Qual’è l’insegnamento della Chiesa cattolica su pregiudizio, discriminazione e diritti civili LGBTQ
Testo* di Francis DeBernardo** per “Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry“ (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ), serie di articoli pubblicati sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 28 luglio 2020, terza parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Nel 1983 la Conferenza Cattolica dello Stato di Washington, espressione dei vescovi locali, emanarono un documento intitolato Prejudice Against Homosexuals and the Ministry of the Church (Il pregiudizio contro gli omosessuali e i ministeri della Chiesa), in cui possiamo trovare una delle frasi più notevoli sulle persone LGBTQ provenienti dalla gerarchia cattolica: “[…] il pregiudizio contro gli omosessuali infrange le norme della morale cristiana molto più di quanto non facciano gli atti […] omosessuali”.
Perché questa frase è degna di nota? Se ricordate la seconda parte di questa serie, abbiamo scritto che la dottrina cattolica riguardante le tematiche LGBTQ diviene spesso un pomo della discordia tra due tradizioni morali cattoliche, quella dell’etica sessuale e quella della giustizia sociale. In breve, la tradizione dell’etica sessuale riguarda il comportamento sessuale, e stabilisce che in ogni atto sessuale dev’essere presente la dimensione procreativa; questo porta la Chiesa a proibire le relazioni sessuali gay e lesbiche, anche quelle che si svolgono in un ambito di impegno reciproco e di lunga durata.
La tradizione della giustizia sociale stabilisce come gli esseri umani debbano trattarsi in società, sottolineando l’uguaglianza e il rispetto per la dignità umana intrinseca in ognuno di noi; questo porta a sostenere che tutto (i comportamenti, le parole, gli atti, e anche le leggi) deve puntare al rispetto e alla protezione di chiunque, senza distinzioni, incluse quindi le persone LGBTQ.
La tensione tra queste due tradizioni è palpabile in molti documenti della gerarchia, e spesso si esprime in formule di questo tenore: “La Chiesa protegge la dignità umana delle persone LGBTQ e condanna ogni tipo di ingiusta discriminazione contro di esse. INOLTRE, la Chiesa insegna che gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso non sono moralmente permissibili. E/o la Chiesa crede che l’identità di genere sia determinata dal sesso, maschile o femminile, assegnato alla nascita”.
Ciò che rende degna di nota la dichiarazione dei vescovi dello Stato di Washington è che non pone le due tradizioni sul medesimo piano: la tradizione della giustizia sociale viene un poco prima quando si tratta di diritti gay e lesbici. Il documento sembra voler dire che il fatto che lesbiche e gay abbiano un’intrinseca dignità umana è molto più importante della dottrina riguardante la sessualità.
La dottrina avanza negli Stati Uniti e nel resto del mondo
La dichiarazione di cui sopra non è stata la prima in cui dei vescovi hanno condannato il pregiudizio e la discriminazione verso le persone LGBTQ. Come abbiamo già avuto modo di vedere, nel 1976 il vescovo di Brooklyn Francis Mugavero scrisse una lettera pastorale intitolata Sexuality: God’s Gift (La sessualità, un dono di Dio).
E non fu il solo. Nello stesso anno la Conferenza Episcopale Statunitense emanò una lettera pastorale intitolata To Live in Christ Jesus (Vivere in Cristo Gesù), di cui riportiamo alcune frasi: “Gli omosessuali […] non dovrebbero vedere negati i loro basilari diritti umani per via dei pregiudizi. Hanno diritto al rispetto, all’amicizia e alla giustizia, e dovrebbero avere un ruolo attivo nella comunità cristiana”.
Insegnamento ribadito nella lettera pastorale del 1991, Human Sexuality: A Catholic Perspective for Education and Lifelong Learning (La sessualità umana: un punto di vista cattolico per l’educazione e l’istruzione permanente): “Invitiamo tutti i cristiani e i cittadini di buona volontà a confrontarsi con la propria paura dell’omosessualità e di limitare l’umorismo e le discriminazioni che offendono le persone omosessuali. Sappiamo bene che l’orientamento omosessuale è già di per sé fonte di ansia, di dolore e di difficoltà nell’accettare se stessi, senza che la società debba aggiungerci i suoi pregiudizi”.
