26 giugno 1977. Quando gay e lesbiche spagnoli manifestarono per la prima volta
Articolo di João França pubblicato sul sito El Diario (Spagna) il 25 giugno 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
A pochi giorni di distanza dalle prime elezioni democratiche dopo la morte di Franco, una organizzazione clandestina indisse una manifestazione sulle Ramblas di Barcellona che avrebbe fatto storia. Era il Front d’Alliberament Gai de Catalunya (Fronte di Liberazione Gay di Catalogna, FAGC), che per la prima volta in Spagna scendeva in strada per rivendicare i diritti di gay e lesbiche. “Dovevamo conquistare la nostra libertà nel momento in cui il resto della popolazione otteneva la sua” ricorda Eliseu Picó, uno dei fondatori del FAGC. Per questo, dopo la chiamata alle urne del 15 giugno 1977, organizzarono la loro prima manifestazione domenica 26 giugno.
Certamente il movimento non nasce in quel momento. Già dal 1970 si andava organizzando una risposta alla Legge sulla Pericolosità e la Riabilitazione Sociale approvate quell’anno dalle Cortes [Parlamento] franchiste, un’evoluzione della Legge sui Vagabondi e i Delinquenti varata già durante la Repubblica, che nel 1954 venne estesa all’omosessualità. Comincia a prendere forma quello che più tardi sarà il Movimiento Español de Liberación Homosexual (Movimento Spagnolo di Liberazione Omosessuale, MELH), i cui promotori per prima cosa inviarono delle lettere anonime ai vescovi che sedevano alle Cortes e più tardi, con l’appoggio della rivista francese Arcadie, fecero recapitare a tutti i membri della Camera informazioni sull’omosessualità e la legge.
“Fu il nostro primo risultato, che ci diede il coraggio di proseguire perché accese un dibattito alle Cortes, in seguito al quale la legge non perseguiva più gli omosessuali per il solo fatto di esserlo, bensì per aver commesso atti, al plurale, di omosessualità” spiega Armand de Fluvià, uno dei promotori del movimento. A partire da quel momento il MELH proseguì il suo lavoro: nel 1972 iniziò a pubblicare una rivista, Aghois, inviata per posta dalla Francia ai “valorosi abbonati” e che cercava di spezzare la solitudine degli omosessuali.
Le forze dell’ordine non perseguivano gli omosessuali così accanitamente come facevano con i militanti politici, tuttavia molti venivano incarcerati e nelle città di Badajoz e Huelva esistevano delle carceri a loro destinate: “In pratica [si incarcerava] a partire dalle denunce dei famigliari e dei vicini. In quel periodo erano vive le problematiche del disprezzo di sé e dell’omofobia interiorizzata, della mancata accettazione di sé, per di più nel contesto di una cultura nazionalista e cattolica in cui la Chiesa imponeva una determinata morale” spiega Jordi Petit, fondatore della Coordinadora Gai-Lesbiana de Catalunya (Coordinamento Gay e Lesbico di Catalogna) e in seguito segretario generale della International Lesbian and Gay Association (Associazione Internazionale Lesbica e Gay, ILGA), il quale a quel tempo accettò la raccomandazione di indossare il cilicio per “educare la volontà”.
Senza dubbio la repressione franchista non colpiva con la stessa intensità gli uomini e le donne: “Come sempre, la sessualità di noi donne non viene riconosciuta, viene considerata un’appendice di quella maschile, perciò nel caso delle lesbiche era tutto più nascosto e senza nome, anche per quanto riguarda la persecuzione, mentre ancora oggi è difficoltoso far sì che le lesbiche siano visibili” afferma Mercè Otero, militante femminista e membro dell’associazione femminista Ca la Dona.
La necessità di scendere in strada
In questa situazione, andò stringendosi il cerchio attorno al MELH. Nel 1973 Armand de Fluvià ricevette una telefonata di un uomo che voleva ricevere la rivista Aghois: riconobbe la voce di Vicente Juan Creix della Brigata di Investigazione Sociale della polizia, e capì che avevano scoperto da dove proveniva la pubblicazione: “Dissi ai ragazzi che ci avevano beccato e che dovevamo sciogliere i nostri gruppi: rimase in piedi solo quello che curava la rivista, la quale chiuse nel 1975, poco prima della morte di Franco”.
La morte del dittatore costituì una svolta importante per il movimento: “Il MELH era un movimento riformista, tuttavia, con molti dei nostri membri originari e molti di più che si aggiunsero dopo, fondammo il Front d’Alliberament Gai de Catalunya, un movimento rivoluzionario, il cui manifesto è in gran parte ancora in vigore e che fu la base di tutte le altre organizzazioni che si formarono in seguito in tutta la Spagna” spiega Fluvià. Il cambio di nome rifletteva l’adozione di una posizione antipatriarcale e anticapitalista e una strategia frontista, che finirà per indurre il movimento a scendere in strada.
