Visibilità, si o no. Non abbiate paura!
Riflessioni di Gianni Geraci tratte dal bollettino de “Il Guado” n.61, aprile-giugno 1997, pp.21-24
Dentro e fuori i gruppi omosessuali, il dibattito sulla visibilità va avanti da molto tempo e oscilla tra due atteggiamenti estremi che, semplificando molto, si riassumono così:
1. In quanto omosessuale non posso demandare ad altri il compito di rappresentare le mie esigenze e di rivendicare i miei diritti: per aiutare gli ambienti che frequento ad accettare l’omosessualità, debbo fare il mio “coming out”. Solo così ho la possibilità di guarire la società di cui sono parte dall’omofobia da cui è affetta.
2. Non vedo cosa centri un fatto privato come le mie preferenze sessuali con la necessità di andarlo a sbandierare a destra e a manca, l’importante è il grado di accettazione che ho di me stesso e il resto sono solo menate politiche di qualche fanatico che ha trasformato la propria omosessualità in un mestiere.
Ma quale è l’atteggiamento che un cristiano omosessuale deve avere nei confronti di queste due posizioni estreme? Può in qualche maniera l’esperienza del Vangelo darci una mano nel capire quale è il giusto grado di visibilità per ciascuno di noi?
Per rispondere a queste domande ecco di seguito una serie di spunti tratti dall’esperienza personale di chi ha partecipato all’incontro.
Accettatevi. Solo chi si accetta può comunicare tranquillamente agli altri propria omosessualità: il primo lavoro che dobbiamo fare è quindi quello di riconciliarci con la nostra storia personale. E’ questo compito primario che ci aspetta, ed è partendo da questo compito che giochiamo la nostra vocazione cristiana di omosessuali.
Siate prudenti! “La Prudenza – scrive San Tommaso – è quella virtù senza la Quale nessun’altra virtù è una virtù”. Ha perfettamente ragione! Il cristiano deve essere sempre prudente: deve tener conto, prima di agire, delle conseguenze delle sue azioni; deve cercare, nei limiti del possibile, di orientare tutte le sue scelte a criteri di opportunità.
Conviene quindi evitare scelte di cui ci si può, in un secondo tempo, pentire; conviene inoltre non alimentare l’omofobia di chi ci sta intorno con atteggiamenti esibizionisti; conviene infine valutare le capacità dei nostri interlocutori in modo da non dare loro in carico un fardello più grande di quello che possono portare.
Non abbiate paura! Essere prudenti non significa però avere paura La paura è, in sostanza, il lato irrazionale della prudenza. Spesso la prudenza ci consiglia di agire, perché le circostanze richiedono un nostro intervento; immediatamente la paura ci spinge a non fare nulla, perché spaventati da mille improbabili conseguenze delle nostre azioni.
Il credente sa che Gesù Cristo ha vinto il mondo e non deve affatto farsi guidare dalla paura: una volta valutata l’opportunità di un suo “coming out” per i , motivi più vari (approfondire un’amicizia, avere una maggiore libertà, servire meglio gli altri omosessuali ecc.), non deve farsi prendere dall’agitazione, ma deve portare avanti fino in fondo le scelte che ha fatto.
Col tempo potrebbero rivelarsi sbagliate, ma la fiducia nella potenza divina ci dovrebbe aiutare a vincere anche questa paura. “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare! – recita il deuteronomio – e quando è il momento di parlare occorre farlo senza indugi.
Cercate sempre di dire la verità. E’ sempre meglio essere trasparenti con coloro che ci vivono vicino: la cosa ci permette di vivere più serenamente. senza ansie superflue e senza funambolismi esistenziali. E’ quindi opportuno preparare i nostri cari, i nostri amici e quanti altri è il caso che lo sappiano alla “grande notìzia”.
Magari, dopo anni di lavoro, ci accorgeremo che non sono ancora pronti per riceverla! Questo fatto non ci esime dal compito di provare a prepararli con delicatezza, con intelligenza e con amore.
Chi è visibile può dare di più. Chi può esporsi senza problemi ha delle opportunità di servizio senz’altro maggiori. La testimonianza aperta di un’omosessualità vissuta serenamente al servizio degli altri, è il più grande contributo che ciascuno di noi può dare per vincere l’omofobia di molte persone e per creare una società capace finalmente di accettare le diversità.
In questo senso sono indicativi, in Italia, i differenti percorsi che hanno avuto il movimento omosessuale e quello particolare degli omosessuali credenti: il primo si è avvalso del contributo di alcuni personaggi che hanno saputo giocarsi in prima persona, diventando un vero e proprio punto di riferimento per i tanti che non avevano ancora osato esporsi: il secondo ha vivacchiato tra entusiasmi e paure, bloccandosi ogni qual volta c’era la necessità di dare un nome, un cognome e un volto alle istanze che si portavano avanti.
Accettiamo i limiti di ciascuno. E’ questa, una conseguenza del grande spirito di tolleranza che ci dovrebbe animare: ciascuno deve fare tutto il possibile per dare alla causa dell’emancipazione omosessuale il suo personale contributo; ciascuno deve essere rispettato quando le circostanze non gli permettono di dare il massimo.
C’è chi corre i cento metri in meno di dieci secondi e chi ha bisogno di quasi un minuto: ciascuno è chiamato ad arrivare in fondo con i ritmi che gli sono propri e con l’umiltà di chi non disprezza quanti arrancano dietro di lui.
Cercare sempre la volontà di Dio. Cosa c’entra questo con la visibilità? C’entra, come del resto c’entra con tutte le faccende della nostra vita. Prima di fare qualunque scelta chiediamoci sempre: “Lui cosa vuole che io faccia?”. La risposta è inutile cercarla: il più delle volte non arriva e quando arriva ha sempre la debolezza della nostra incapacità di capire.
Usiamo allora la nostra testa e offriamo al Signore il nostro desiderio di amarlo e di sentirlo in tutti i momenti della nostra vita: il suo sguardo sorridente ci seguirà sempre e se siamo veramente fiori strada ce lo farà capire di sicuro!