Nel corso degli anni ‘70, ‘80 e ‘90 decine di dichiarazioni ufficiali della gerarchia hanno ribadito la dignità umana di lesbiche e gay e invitato i cattolici a non discriminare, come si può vedere anche in molti piani pastorali stesi durante questo periodo.
Se esaminiamo tali documenti e piani pastorali, vedremo che non tutti vengono dagli Stati Uniti: anche vescovi e responsabili britannici, canadesi, francesi, neozelandesi e olandesi sostenevano l’uguaglianza e la dignità umana delle persone LGBTQ, e non solo: anche il Vaticano espresse sostegno. Leggiamo nella Lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali, pubblicata nel 1986 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede:
“Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.” (n. 10)
“In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità.” (n. 11)
Questa dottrina divenne molto conosciuta ed esplicita nell’edizione del 1994 del Catechismo della Chiesa Cattolica, che nel paragrafo 2358 recita: “Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”.
Una dottrina sempre sostenuta, anche a partire dalla fine degli anni ‘90, quando la Conferenza Episcopale Statunitense divenne più conservatrice. Nel 1997 il Comitato per il Matrimonio e la Vita Famigliare emanò Always Our Children (Sempre nostri figli), una lettera diretta ai genitori di lesbiche e gay che contiene anche consigli pastorali, e in cui si legge: “Nulla, nella Bibbia e nella dottrina cattolica, può essere utilizzato per giustificare pregiudizi o comportamenti discriminatori”.
Nel 2006 la Conferenza Episcopale affermò che la stessa Chiesa istituzionale dovrebbe stare molto attenta a non discriminare. Leggiamo nel documento intitolato Ministry to Persons with a Homosexual Inclination: Guidelines for Pastoral Care (Il ministero rivolto alle persone con inclinazione omosessuale: linee guida per la cura pastorale): “Le discipline della Chiesa dovrebbero proibire esplicitamente le ingiuste discriminazioni e i maltrattamenti rivolti a chiunque, anche alle persone con inclinazione omosessuale, e le denunce in tal senso devono poter essere giudicate”.
In quest’ultima citazione, la parola chiave è “ingiuste”. Esistono quindi delle discriminazioni “giuste”? Ma una “discriminazione”, nel campo delle relazioni sociali, non dovrebbe sempre essere “ingiusta”? È importante prendere nota di questa parola, perché viene spesso usata da vescovi e altri responsabili quando parlano di questioni LGBTQ. Essa non viene definita esattamente, ma spesso viene intesa nel senso che i vescovi si riservano il diritto di discriminare quando ritengono che la libertà religiosa della Chiesa sia sotto attacco.
Non sono a conoscenza di nessuna diocesi [statunitense] che abbia stabilito delle procedure per giudicare le denunce di discriminazioni, e questo è molto importante, visto che molte persone LGBTQ hanno perso il loro lavoro nelle istituzioni cattoliche. Nei resoconti di oltre cento vertenze occupazionali in decine di diocesi non c’è traccia delle procedure auspicate. È un’assenza deludente (può darsi che da qualche parte siano state implementate, e gradirei venirne a conoscenza), che dovrebbe incoraggiare le parrocchie a mettere in piedi ministeri LGBTQ, per far progredire la missione della Chiesa e anche la dottrina, se i vescovi latitano.
Il rispetto per le persone transgender
Nel corso dei decenni il movimento lesbico/gay/bisessuale è cresciuto fino a includere al suo interno le persone transgender e queer, due gruppi con cui la Chiesa sta tutt’ora cercando faticosamente di venire a patti. Nel documento Maschio e femmina li creò, emanato dalla Congregazione Vaticana per l’Educazione nel 2019, si legge un esplicito sostegno alla dignità umana delle persone transgender e gender non-conforming: “Un punto di incontro è l’educazione dei bambini e dei giovani a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste. Si tratta di un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, in cui tutte le espressioni legittime della persona siano accolte con rispetto” (n. 16).
