Viaggio nell’inferno delle chiese evangeliche che vogliono curare i gay
Articolo di Julian Borger pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 26 agosto 2005, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Love in Action International è situata su un ripido pendio della zona nord di Memphis. Il tetto fortemente spiovente della chiesa modernista tutta angoli si offre come faro di speranza per gli omosessuali riluttanti di tutto il mondo, vale a dire ogni gay e ogni lesbica del pianeta, secondo il reverendo John Smid, a capo di questo gruppo evangelico che ha come missione correggere le persone omosessuali: “Noi speriamo di poter aiutare uomini e donne a vincere… schemi mentali controproducenti al loro cammino in Cristo” dice il pastore durante il soffocante pomeriggio del Tennessee mentre mi presenta alcuni sostenitori di Love in Action nel nuovo quartier generale della missione. Una ventina di benefattori, per lo più anziani, fanno il giro della sede, come una scolaresca. Una di loro, Anne Layne, ci confida che il suo sostegno finanziario al gruppo nasce da un’esperienza amara: “Il mio primo marito mi ha piantata in asso con due bambini. Non sapevo assolutamente che fosse gay”.
Nel 1980 il reverendo Smid abbandonò sua moglie e le sue due figlie in circostanze simili: aveva deciso che era gay. L’autobiografia condensata che ci porge è insolitamente esplicita per essere un documento ecclesiale: rivela infatti la sua antica “abitudine compulsiva alla masturbazione” e le sue esperienze omosessuali. Dopo quattro anni, però, il pastore Smid visse un’epifania religiosa che lo riportò all’eterosessualità e al matrimonio. Attribuisce tutta questa confusione alla sua famiglia, soprattutto alla decisione dei genitori di parcheggiarlo presso una parente a causa delle loro liti e alle avances sessuali da parte di “un adulto che è stato importante nella mia vita” quando aveva dieci anni. Love in Action vuole proprio portare alla luce tali traumi infantili.
“L’omosessualità nasce sempre da una visione distorta di se stessi”: la missione della sua vita consiste nel dipanare queste matasse attraverso una terapia di gruppo e rigide regole di comportamento che mirano a eliminare la “falsa immagine” che le persone omosessuali hanno di se stesse. Le regole assommano a tredici pagine: impongono di “riferire a un membro dello staff ogni tentazione, fantasia o sogno” e stabiliscono che “gli uomini non devono avere né barba né baffi, mentre le donne devono rasarsi le ascelle almeno due volte la settimana”. Anche il vestiario è controllato: Abercrombie and Fitch e Calvin Klein sono banditi.
Questo stile di conversione è generalmente conosciuto come “terapia riparativa” e si sta diffondendo in questo Paese sempre più evangelicale. In Gran Bretagna esiste solo una organizzazione anglicana di “ex gay” ma ce ne sono almeno 120 negli Stati Uniti secondo Exodus International, un network di “ex gay”. Fuori da Washington, dei cartelloni mostrano uomini belli e sorridenti che annunciano “Gli ex gay dimostrano che cambiare è possibile”. È un’industria in pieno boom, che viene costantemente rifornita di persone infelici provenienti da famiglie rigidamente cristiane, i cui desideri sessuali cozzano contro la loro fede. Gli adulti pagano migliaia di dollari sperando in una “cura”, ma il reverendo Smid si è trovato al centro di polemiche a causa del suo programma per adolescenti, che vengono mandati da lui per lo più contro la loro volontà.
Uno di loro, Zach Stark, un sedicenne ribelle, ha chiesto aiuto sul web e ha acceso un dibattito a livello nazionale: “È come stare nell’esercito” ha scritto lo scorso maggio nel suo blog: “Anche se diventerò etero, sarò così depresso e mentalmente instabile che non avrà alcuna importanza”. Il caso di Zach ha sollevato l’indignazione di molti gruppi LGBT, che hanno manifestato fuori dalla sede di Love in Action chiedendo la sua liberazione. Del caso si è molto parlato nei media. Il padre di Zach, Joe, è comparso su Christian Broadcasting Network e ha difeso la sua decisione. Il reverendo Smid non ha intenzione di chiedere scusa: “Pensiamo che spetti ai genitori intervenire” e aggiunge che solo uno dei 27 adolescenti che hanno preso parte al programma giovanile Refuge non lo ha terminato. All’inizio di questo mese Zach ha postato un nuovo intervento sul suo blog: “Non ho subito pressioni per fare nulla che avrebbe potuto nuocermi”, dopo di che più nulla si è saputo di lui.
Ora le autorità del Tennessee stanno conducendo un’inchiesta per stabilire se Love in Action offra terapie senza l’apposita licenza. Il reverendo Smid ha cancellato i riferimenti alla “terapia” e al “piano di cura” dal suo sito ma secondo molti il suo programma può essere dannoso per la psiche. Jeff Harwood, un gay cristiano che ha seguito il programma per tre anni negli anni ‘90, dice che “era una cosa molto emotiva, scavavano per sapere quello che avevi fatto… più a fondo scavavi, più eri considerato”. Jeff terminò il programma convinto di essere “guarito”. Cominciò a uscire con una donna ma la relazione non funzionò e gli antichi impulsi ritornarono, il che lo fece andare in crisi: “Mi dissi ‘è così’. Dio non è nient’altro che un sadico cosmico. Ero seduto nel bagno con un coltello e mi chiedevo se era meglio tagliarmi i polsi o evirarmi”. Un amico lo convinse a non uccidersi e ora, all’età di 41 anni, si è riconciliato sia con la sua omosessualità che con la fede cristiana. Dei quasi 40 “diplomati” del programma di Love in Action che conosce, più di metà sono ancora apertamente gay e solo il 12% si considera ex gay.
A Love in Action la pensano diversamente. Secondo Gerard Wellman, 24 anni, amministratore finanziario del programma che lui stesso ha frequentato con successo, il 70% di chi termina il programma dice che funziona. Poi aggiunge: “Omosessuale è una parola che descrive il comportamento, non le persone”. Ma altri dicono di non essere cambiati o di essere rimasti traumatizzati. Uno di loro, John, dice di aver odiato ogni singolo istante passato lì: “Esprimi le tue emozioni davanti a gente che non conosci. Era una cosa molto orwelliana, destabilizzante. Volevano sapere tutto sulle mie avventure sessuali e te le facevano rivangare in continuazione. Diventi ossessionato dalle cose che sono avvenute in passato. Non capisco come si possa fare una cosa simile a un’altra persona”.
Testo originale: Straight and narrow: church’s ‘gay cure’