Omosessuali e cattolici. In cammino per eliminare il tabù
Dossier di Joséphine Bataille tratto dal settimanale cattolico La Vie (Francia), n.3431, 2 giugno 2011, pp.8-15, liberamente tradotto da Dino
Come conciliare la fede e l’amore per una persona dello stesso sesso? E cosa dice oggi la Chiesa cattolica dell’omosessualità?
All’epoca dei Gay Pride, La Vie apre un dossier sensibile. Nè provocazioni, nè rivendicazioni, ma l’opportunità per i cristiani di aprire gli occhi su una realtà, su vite, persone da accogliere, da accompagnare e da ascoltare.
“All’università, nel nostro ambiente professionale, non abbiamo più bisogno di nascondere chi siamo. Ma nella Chiesa dobbiamo tenere un basso profilo”.
Louis (il suo nome è stato cambiato, ndr), 28 anni, ha la sensazione di non poter vivere da cristiano come gli altri. Aspira ad unirsi ad un gruppo di lettura della Bibbia, o di rilettura di vita, come molti suoi amici. “Ma come potrei parteciparvi pienamente se sento di non poter parlare della mia spiritualità ancorandola nella dimensione relazionale ed affettiva della mia vita?”
Cristiani e omosessuali, l’argomento rimane sempre tabù nella Chiesa cattolica. Errata conoscenza di una realtà spesso assimilata ad una cultura “gay”, dimostrativa e rivendicatrice, associata e confusa con la pedofilia – ancora recentemente da parte dei più alti livelli della Chiesa cattolica -, le resistenze sono molteplici. Come se i cristiani avessero sempre avuto difficoltà a riconoscere che l’omosessualità riguarda loro proprio come il resto della società.
Dominique si ricorda con dolore dello scandalo provocato quando ha dedicato un dossier a questo argomento sulla rivista diocesana, tuttavia approvato dal vicario generale. “L’omosessualità e la Chiesa sono due mondi che si ignorano e tra i quali noi cerchiamo di gettare dei ponti”, riconosce Jean-Michel Dunand, fondatore della Communion Contemplative Béthanie, che con la preghiera si vota “al servizio delle persone omosessuali”.
Nell’istituzione ecclesiale nessuna commissione, nessun gruppo, nè in Vaticano nè nelle conferenze episcopali, si sta occupando di questo tema. Una lacuna disastrosa, secondo Philippe Arino, autore di tre opere sulla cultura gay. “La Chiesa ha il dovere di dare fiducia a questo universo e di comprenderne i codici per essere capace di proporre in modo corretto il suo messaggio”, afferma questo impegnato cattolico di 31 anni.
E’ il teologo moralista Xavier Thévenot che, negli anni ’80, ha rivoluzionato il modo di guardare della Chiesa, gettando le basi teologiche e pastorali di un’accoglienza degli omosessuali. In seguito la questione non è più stata riaperta. In Francia la teologa domenicana Véronique Magron tiene regolarmente delle conferenze con un certo “senso di solitudine”.
“Quasi si è portati a credere che la Chiesa pensi di aver fatto fin troppo sull’argomento. Invece non è ancora stato detto tutto”, sottolinea.
“Se, ad esempio, per noi è essenziale sul piano teologico il pensare una coppia strutturalmente aperta alla fecondità e alla vita, questo non impedisce di riconoscere che delle coppie omosessuali possano avere una vita morale molto profonda.
A causa di ciò, abbiamo ancora molta strada da fare e la riflessione antropologica non può essere chiusa”.
Di fatto la questione della coppia rimane ancora delicata, anche se il magistero riconosce che essa è preferibile al vagabondaggio sessuale. I pastori si appigliano alla loro preoccupazione di non urtare gli altri parrocchiani. Julien ha cercato di coinvolgere il gruppo di riflessione per giovani coppie della sua parrocchia, ma è stato dissuaso. “Per costruirsi cristianamente come omosessuali, c’è ancora tutto da inventare, ci si sente molto soli”, lamenta. In pratica l’accoglienza delle persone omosessuali nella Chiesa cattolica è vissuta essenzialmente nella discrezione di un accompagnamento personale. Allo scopo di inserirsi in un percorso collettivo, alcuni si indirizzano verso le associazioni come Devenir un en Christ o David et Jonathan.
