Si può essere omosessuali e cattolici?
Brano di Daniel A. Helminiak tratto da “Catholicism, Homosexuality and Dignity” di DignityUsa, liberamente tradotto da fra Roberto
L’insegnamento cattolico ufficiale richiede che le persone omosessuali si astengano dal sesso. Ma la Chiesa cattolica insegna anche solennemente che ogni persona è obbligata a formare la sua coscienza responsabilmente ed accuratamente, ed a seguirla come l’ultima risorsa in ogni decisione morale. Né la Scrittura, né la Tradizione, né la teoria della legge naturale, né la scienza umana, né l’esperienza personale, appoggiano in modo dimostrabile l’insegnamento ufficiale cattolico sull’immoralità degli atti omosessuali.
La risposta è naturalmente positiva. Il problema infatti non riguarda l’insegnamento pubblico della Chiesa ma è solo un problema di coscienza chiamata ad applicare la dottrina cattolica con un discernimento che varia da caso a caso.
Nel 1975 il Vaticano pubblicò una Dichiarazione su certe questioni riguardanti l’etica sessuale. Una di queste questioni era l’omosessualità. L’autore principale di quel documento fu Frate Jan Visser, Religioso Redentorista.
In un’intervista pubblicata in un’edizione di L’Europa (30 gennaio del 1976), egli affermò: “Quando si ha a che fare con alcune persone che sono tanto profondamente omosessuali da manifestare seri problemi personali e forse sociali, nel caso in cui sono impediti a vivere una relazione con un compagno stabile nel rispetto della loro omosessualità – allora può essere raccomandabile che cerchino tale relazione, e noi dobbiamo accettare che questa relazione è la cosa migliore che possono fare nella loro situazione presente“.
Uno, dunque, degli stessi uomini che formularono l’insegnamento del Vaticano sulla “negatività” degli atti omosessuali, riconosce che in alcuni casi particolari, si può permettere o addirittura perfino raccomandare una relazione omosessuale.
In modo molto simile si espressero i vescovi canadesi nel 1968, parlando dei cattolici che dissentono con la dottrina cattolica sulla contraccezione: “Dato che non stanno negando nessun punto della fede divina e cattolica, né stanno respingendo l’autorità didattica della Chiesa, questi cattolici non devono considerarsi esclusi del corpo dei fedeli“.
Come è possibile fare ciò che la Chiesa reputa un male e non considerarsi in peccato?
Secondo l’insegnamento della Chiesa cattolica, male e peccato non sono sinonimi. Il male è danno, disordine, distruzione: appartiene al mondo esterno ed oggettivo. Il peccato è invece un attitudine generale piuttosto che un’azione particolare. Il peccato è distanziarsi di Dio; appartiene al cuore.
Pecchiamo quando facciamo volontariamente quello che crediamo che non vada fatto. Allora nel nostro cuore optiamo per il male e ci allontaniamo da Dio che è buono, anzi Bontà.
Partiamo dal presupposto che ciò che si fa non si può mai considerare “male” in modo assoluto. Ma se tu credi che sia cattivo e tuttavia lo fai, questo è peccato! O può darsi anche che quello che fai sia in realtà veramente “male”, ma se onestamente tu pensi che non lo è e lo fai, allora, il tuo cuore non è assolutamente colpevole.
Puoi essere accusato di ignoranza, ingenuità o stupidità, perfino di essere un soggetto pericoloso, ma se mai hai smesso di “informare correttamente” la tua coscienza e operi secondo i suoi dettami, allora non sei in peccato.
La Chiesa insegna cos’è il Bene e il Male, ma non dice mai chi è il peccatore. Solo Dio ci conosce nell’intimo del cuore. E così molte persone omosessuali semplicemente non credono che il sesso gay sia un male. Cosicché fanno quello che reputano meglio per sé stessi, benché la dottrina ufficiale cattolica dica che gli atti omosessuali sono di per sé “cattivi”.
Anche in questo caso, secondo l’insegnamento della Chiesa stessa in materia di coscienza, queste persone non peccano nel loro cuore né davanti a Dio.
Non sono dunque neanche tenute a confessare quello che non considerano peccato, e possono partecipare ai sacramenti della Chiesa.
.Testo originale: Catholicism, Homosexuality and Dignity