Szájer: il cristianissimo europarlamentare ungherese e l’orgia gay
Riflessioni di Massimo Battaglio
Sta circolando una notizia che farebbe morir dal ridere se non ci fosse da disperarsi. L’europarlamentare ungherese József Szájer è stato beccato sabato scorso nel pieno di un’orgia a Bruxelles insieme ad altre ventiquattro persone. “Erano per la maggior parte uomini”, sottolineano alcuni giornali. “Quasi tutti uomini”, rincarano altri. “Un’orgia gay”, chiariscono altri ancora.
Viene spontaneo dire: e allora? Fatti suoi, no? La politica deve essere separata dal privato. Non è, per caso, che ci mettiamo a fare i moralisti solo perché Szájer è di estrema destra? Ma come siamo strumentali! E anche un tantino ideologici. Quasi quasi, mi do del cattocomunista da solo (visto che gli altri me lo danno da una vita).
Già. Solo che il fatto di essere “di estrema destra”, o meglio, di essere stato per anni il leader del partito sovranista ungherese Fidesz in compagnia di Orban, dà tutt’altro sapore ai fatti “privati” dell’onorevole. Il quale è noto, come tanti altri sovranisti anche nostrani, per il suo costante strombazzare di valori cristiani, tradizionali e non negoziabili.
Nel 2011, Szájer è stato il più influente membro della commissione per la revisione della Costituzione ungherese. Dalle sue personali bozze si è costruito e approvato un documento costituzionale che, al primo articolo, chiama in causa il cristianesimo:
“Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione”.
Roba che, a noi italiani, col papa in casa e il prete sempre alla porta, farebbe rabbrividire. E non solo perché si mette una particolare religione al di sopra delle altre, ma perché, nell’assurda pretesa di esaltarla, la si riduce esplicitamente a strumento per la preservazione della nazione. Praticamente: l’Ungheria è conservatrice perché crede in un Dio conservatore e i suoi cittadini devono adeguarsi.
Al secondo articolo si scopre quali siano i principali “valori cristiani” a cui gli ungheresi dovrebbero uniformarsi:
“la vita del feto è protetta dal momento del concepimento”.
Nemmeno nel decalogo di Mosè (il cui proposito non è di governare uno Stato moderno) si parla di aborto subito dopo il primo comandamento. Anche lì si comincia con “non avrai altro Dio all’infuori di me” ma, prima di arrivare a toccare il tema della sacralità della vita, ci sono di mezzo altri tre comandamenti: non nominare il nome di Dio invano, ricordati di santificare le feste, onora il padre e la madre. E anche quando si arriva finalmente al “non uccidere”, non si specifica se il divieto comprenda o meno le persone ancora in stato embrionale. Si lascia un vuoto che ha fatto discutere i teologi di tutti i tempi. Szájer invece va diritto al punto che gli interessa: non abortire. Sottinteso: è roba da femministe.
Il decimo articolo è dedicato al matrimonio (quello “tradizionale”, manco a farlo apposta). Esso è definito esplicitamente come “unione tra uomo e donna” e prevede la protezione della famiglia “come la base per la sopravvivenza della Nazione”.
Dove sono i concetti di società naturale, di uguaglianza morale dei coniugi, di reciprocità e solidarietà? Niente: il matrimonio serve per la sopravvivenza nazionale; per dar dei figli alla Patria. Dunque, solo maschio e femmina, come Dio li creò.
Ci si aspetterebbe dunque che il principale autore di una Costituzione che si permette così tanto di impossessarsi dell’intimo dei cittadini, avesse una moglie di sesso femminile (e, almeno ufficialmente, ce l’ha), dei figli (e anche qui siamo a posto), e un senso della nazione talmente alto da impedirgli di fare fesserie anti-igieniche in piena pandemia.
Invece fa tutto il contrario. Per dirla con San Paolo, a lui molto caro, József Szájer è uno di quelli che “lasciando il rapporto naturale con la loro donna, si accendono di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini”. Mai sentita?
Sì sì, lo so che quelle parole vanno contestualizzate e che non sono una condanna all’omosessualità. Per carità: sono io il primo a dirlo. Ma lui no. Lui sta con quelli convinti del contrario, e cioè del fatto che San Paolo, divorato da sacro zelo omofobo, ci rivelerebbe che la principale preoccupazione di Nostro Signore sia di stramaledire le persone omosessuali.
Su un punto, sono d’accordo con loro: le orge, gay e non, sono davvero ignominiose. Soprattutto per chi parla della coppia “uomo e donna” come “base per la sopravvivenza” di una Nazione che si dice fondata sul cristianesimo. Forse avrebbe fatto bene a specificare che stava pensando a una coppia aperta.
L’onorevole Szájer è solo uno dei tanti difensori autoproclamati di Santa Romana Chiesa. Da noi ce n’è un altro che sventola rosari e urla che la prima messa di Natale va celebrata a mezzanotte precisa perché prima deve portare i doni alle sue numerose mogli. Oltre oceano c’è quello che giura sulla Bibbia che un poliziotto che ammazza un cittadino fa cosa buona e giusta, specialmente se il cittadino è nero. L’hanno recentemente defenestrato ma non l’ha presa molto bene. In Vaticano c’è un quintetto di sottane rosse che non perdono occasione per tenere bordone all’uno e all’altro. Uno dei cinque ha fatto la stessa fine dell’americano, solo un po’ più ingloriosa, con accuse di nepotismo, peculato e altre amenità.
Sembra che, per essere reazionari, tocchi prima essere ipocriti.