E’ quello che ha fatto Louis, per il vero un po’ controvoglia, sentendo che in questo modo veniva a trovarsi in una realtà comunitaria nella quale a priori non si riconosceva. “Vorrei essere percepito come un figlio di Dio e niente di più. Ma non c’è ragione di nascondere la mia omosessualità!”. Le parrocchie nelle quali sono attive queste associazioni, come Saint-Merri a Parigi, testimoniano di fatto la loro apertura. Allo stesso modo gli ordini contemplativi si mostrano particolarmente recettivi alla richiesta dei movimenti.
Venticinque comunità (ndr in Francia) hanno accolto la cinquantina di ritiri che si sono verificati in questi ultimi cinque anni, ad esempio i cistercensi di Cabanoule per la Communion Béthanie. Alcune persone omosessuali scelgono tuttavia di raggiungere uno di questi luoghi definiti “inclusivi”, che accolgono qualsiasi genere di minoranza.
Moltissimi cattolici frequentano così il tempio protestante della Maison verte, a Parigi, la Chiesa MCC (Metropolitan Community Church) a Montpellier, o il Gruppo Lambda della cattedrale americana (anglicana) di Parigi, o anche i Veterocattolici di Utrecht, legati all’eredità romana, per attenuare lo shock del cambio di tradizione.
“Affinché le persone possano uscire dalla clandestinità, si deve cambiare il modo di vedere le cose. Non si tratta di rendere banale ad ogni costo l’omosessualità, non potrà mai esserlo ; ma la Chiesa non deve aggiungere altra sofferenza”, dichiara Claude.
Nel 2000 egli, che è di Nantes, fa testimoniare dei genitori di omosessuali in occasione di un raduno di Pentecoste organizzato dal vescovo. Il gruppo Réflexion et Partage (Riflessione e Condivisione) nasce su questa scia, per la sensibilizzazione di preti e di laici.
Dopo tre anni di lavoro pubblica l’opuscolo Orientation sexuelle et vie chrétienne (Orientamento sessuale e vita cristiana), che è stato distribuito in 1000 copie.
In seguito è iniziato nell’istituzione un timido movimento di sensibilizzazione. Spesso sono dei genitori spiazzati che rendono noto il vuoto di proposte quando, in cerca di informazione e di sostegno, si rivolgono alla Chiesa. Ed è su loro richiesta che Fanny Chaligne, responsabile diocesana della pastorale familiare di Orléans, ha costituito un gruppo di condivisione.
A Cambrai, Marie-Reine Guérin, un’anziana insegnante, ha visto la sofferenza degli adolescenti e l’omofobia in azione nelle classi.
Membro del servizio diocesano della pastorale dei giovani, ha organizzato una conferenza per sensibilizzare genitori, studenti ed insegnanti.
“Si passa accanto a molti giovani senza agire, perchè si fa come gli struzzi. Si sa sempre benissimo quali sono, all’interno di un gruppo, quelli direttamente toccati da questo problema, ma si è molto maldestri e poco coraggiosi per osare aiutarli a far dei passi avanti.
Con questa conferenza si ha il coraggio di riconoscere di essere disarmati e che si deve cercare di capire tutti insieme”, spiega.
A Valenciennes sono stati organizzati degli incontri con l’associazione David et Jonathan da Myriam Dubois, delegata del Cler-Amour et Familie per il territorio settentrionale, allo scopo di formare la sua équipe, che si occupa sia di consulenza coniugale, sia dell’educazione affettiva e sessuale dei giovani.