Perché questo passo è importante, se vogliamo cominciare a sviluppare un programma LGBTQ nella nostra parrocchia o comunità? Forse soprattutto perché pochi conoscono questa parte della dottrina cattolica. La maggior parte dei cattolici, nella parrocchia media, sente parlare più spesso di morale sessuale che di giustizia sociale, e molto spesso i media rendono pubbliche le dichiarazioni negative della gerarchia verso le persone LGBTQ, invece delle cose positive che pure i vescovi dicono.
Questa parte della dottrina cattolica riguardante le questioni LGBTQ ha a che fare molto meno con le persone LGBTQ che con la Chiesa e la società in generale, in quanto le invita a modificare i loro comportamenti scorretti, le loro convinzioni errate e le loro idee false sulle persone LGBTQ.
Un’altra ragione importante è che molte parrocchie hanno capito che se vogliono accogliere le persone LGBTQ, lo staff pastorale e i parrocchiani devono prima impegnarsi a combattere la propria omofobia e transfobia. Se non lo fanno, rischiano di cercare di accogliere le persone LGBTQ in una comunità che non è pronta a trattarle con dignità e rispetto.
Negli anni ‘90 lavoravo con una parrocchia di periferia il cui comitato per la giustizia sociale voleva far partire un ministero LGBTQ. Quando li incontrai, un signore volle chiarire di non essere “in sintonia” con quel progetto: “Tutti sono i benvenuti qui. Non capisco perché dobbiamo accogliere qualcuno in modo speciale”. Al nostro primo incontro gli fornii alcuni dei documenti ufficiali di cui sopra, e anche alcune informazioni sull’esperienza vissuta di gay e lesbiche.
Due mesi dopo, all’incontro successivo, quel signore aveva cambiato completamente idea: “Ho capito finalmente che dobbiamo saperne di più, non per gli altri, ma per noi stessi. Anche se nessun gay e nessuna lesbica busserà alla nostra parrocchia, non possiamo definirci una vera comunità eucaristica basata sul Vangelo se non facciamo i conti con l’ignoranza e la paura che abbiamo nel cuore”.
La testimonianza di quest’uomo ci ricorda che i ministeri LGBTQ non riguardano solamente le persone LGBTQ, perché costituiscono un rinnovamento della vita e della fede di tutta la comunità, e aiutano tutti a scoprire la propria identità più autentica.
* Questo post è il terzo di una nuova serie di New Ways Ministry, Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ). Tutto il materiale presentato in questa serie appartiene all’associazione New Ways Ministry (Stati Uniti), e può essere utilizzato per scopi pastorali ed educativi citando New Ways Ministry come fonte.
** Francis DeBernardo lavora per New Ways Ministry dal 1992, prima come volontario poi, a partire dal 1994, come membro dello staff; dal 1996 è direttore esecutivo. Propone iniziative riguardanti cattolicesimo e tematiche LGBT nelle parrocchie, nelle diocesi, centri conferenze, università e comunità religiose in tutti gli Stati Uniti. È autore del libro Marriage Equality: A Positive Catholic Approach (Il matrimonio omosessuale. Un punto di vista positivamente cattolico). È redattore e autore di Bondings 2.0, blog quotidiano di notizie e opinioni sulle tematiche LGBT nella Chiesa Cattolica. Suoi articoli sono apparsi nelle riviste The National Catholic Reporter, Commonweal, The Advocate e The American Catholic. È stato l’oratore di punta alla conferenza su religione e tematiche LGBT tenutasi al primo World Pride di Roma nel 2000; è intervenuto anche alla conferenze interfede in occasione del World Pride di Londra nel 2012.
Testo originale: Next Steps: Catholic Church Teaching About Prejudice, Discrimination, and LGBTQ Civil Rights