Scoprirsi gay e dover dimenticare Dio per andare avanti
Testimonianza di Jean Philippe pubblicata sul mensile glbt Tétu (Francia) n.192 dell’ottobre 2013, pp.119, liberamente tradotto da Marco Galvagno
I miei genitori sono cristiani evangelici e tutta la famiglia era abituata ad andare in chiesa dalle cinque alle sei volte alla settimana. Ho vissuto bene questo modo di vivere fino a che verso i 15 anni ho iniziato a guardare i ragazzi.
Non sapevo cosa avvenisse dentro di me, poiché in chiesa la sessualità era un tema poco trattato e l’omosessualità, ancora meno. Poi un giorno, a 18 anni mia madre frugando sul mio profilo internet ha scoperto la mia relazione con un ragazzo, di un’altra congregazione e mi ha costretto a lasciarlo.
Ho fatto molta fatica a farlo. Ne ho parlato al responsabile dei giovani in chiesa, ai miei amici più vicini e hanno tutti deciso di battersi al mio fianco, purché fossi liberato dal peccato.
La religione ci ha insegnato che il digiuno ci avrebbe riportato a Dio e ci avrebbe permesso di vincere le tentazioni e di raggiungere la guarigione.
Allora pregavo e digiunavo nella speranza di avere risposte sull’omosessualità ed esserne liberato. Per un anno ho cercato di convincermi che potevo cambiare, ma non ci riuscivo.
Poi ho deciso di cercare aiuto fuori e ho conosciuto un ragazzo gay vicino a casa. Ha saputo fornirmi argomenti che mi hanno aperto gli occhi. Mi hanno sempre detto che l’omosessualità era da condannare e che sarei finito all’inferno. Da quattro anni me ne sono andato dalla chiesa e queste parole risuonano ancora nella mia mente. Si sono credente, ma cerco di dimenticare ciò in cui credo per andare avanti.
Titolo originale: Jean Philippe, 21 ans, Rouen