“Il 5% delle persone si pongono domande sul loro orientamento sessuale; e c’è una grande confusione: è indispensabile che nel nostro modo di affrontare la sessualità le persone possano percepire che c’è una porta aperta per confidarsi.
Per questo non dobbiamo aver paura di affrontare l’argomento: parlare di omosessualità non significa farla nascere.”
Oggi nella Chiesa l’approccio è quello di informarsi su questo universo e sulle domande che vengono fatte al riguardo, per poter fornire un miglior accompagnamento. “Si comincia ad intravedere che l’omosessualità non è una rivendicazione identitaria ma una realtà sperimentata da persone che cercano di viverla in maniera responsabile”, commenta padre Bernerd Massarini, che svolge la funzione di accompagnare alcuni membri di Devenir un en Christ.
Il problema dell’accoglienza si pone in modo particolarmente acuto sul piano sacramentale. Molte persone chiedono di essere comunicate, cresimate o battezzate. Esse altrimenti non avrebbero preso in considerazione di fare queste richieste, sapendo di essere fuori dalle regole stabilite dalla Chiesa riguardo all’omosessualità continente o all’eterosessualità nel matrimonio. E’ possibile vedere anche che richiedono il battesimo di un bambino. Sono domande che vengono gestite caso per caso, e che trovano esito positivo oppure no, secondo la discrezione dei pastori.
Tutta la difficoltà infatti per i sacerdoti sta nel riuscire a posizionarsi in rapporto al magistero, che prescrive a tutti la castità continente. “Lo scopo dell’accompagnamento è di aiutare la persona a tirar fuori ciò che essa è nel suo intimo e che essa stessa deve riconoscere”, ritiene padre Massarini.
Il magistero non è una tabella di marcia da mettere in pratica: è un parapetto che, quando si fanno delle svolte troppo violente, ci permette di non cadere. Ricordando che ci sono altri schemi, che la diversità sessuale è strutturante, che la genitalità non è che una parte della sessualità, esso obbliga ad essere più attenti a ciò che si fa e si vive. E allora diventa uno strumento per una maggior umanità.”
Ma le persone omosessuali continuano ad aspettare un impegno che arrivi dal livello più alto dell’istituzione. Negli Stati Uniti la lettera pastorale “Sono sempre nostri figli” indirizzata nel 1996 dai vescovi ai genitori e ai preti, ha costituito il punto di partenza di un vero percorso di accompagnamento ecclesiale.
Nulla di ciò in Francia: “I vescovi francesi dimostrano una grande apertura quando sono nell’intimità dei loro uffici, ma non vanno oltre,pur dimostrandosi molto coraggiosi su altri temi.”, rimpiange Jean-Michel Dunand.
“Temono di essere sospettati di appoggiare le questioni sociali che sono collegate all’omosessualità, come il matrimonio o l’adozione”, analizza un’animatrice impegnata nella pastorale. “Infatti il clero è contento che ci siano dei laici che dicano le cose”.
Nel 2006, in occasione di un sinodo diocesano, Michel Santier, allora vescovo di Luçon, aveva chiesto perdono a tutti quelli che testimoniano “di aver ricevuto ferite dalla Chiesa e dai suoi membri”, citando “quelli che vivono un orientamento sessuale che non hanno scelto”. Questo passo in avanti aveva provocato lo scandalo, orchestrato dai tradizionalisti della diocesi.
“L’omosessualità suscita in certi ambienti cattolici una tale aggressività che bisogna essere molto prudenti nel nostro approccio pastorale. La parola della Chiesa rischia di essere sistematicamente compresa male”, afferma oggi.
Da parte sua, Gérard Daucourt, vescovo di Nanterre, riconosce di sentirsi “piuttosto disarmato nel fare proposte per formalizzare l’accoglienza delle persone omosessuali, in un contesto che si estende da quelli che appoggiano a quelli che condannano.”
Testo originale: Homosexuels et catholiques Ils veulent lever le tabou