Tornare nella propria comunità di fede con un coming out
Testo tratto da Coming Home: To Faith, To Spirit, To Self (Tornando a casa: alla fede, allo spirito, a se stessi) edito dalla Human Rights Campaign Foundation (USA) nel 2014, pp.7-10, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Vivere apertamente in una comunità di fede può essere impegnativo, ma le potenziali ricompense sono enormi. Mentre si respira una nuova vita negli angoli più nascosti di se stessi, si scoprono nuove risorse spirituali e si guadagna l’opportunità di condividere questa saggezza, conquistata a fatica, con gli altri. Si diventa testimonianza viva che la fede e l’identità LGBT non si escludono a vicenda – che noi esistiamo e prosperiamo in tutte le fedi, ovunque.
È possibile che fare “coming out” nella propria comunità di fede renda le persone non proprio così ben disposte. Ma, aprendosi in uno luogo di culto, si dà a queste stesse persone l’opportunità di amarci in maniera più completa e onesta. Questo aiuta la comunità a diventare più spiritualmente comprensiva dei bisogni di tutti. Così come si può aver bisogno di lungo tempo per vivere apertamente con noi stessi e gli altri, può darsi che la comunità abbia bisogno di tempo per venire a patti con il nostro orientamento sessuale o la nostra identità di genere.
Ricordate che questo cambiamento è imprevedibile. Può iniziare lentamente e poi aumentare esponenzialmente velocità. Anche se le reazioni iniziali possono essere di disappunto, queste con il tempo si possono attenuare. Un piccolo avvertimento: si può pensare che i costi emotivi e spirituali insiti nell’essere aperti con la propria comunità siano troppo alti.
Abbiate fede nel vostro giudizio e prendetevi il tempo che occorre. … Cercate un aiuto su queste questioni che riguardano i vostri bisogni e la vostra esperienza. Ricorda il viaggio è tuo. Sei tu che devi decidere la via e il ritmo.
CONDIVIDERE I PROPRI DONI
“Nelle nostre chiese evangeliche preghiamo spesso per la benedizione di Dio e Lui ce le manda con grazia. Ma riceviamo davvero tutto ciò che Dio ci dà? Io penso di no. È come se Dio ci facesse dieci regali ogni anno per Natale ma noi ne aprissimo nove e ne chiedessimo altri. Ciò che intendo è che Dio da molto tempo spande benedizioni sulla Chiesa tramite i doni dei nostri amici LGBTQ, ma noi abbiamo troppa paura di aprirli. Certamente questo diminuisce ciò che siamo come Chiesa e sembra una mancanza di gratitudine per tutto ciò che Dio sta riversando su di noi” (Reverendo Mark Tidd)
VALUTARE LA FEDE DELLA PROPRIA COMUNITÀ
È statisticamente provato che la gente che ha incontrato ed è diventata intima delle persone LGBT hanno più probabilità di essere accoglienti e di attivarsi per la loro uguaglianza. E ciò che è vero per le singole persone, è vero per le comunità in cui sono inserite. Spesso il problema è che nessuno vuole fare il primo passo. Molti leader religiosi sono pronti ad accogliere, ma aspettano che i membri si facciano avanti. I potenziali simpatizzanti sono pronti anche loro, ma aspettano che i leader diano il la. Comprensibilmente, i membri LGBT aspettano spesso un chiaro segnale di essere completamente e realmente accolti. Se si vuole vivere apertamente nella propria comunità è importante avere un’idea chiara della sua personalità complessiva, del suo spirito, della sua capacità di aprirsi ad idee nuove. Per dare un’idea precisa, considerate le seguenti questioni:
COSA SO DEL MIO PASTORE?
Parla dal pulpito di apertura e diversità? Parla delle persone LGBT? Se sì, in quale contesto? Si occupa di questioni controverse? Chi cita dal pulpito? A chi guarda come propria guida spirituale?
“Subito dopo che la Chiesa Metodista Unita (UMC) decretò una nuova regola che stabiliva che ‘i gay dichiarati non potevano essere ordinati nella chiesa’ un membro della congregazione che conoscevo da tre anni venne da me gravemente turbato, piangendo e aprendomi il suo cuore, dicendomi che stava lasciando la Chiesa. Ne era stato membro tutta la vita. Si svelò a me e iniziò a dirmi com’era essere gay nella Chiesa e nella società, come fosse pesante e doloroso che la propria Chiesa gli dicesse che era meno morale, meno umano e meno dignitoso, a causa di chi amava, di quelli che non erano gay. Sono state la sua integrità e la sua dignità a spingermi a riconsiderare le mie idee sull’omosessualità, studiare la posizione della Chiesa, e quindi iniziare a metterla in discussione. Lui ha fatto la differenza.” (Reverendo Jimmy Creech, Chiesa Metodista Unita)
Testo originale (PDF): Coming Home to Faith, to Spirit, to Self