Eugeni Rodríguez, portavoce del FAGC dal 1985 e oggi presidente del Observatori Contra l’Homofòbia (Osservatorio contro l’Omofobia), spiega il carattere della nuova organizzazione: “L’emblema del FACG è molto chiaro: vi figurano il triangolo equilatero invertito, che era il simbolo assegnato agli omosessuali nei campi di sterminio nazisti, per ricordare da dove veniamo; le quattro sbarre, perché rivendichiamo una terra oppressa, la Catalogna; e il pugno alzato, perché la nostra lotta parte da una prospettiva operaia”.
Il FAGC cominciò a scendere in strada per accompagnare le lotte sociali del momento. La prima manifestazione a cui partecipò fu quella per l’amnistia, convocata dall’Assemblea catalana nel 1976: “Sfilammo timorosi con uno striscione che ci arrivava fino agli occhi e ci accolsero applausi che venivano da tutte le parti; nessun insulto, nulla, tutti ci accettarono e questo ci rincuorò” ricorda Armand de Fluvià. A partire da quel giorno il FAGC cominciò a presenziare alle manifestazioni della Festa della Donna, del Primo Maggio, del Giorno della Catalogna e i meeting per la maggiore età a 18 anni o per il diritto al divorzio, finché, grazie ai legami tessuti con ogni tipo di movimento, si sentì abbastanza in forze per convocare una sua manifestazione.
Manifestazione unitaria
In occasione della prima marcia per i diritti LGBTI che avrebbe avuto luogo in Spagna il FAGC, tutt’ora fuorilegge, chiedeva una deroga alla Legge sulla Pericolosità e la Riabilitazione Sociale e, nonostante la repressione, la risposta fu grande: “La manifestazione era convocata dal FAGC, però si aggiunsero subito il movimento femminista, quello dei quartieri, sindacati e partiti, e non c’erano solo militanti politici, gay e lesbiche, ma anche coppie sposate o comunque eterosessuali, perché la nostra lotta antirepressiva era contagiosa e la gente rispondeva” dice Empar Pineda, militante femminista e lesbica, a quell’epoca dirigente del Movimento Comunista. “Fu una manifestazione molto unitaria, non ci siamo sentite certo sole. Vale la pena ricordarla, anche se viene organizzata ogni anno” aggiunge Mercè Otero.
La marcia occupava quasi tutte le Ramblas di Barcellona: “Non ci credevamo, ma il serpentone arrivava quasi fino alla fine delle Ramblas, alla Fuente de Canaletas” ricorda Eliseu Picó. Fu in quel momento che la polizia la disperse sparando proiettili di gomma: “La presenza dei poliziotti verso la metà delle Ramblas fece sì che la gente cominciasse a disperdersi, ma chi ci fece da scudo e ci protesse furono i transessuali e i travestiti, ai quali non avevamo permesso di stare in capo al corteo per una preoccupazione di immagine” dice Empar Pineda. “Le femministe dicevano che erano una caricatura della donna oggetto e i gay dicevano che compromettevano la nostra serietà, solo dopo capimmo che era stato un errore” ribadisce Jordi Petit.
Il movimento non si fermò più una volta sceso in strada e questo 1 luglio [2017] si celebrerà la quarantesima manifestazione per la liberazione LGBTI nella città di Barcellona, che resiste all’ombra del Pride con il suo forte carattere politico. L’anno seguente il FAGC subì la prima scissione: si era formata la Coordinadora de Col·lectius per l’Alliberament Gai (Coordinamento dei Collettivi per la Liberazione Gay, CCAG), di impronta più libertaria, e le poche lesbiche che militavano nel FAGC lo abbandonarono per confluire nel movimento femminista. D’altra parte, la manifestazione del 1978 venne replicata a Madrid, Bilbao e Siviglia e, alla fine dell’anno, l’omosessualità venne stralciata dalla Legge sulla Pericolosità e la Riabilitazione Sociale.
Alla manifestazione del 1979 il FAGC rivendicherà la legalizzazione delle organizzazioni omosessuali, che otterrà nel 1980. Da allora il movimento ha avuto alti e bassi, tra manifestazioni e rivendicazioni varie, ma tutti coloro che vi hanno militato sono concordi nel rivendicare l’importanza di quel momento storico. Tuttavia, ancora molto rimane da fare per combattere la LGBTIfobia.
Testo originale: 1977: El día en que la homosexualidad salió de la clandestinidad para tomar la calle