28 giugno 1969. Quando a Stonewall le persone LGBT si ribellarono alla violenza della polizia
Articolo pubblicato sul sito del settimanale Le Point (Francia) il 23 giugno 2019, liberamente tradotto da Chiara Spasari
“Era la prima volta che la nostra comunità assediava delle forze di polizia, quando fino ad allora erano state loro ad arrestarci”: Mark Segal, veterano di Stonewall, ricorda la prima delle sei notti di sommosse a New York, che hanno suscitato attenzione verso la causa omosessuale e cambiato la vita di milioni di persone.
Successe cinquant’anni fa, nella notte tra venerdì 27 e sabato 28 giugno 1969. Verso l’una di notte, alcuni giovani gay, tra cui Mark Segal, lesbiche, drag queen e transessuali decidono di opporre resistenza all’ennesima retata della polizia nel bar gay The Stonewall Inn, nel cuore del Greenwich Village, ed accerchiare gli agenti giunti ad arrestarli.
Mark Segal aveva all’epoca 18 anni. Era arrivato qualche settimana prima da Filadelfia. Racconta oggi la “folle passione“ e la “gioia pura” di quelle giornate, anche se era ancora ignaro della portata storica che avrebbero assunto.
In quei tardi anni ’60, l’omosessualità era considerata una malattia e le relazioni omosessuali erano illegali negli Stati Uniti, salvo che nell’Illinois. Gli omosessuali vivevano nascondendosi: rischiavano di perdere il posto o la casa se veniva scoperto il loro orientamento sessuale. Frequenti erano le aggressioni, come anche gli interrogatori in commissariato.
Un rifugio
Lo Stonewall Inn, controllato dalla mafia, non aveva la licenza per la vendita degli alcolici e vendeva bevande alcoliche diluite con l’acqua. Noto per il suo grande jukebox e per essere l’unico bar gay in cui si poteva ballare (anche i lenti), era un rifugio: “Era un posto straordinario. In quel bar si poteva essere se stessi. Anche se era una topaia, anche se era controllato dalla mafia, eravamo felici di avere un posto per noi” racconta Martin Boyce, 71 anni, davanti allo stabile dichiarato “monumento nazionale” da Barack Obama nel 2016.
Nel frattempo, i movimenti per i diritti civili, per i diritti delle donne, le proteste contro la guerra in Vietnam e la rivoluzione sessuale fomentavano un generale clima di rivolta favorevole al cambiamento. Lo storico David Carter, autore del libro Stonewall: The Riots That Sparked the Gay Revolution (Stonewall: i moti che scatenarono la rivoluzione gay) ricorda come la Mattachine Society (una delle prime organizzazioni per la difesa dei diritti degli omosessuali, fondata nel 1950) cominciò a far parlare di sé, ottenendo in particolare la legalizzazione dei bar gay e accendendo una nuova speranza.
Quando Martin Boyce arriva allo Stonewall Inn quella notte con un amico, la polizia è già sul posto. Fra i clienti buttati fuori dal bar dai poliziotti, e quelli che aspettano fuori, ci sono circa 200 persone. Vede un furgone della polizia, poi “un agente che ci spinge dentro con violenza una ‘pazza’. Lei lo ha colpito alla spalla con il tacco, lui è entrato nel furgone e si sono sentiti dei colpi, poi dei lamenti”, ricorda. E il poliziotto “ha chiuso la porta e ha fatto quello che facevano sempre, si è girato verso di noi e ha detto, ‘Forza finocchi, lo spettacolo è finito, andate via!’. Ma per la prima volta, invece di obbedire, abbiamo iniziato a marciare verso di lui”.
Pronti a lottare
La folla era furibonda. Il poliziotto sollevò il manganello, come fosse pronto a colpire, “ma non so cos’abbia visto sui nostri volti, si è arreso e ha iniziato a correre verso il bar con gli altri poliziotti”, raggiungendo i colleghi all’interno: “Abbiamo formato un semicerchio davanti al locale […] Abbiamo iniziato pian piano a lanciare dapprima delle monetine, poi lattine, poi bottiglie, pietre, mattoni, molotov. Alcuni hanno divelto un parchimetro, cercato di forzare la porta del bar, con l’intenzione di incendiarlo”. Per la prima volta, Martin Boyce percepì un’”intesa unanime”: “Eravamo pronti a lottare”.
Gli scontri durarono tutta la notte. Tredici manifestanti furono arrestati, e almeno un poliziotto ferito:
“Non ci hanno avuti, noi li abbiamo sfiniti perché conoscevamo il Village come gli Indiani la foresta” racconta Martin Boyce, che quella notte fu ferito alla schiena a colpi di bastone.
Fu lanciato un appello al raduno, il giorno successivo, con una scritta a gessetto sui muri: “Tomorrow night Stonewall” (“Domani sera Stonewall”).
La folla cresce, le manifestazioni diventano più violente: “La battaglia per il controllo del cuore del ghetto gay” era cominciata, riassume M. Carter. Quelle sei notti di sommosse hanno segnato l’atto di nascita del movimento moderno per il riconoscimento dei diritti omosessuali, che sarebbe cresciuto vertiginosamente, ispirando migliaia di persone nel mondo.
Cinquant’anni dopo “Stonewall è diventato un modo di dire, una strategia, e lo resterà sempre”, sottolinea M. Boyce: “Abbiamo reso famoso questo bar, e lui ci ha liberati. Un buon affare!”.
Testo originale: Stonewall, 28 juin 1969: quand la communauté gay encercle la police de New York