Le parole della Bibbia: Anóigo – aprirsi
Riflessione di Annamaria Fabri tratte da Castello7 del 2 marzo 2008
Quando l’azione di aprire si riferisce all’uomo, il soggetto è spesso Dio: si parla così di Dio che «apre l’utero di Lia» cioè, come dice la traduzione CEI, la rese feconda (Gen. 29,31).
L’evangelista Giovanni si serve di questo verbo per indicare in senso figurato l’aprirsi delle persone al messaggio di Cristo, perchè «se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20).
«…come dunque ti furono aperti gli occhi?» (Giov. 9,10)
Il verbo greco anóigo significa in senso transitivo aprire e anche svelare, scoprire un segreto, o un fatto nascosto, in senso intransitivo aprirsi o venire aperto. Nella bibbia greca detta dei LXX anóigo viene usato per tradurre diversi verbi ebraici che hanno un significato simile.
Quando poi l’azione di aprire si riferisce all’uomo, il soggetto è spesso Dio: si parla così di Dio che «apre l’utero di Lia» cioè, come dice la traduzione CEI, la rese feconda (Gen. 29,31), che «apre la bocca» di Mosè per suggerire quello che dovrà dire (Es. 4,12), che «apre gli occhi» di Agar perché veda il pozzo per dissetare se stessa e il figlio Ismaele (Gen. 21,19), che «apre la mano» e sazia la fame di ogni vivente (Sal. 145,16).
Si parla anche della «correzione del Signore (che) ha aperto l’orecchio» del Servo di Jahvè «perché ascolti come gli iniziati» e non si tiri indietro di fronte alla persecuzione (Isaia 50,5).
Nel nuovo testamento, a prescindere dalle volte in cui anóigo viene impiegato per descrivere azioni comuni, come aprire la bocca per parlare (cfr. Matteo 5,2), questo verbo viene usato in maniera simile a quella della bibbia dei LXX e porta con sé un significato teologico non solo quando il soggetto dell’azione è Dio o il Cristo che agisce nei confronti dell’uomo (Luca 1,64; 3,21), ma anche quando l’aprire indica una esperienza riguardante la fede come l’esaudimento della preghiera (Matteo 7,7) o la conoscenza del disegno di Dio: «come (Dio) aveva aperto ai pagani la porta della fede» (Atti 14,27).
L’evangelista Giovanni si serve di questo verbo per indicare in senso figurato l’aprirsi delle persone al messaggio di Cristo come avviene al cieco nato al quale vengono aperti sì gli occhi del corpo, ma soprattutto gli occhi dello spirito per riconoscere il Messia (Giov. 9,1-41).
Nel linguaggio dell’Apocalisse l’aprire è azione di Dio che apre il cielo (19,11), il tempio (11,19), il tabernacolo del cielo (11,5). E, come Dio, anche l’Agnello è colui che apre i sigilli del libro (5,2ss.). Inoltre l’aprire al Cristo è l’atteggiamento richiesto per la salvezza: «Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20).