Le parole della Bibbia: Bosc – Vergognarsi
Riflessione di Alessandro Tarli tratta da Castello7, a.XVII, n.28 del 27 aprile 2008
BOSC corrisponde in vari casi al nostro “vergognarsi”. Non è facile definire cos’è la vergogna. È un sentirsi inferiori e indifesi di fronte ad altri che possono entrare nella nostra sfera privata con sentimenti di biasimo o di disprezzo, o anche con intenzioni malsane, mentre noi non possiamo farlo. Il caso della nudità del corpo illustra bene come la vergogna dipenda dal contesto culturale in cui si vive, dalle norme non scritte nei codici ma che fin da piccolissimi si imprimono in profondità in ciascun essere umano.
Il famoso passo di Genesi; 2, 25, in cui si legge che i nostri progenitori prima della disobbedienza erano nudi ma non provavano vergogna, mentre dopo si accorgeranno di essere nudi e si ingegneranno a coprirsi, dà invece al vergognarsi una valenza teologica, riconducendolo ad una conseguenza del peccato.
BOSC ha nella Bibbia anche dei significati imparentati con la nostra “vergogna”, ma per noi distanti, come quando per esempio viene usato per esprimere il fastidio che si prova di fronte a qualcuno che insiste tenacemente in una richiesta, o anche quando rappresenta il sentirsi piccoli di fronte alla grandezza di Dio o alla potenza di un avversario. Nei Salmi troviamo spesso che questo ultimo tipo di “vergogna”, che per noi è semmai la paura di essere annientati materialmente, per chi ha fede nel Dio che salva e osserva i suoi comandamenti viene a scomparire, trasferendosi su chi attenta alla vita dei credenti.
Anche solo scorrendo l’uso della radice BOSC , senza guardare altrove, si ricava l’impressione che nel complesso gli autori biblici esprimano una cultura secondo la quale il vero e il falso, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto sono ben distinti e inconfondibili con differenze che sono quasi sempre immediatamente evidenti.
Questo fatto, comprensibile in un gruppo etnico caratterizzato da una forte identità e quindi dotato di una vasta gamma di regole comunemente accettate in tutti i campi, corrisponde solo in parte alla nostra esperienza, sia personale che sociale.
Oggi siamo abituati alla pluralità delle “verità” e non si può contare su “valori” evidenti per tutti. E’ diffusa l’idea che la verità non sia un fatto puramente statico ed immutabile, ma che necessiti almeno di continue traduzioni culturali.
Così, per costruire un futuro comune a tutta l’umanità, siamo costretti a compiere uno sforzo per capire e per farci capire, senza campanilismi di nessun genere, sempre pronti, come dice l’apostolo Pietro, a usare tutte le nostre capacità per rendere conto della speranza che anima la nostra vita.