A Buenos Aires si è svolto il primo matrimonio lesbico ebraico dell’America Latina
Articolo di Paula Galinsky pubblicato sul sito del quotidiano Clarín (Argentina) l’11 aprile 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
I musici cominciano a suonare, le porte si aprono ed entrano loro: Romina Charur, 35 anni, vestita di bianco con un diadema di brillanti, accompagnata da suo padre Rafael, e Victoria Escobar, 36 anni, con camicia a pantalone color crema, al braccio di Gustavo Michanie, presidente dei Gay Ebrei Argentini (JAG). I quattro camminano affiancati per il corridio centrale. Gli invitati, in piedi, coprono di complimenti le due donne, che ringraziano sorridenti.
Così, il 10 aprile alle 18.45 nel tempio NCI-Emanu El del quartiere di Belgrano a Buenos Aires, questa coppia dello stesso sesso ha sigillato il suo amore in una sinagoga con una cerimonia religiosa, prima in assoluto nell’America Latina. “È un passo storico per la comunità ebraica e una felicità enorme per noi” dice a Clarín Romina pochi minuti prima del sì. Al suo fianco, anche Victoria si mostra contenta ed emozionata: “Non posso crederci, abbiamo lottato tantissimo e finalmente il giorno è arrivato. Il nostro è il primo matrimonio omosessuale registrato in questo tempio” aggiunge Vicky, che poi fa notare come la coppia riceva la sua ketubah (il certificato del matrimonio ebraico). È importante perché, tra le altre cose, le due donne desiderano avere figli e dare loro un’educazione ebraica: “In vista di questo, unirci con il rito religioso è fondamentale. Ora desideriamo avere un figlio che, se Dio vuole, arriverà presto” dice Vicky, rivelando che la coppia si sottoporrà a un trattamento di inseminazione.
Durante la cerimonia, sotto la chuppah (il baldacchino che simboleggia la casa della coppia), la rabbina Karina Finkielsztein dà loro il benvenuto offrendo le sue benedizioni perché costruiscano “un focolare pieno di luce”: “A volte il cammino è difficile, a volte non c’è neppure. Si possono sempre scegliere delle scorciatoie, oppure costruire dei sentieri e piantare delle torcie perché anche altre persone possano passare di lì” sostiene la rabbina, sottolineando il “coraggio” della coppia nello scegliere la seconda opzione.
Poi lo scambio di alleanze, per il quale le due donne hanno usato i medesimi anelli usati nel 2014 per il loro matrimonio civile sotto l’egida della Legge del Matrimonio Egualitario. La rabbina sottolinea che, questa volta, oltre a unirsi tra loro, Romina e Victoria “si uniscono alla comunità”, per la quale questo matrimonio “è una pietra miliare nella storia di questo tempio e della società ebraica”.
Le due raggianti spose, ambedue avvocate e oriunde del quartiere di Villa Ortúzar, si conobbero sette anni fa su Internet: “Fu amore a prima vista” assicura Victoria. Ma in quel momento nessuna delle due immaginava che sarebbe arrivata questa giornata; all’inizio, perché Victoria era cattolica non praticante: “Stando assieme a Romi, iniziai a interessarmi al giudaismo. La prima cosa che attirò la mia attenzione furono le feste, poi cominciai a frequentare il tempio con lei”. Questo è l’inizio del processo della conversione di Victoria, durato approssimativamente un anno e mezzo: “Per fortuna, in ogni momento abbiamo potuto contare sull’appoggio delle nostre famiglie”.
A parte la conversione di Vicky, le nozze sono diventate realtà grazie al fatto che la comunità NCI-Emanu El ha aderito al responso del “Committe of Jewish Law and Standards” dell’Assemblea Rabbinica del Movimento Conservatore, che nel 2006 ha concesso alle coppie dello stesso sesso la possibilità di sposarsi secondo il rituale giudaico. Questa decisione, presa all’unanimità lo scorso 21 marzo, è culminata nei festeggiamenti del 10 aprile, terminati con la rottura dei bicchieri da parte delle donne (un rituale solitamente compiuto dall’uomo), gli applausi e il classico augurio: Mazel Tov!
Testo originale: Una pareja gay tuvo una boda religiosa por primera vez en Latinoamérica