orientamento sessuale, non possiamo mai esserne sicuri.
È molto difficile parlare dell’esperienza di essere gay o lesbica senza considerare gli individui. Non tutte le persone omosessuali sono uguali, come non lo sono le altre persone. La nostra fede cattolica ci chiama ad amare e rispettare ogni persona nella sua diversità, anche le persone gay e lesbiche.
Le prime risposte cristiane a una persona omosessuale dovrebbero essere il rispetto e l’empatia. Il rispetto permette all’altro di essere come Dio lo ha creato, senza doversi difendere o scusare; l’empatia si sforza di capire non tanto l’omosessualità come astrazione, quanto piuttosto “quest’uomo” o “questa donna”. Il rispetto e l’empatia ci permettono di valorizzare la loro dignità, che è dono di Dio.
Le esperienze degli individui gay e lesbiche sembrano avere qualcosa in comune, non perché sono tutti uguali, ma perché la cultura dominante dà per scontato che si sia tutti eterosessuali. Questo, per le persone omosessuali, crea dei problemi che le persone eterosessuali non devono affrontare. Per esempio, tutti gli esseri umani che divengono adulti affrontano il difficile periodo della scoperta della loro identità sessuale.
Entrano in contatto con il loro corpo, con sensazioni e necessità che prima non venivano notate o non erano importanti, con quel desiderio di relazioni intime che è necessario per una vita sana. La scoperta della propria identità sessuale è difficile, anche quando si è eterosessuali: si prova molto disagio e imbarazzo, insicurezza, talvolta goffaggine, ma anche aspettativa ed eccitazione. È molto importante, nel corso di questo periodo, avere punti di riferimento sani e qualcuno con cui parlare.
Ma se è difficile per chi è eterosessuale, questa fase è molto più complicata per chi scopre di essere gay o lesbica, che comincia a capire che il loro desiderio e la loro attrazione non sono come quelli della maggioranza delle persone. Tutto ciò da cui, secondo la loro cultura, dovrebbero essere attratti (ogni comportamento e situazione socialmente accettabile, la maggior parte dei VIP, i programmi televisivi, i film e così via), strombazza la norma dell’eterosessualità. Chi scopre di essere gay o lesbica può rimanere terrorizzato, spaventato e confuso, può sentirsi isolato e solo.
Le paure e la confusione possono indurre a reprimere la propria autentica identità sessuale o ad assecondarla in maniera deviata. Chi scopre di essere omosessuale può sentirsi emarginato e invisibile nella nostra cultura, perché essa spinge decisamente in questo senso. Inoltre, se il suo orientamento sessuale diviene noto, deve affrontare il comportamento spesso insensibile e crudele di chi gli sta accanto, frutto di scarsa informazione: non è raro che persino i famigliari e amici benintenzionati si comportino con queste persone in modo da scoraggiarle a rivelare il loro orientamento.
Pensate a come tutto questo può agire su chi è omosessuale. Se l’essere umano necessita di relazioni intime per poter crescere in modo sano, e se questa intimità richiede una profonda fiducia e una sincera apertura di se stessi, allora la pressione che gay e lesbiche subiscono perché rimangano nascosti non è semplice pressione, è oppressione.
Non c’è da stupirsi che molte persone omosessuali non rivelino di esserlo neppure a se stesse e scelgano di vivere un’identità falsa, oppure all’interno di una “sottocultura” gay o lesbica in cui possono venire accettate, ma a costo di essere sempre più emarginate dalla società.
Un programma pastorale cattolico per gay e lesbiche deve considerare attentamente il modo in cui Gesù ha cercato e si è reso disponibile per gli emarginati e gli esclusi dalla società dominante. Dobbiamo riflettere sul fatto che Gesù non è mai stato condiscendente e non ha mai permesso agli esclusi di rinnegare la verità della loro esistenza. In ogni circostanza li ha aiutati a considerare e vivere la loro esistenza alla luce del Regno di Dio; li ha invitati con decisione ad accettare i comandamenti di Dio, e al tempo stesso ha invitato con decisione la società dominante a rivedere i suoi pregiudizi e i suoi atteggiamenti empi. Gesù ha invitato tutti, emarginati e non, a trovare quel modo di vivere ed amarsi a vicenda che è caratteristico del Regno di Dio.
Testo originale (PDF): People of God Who are Gay or Lesbian A Catholic Pastoral Response