Padre Thomas: “Come prete ho imparato a costruire ponti verso gli altri dai cattolici LGBT”
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 24 luglio 2017, libera traduzione di Silvia Lanzi
Delle molte recensioni del nuovo libro del gesuita James Martin “Building a Bridge” (“Costruire ponti”), nessuna è più personale di quella del padre basiliano Thomas Rosica. Padre Rosica è a capo del Salt and Light Media, un gruppo cattolico canadese che offre educazione, formazione, e anche ispirazione, tramite televisione, radio, pubblicazioni e materiale online. In più segue gli eventi vaticani collaborando con i media di lingua inglese. Proprio in questo ruolo era diventato noto ai media cattolici statunitensi tra il 2014 e il 2015 durante il sinodo della famiglia.
In un post sul blog del sito del Salt and Light Media, padre Rosica commenta il libro di padre Martin raccontando una storia: quella del nervosismo provato qualche decennio prima mentre si preparava per una missione di una settimana nella parrocchia del Most Holy Redeemer a San Francisco, che, era noto, aveva dei fedeli prevalentemente gay.
Rosica spiegò che pensava che i parrocchiani sdegnassero le idee cattoliche, e temeva di non avere granché da dire a molte di quelle persone che, in quel periodo, avevano l’HIV/AIDS. Come lui stesso dice:
“Sapevano cosa significasse vivere ai margini della società. Ricordo la mia reticenza nell’accettare l’invito dell’ufficio dell’arcivescovo di allora – pensando che, nel bel mezzo dell’epidemia, nessuno sarebbe venuto a sentire un messaggio evangelico di speranza e gioia, o che quelli venuti avrebbero avuto problemi con gli insegnamenti della Chiesa. Mi sentivo a disagio all’idea delle proteste e del rifiuto di quelli che pensavo fossero dissidenti e radicali di sinistra”.
Ma padre Rosica ha ricordato di essere rimasto “sorpreso”:
“Ciò che ho sperimentato quella settimana nella parrocchia parrocchia dell’Holy Redeemer sono stati giorni di profonda e commovente preghiera, di dialogo e di apertura alla parola di Dio. Se mai ho sentito di essere un costruttore di ponti, uno che può lenire le ferite, è stato in quella settimana. Lì ho sentito molte storie toccanti di vecchi e di donne di diverse etnie e dai loro amici gay che aiutavano spiritualmente i malati di HIV/AIDS a casa o negli ospedali, pregando con loro e soccorrendo chi, nel quartiere, era senza fissa dimora. Come parte della mia missione, ho passato ore ascoltando confessioni e visitando i malati che, per varie ragioni, erano (e si sentivano) lontani dalla Chiesa. Non dimenticherò mai la commovente celebrazione della messa e l’unzione degli infermi che quella sera d’estate portò in chiesa centinaia di persone“.
Rosica ha scritto di aver imparato una lezione forte da quell’esperienza:
“Molte delle persone gay che ho incontrato hanno rivelato una spiritualità ed una fede molto profonde. E quel che è più interessante, hanno chiesto a me e agli ministri della Chiesa, di essere persone compassionevoli e comprensive, e di non aver paura di insegnare il messaggio del Vangelo e della Chiesa con gentilezza e carità anche tra stili di vita ambigui, devastazione, disperazione e ostilità. Come Chiesa e come pastori, abbiamo ancora molta strada da fare per accogliere e ascoltare chi non conosciamo”.
Questo è quello che considero il passaggio più importante della sua riflessione: “Il vero insegnamento può cominciare solo quando si accolgono gli altri e si ascoltano le loro storie”.
Queste parole, così piene di vera saggezza cattolica, fanno da passaggio alla riflessione di padre Rosica sul libro di James Martin. Egli nota che il volume ha ricevuto molti attacchi feroci. Non penso che stesse parlando delle recensioni che hanno criticato punti specifici del libro, ma di altri attacchi lanciati con toni arrabbiati e distruttivi.
Padre Rosica scrive:
“Molte volte ho scosso la testa perplesso leggendo il veleno e il vetriolo presenti in certe critiche. Una cosa è muovere appunti e fare domande; un’altra è screditare e condannare gratuitamente. In molti commenti negativi ho sentito, palpabili, paura e rabbia. Lo scorso finesettimana mi sono imposto di leggere il libro tutto in una volta. Mi sono stupito che quel che avevo letto nei vari commenti, nei blog e nei messaggi di alcuni vescovi avesse ben poco a che fare con le pacate riflessioni di un noto gesuita, che semplicemente ha invitato le persone a costruire ponti con quelli che sono sulla riva opposta. Alcune critiche rivelano parecchio di chi le ha scritte, delle sue paure più profonde, della confusione, dell’incertezza, della rabbia e della frustrazione nei confronti delle persone a cui il libro è rivolto”.
Padre Rosica si concentra su uno dei punti più importanti del discorso di padre Martin: l’uso di un linguaggio appropriato nel riferirsi alle minoranze sessuali. Infatti nota che la sua proposta di usare un linguaggio più umano è ciò che hanno suggerito anche molti vescovi di tutto il mondo.
“Ho partecipato all’ultimo sinodo sulla famiglia e ho visto alcuni vescovi e cardinali coraggiosi sfidare i loro confratelli e gli altri delegati ad essere attenti al loro linguaggio nel parlare delle persone omosessuali. Sono grato specialmente al cardinale neozelandese John Dew che ha chiesto risolutamente di riesaminare il linguaggio ecclesiastico che etichetta le persone omosessuali come ‘intrinsecamente disordinate’. Queste espressioni non invitano al dialogo e non costruiscono ponti. Non importa quanto sia precisa la teologia scolastica nel cercare di descrivere la condizione umana, alcune parole fanno cilecca e finiscono col fare più male che bene. La realtà è molto più importante delle grandi idee filosofiche”.
Padre Rosica conclude con una richiesta ai cattolici: che critichino gli altri cattolici in maniera civile e costruttiva. Le sue parole in proposito sono molto istruttive:
“Senza la passione di costruire ponti, entrare in dialogo e ascoltare gli altri, la nostra missione di predicare il Vangelo di Gesù Cristo fallisce; predicare il Vangelo e pretendere di essere cattolici fedeli usando blog, video e messaggi per denigrare e condannare chi cerca di farlo non ha niente a che fare con il cristianesimo. Non è giusto usare il proprio status di religioso, o la propria autorità episcopale – o altre forme di potere – per respingere, disprezzare o frustrare gli sforzi di chi vuole semplicemente raggiungere chi sta ai margini – non va bene, i pastori e i servi di Dio non lo dovrebbero fare. Non ha niente a che fare con il Vangelo, e non è quel che siamo!”.
Si dovrebbe prestare attenzione alle parole di padre Rosica non solo riguardo alla discussione sul libro di padre Martin, ma in tutti i discorsi nella Chiesa cattolica sulle persone LGBT. Come nota il religioso basiliano il vero insegnamento può cominciare solo ascoltando le storie degli altri.
Testo originale: How a Vatican Priest Learned to Build Bridges from LGBT Catholics