Adolescenti coraggiosi. Scoprirsi gay, lesbiche e trans tra i banchi di scuola
Articolo di Michele Neri tratto da D de La Repubblica, 3 Settembre 2011, pp.78-84
Attraversare la linea d’ombra dell’adolescenza è sempre stato difficile. Rivelarsi, intuire e mettere al sicuro una rotonda o acuminata identità, soprattutto attribuirsi una, e una sola sessualità; è complesso come scegliere un sentiero che vada bene per tutta la vita in mezzo a genetica, molteplicità, desiderio, ambiente, paure, educazione. Spesso uno non basta.
Oppure se ne trovano due. E acchiappato un passaggio verso la terra adulta, incombono ora difficoltà meno vitali: l’ipocrisia di definizioni e norme invecchiate, la dittatura della monogamia, l’evidente difficoltà di far convivere abitudini della cultura gay con diritti acquisiti (tipo matrimonio, quando è possibile) dai gay, la fatica profonda – come scrive Mark Oppenheimer sul New York Times – di vivere in una società dove si porta in palmo di mano l’onestà tranne quando si parla di sesso.
Uomini meno in gamba sposati a donne molto in gamba, e che cercano il modo più rumoroso per fuggire (Schwarzenegger, Woods, Anthony Weiner; necessario fare l’elenco degli italiani, degli europei?). La linea d’ombra copre tutto. Forse meglio andare a capo e ricominciare.
Anche da una parola ombrello – ma non per tutti – sotto cui si raccolgono l’onestà e la complessità dell’incertezza: queer. Come strano, bizzarro.
Tecnicamente: gay, lesbiche, transgender, bisex, ma con una porta spalancata per quanti si sentano sessualmente obliqui, trasversali, e desiderino avventurarsi dove non ci sono regole o convenzioni.
Fare una serpentina tra desideri, immagini di sé, luoghi del cuore ancora sconosciuti, e in cui cacciarsi soffrendo, perché poi esistano stupendamente. Siamo seri, siamo queer. Ma chi è queer?
Il ragazzo che su The Stranger di Seattle scrive a Dan Savage, il più celebre sexy columnist americano: “Forse sono bisessuale, forse no. Ho paura a dirlo.
Alcune ragazze all’inizio potrebbero accettarmi, ma poi mi lascerebbero per timore che io sia gay. Ho sprecato 23 anni di vita per la paura di essere rifiutato. Consigli?”.
Queer sono tutti gli esseri umani tra Adamo ed Eva. Agli adolescenti che hanno il coraggio di scoprirsi senza paura, il fotografo americano Michael Sharkey ha dedicato “Queer Kids”, un progetto appassionato che dura da cinque anni. “L’idea nasce dal mio antico bisogno di teenager gay di poter avere voce e contare agli occhi dei miei coetanei. Negli anni Ottanta il coming out non fu facile.
Non dimenticherò mai il pugno ricevuto da un compagno di liceo. E sono sicuro che tutti i ragazzi che sono stati vessati a causa della loro sessualità, non lo hanno dimenticato. Nei ritratti ho cercato di cogliere questo dolore, oltre alla gioia, propria di questa nuova generazione, di potersi mostrare senza vergogna”.
A loro, studenti ed ex studenti di ogni parte degli Stati Uniti, ho chiesto aiuto per disegnare meglio questa nuova ed evolutiva non-identità.
Perché queer è più chiaro di gay
Jonathan: “Per me significa essere contro le regole, coraggioso, impegnato. è diverso da “gay”, perché non riguarda solo la sessualità. Essere queer è andare contro ogni ideologia che metta una categoria di persone sopra le altre”. Patrick: “è un’identità politica che rispecchia un ripensamento etico di cosa significhi essere un essere umano riconoscibile”.
Nicole (Nikki): “Queer è un modo più felice di definire la mia sessualità. Gay oggi è diventato un insulto”. Sebastian: “Qualcuno che ama una persona non per il suo sesso, o razza, o altro. L’amore è amore. Essere queer per me è come un altro mio nome”.
Elizabeth: “Queer e gay hanno due significati diversi. La differenza è ben spiegata da un poster che ho visto, dove, sotto una donna sorridente con una pistola in mano, c’era la frase: “Non gay come “felice” (doppio senso della parola “gay”, ndr) ma queer come vaffanculo”.
Queer non descrive soltanto le persone che non sono etero, parla di tutti quelli e quelle che dicono “fottiti” alla società. è anche una differenza generazionale: per una lesbica di 50 anni l’identità sessuale non è tutta la sua identità, mentre il mio essere queer è una parte enorme di me”.
Dirlo a se stessi, dirlo agli altri
Nicole: “è stata dura. La gente ti guarda male se esprimi quello che sei. Non sono aperti: vengo squadrata anche per i gesti più semplici, mentre tengo la mano della mia ragazza”.
Sebastian: “La parte peggiore è dire la verità a se stessi: ma è solo con le battaglie dentro di te che impari ad amarti per quello che sei”.
Elizabeth: “La cosa che fa più male è sapere che la maggioranza delle persone non considerano il mio rapporto come reale e importante”.
Keenan: “Le sole difficoltà sono quelle in cui mi sono messo io. è stato doloroso e meraviglioso allo stesso tempo: ma la vita andrebbe vissuta così, in modo dolorosamente meraviglioso”.
Il giorno in cui abbiamo capito
Andy: “Non c’è stata nessuna epifania, del tipo diventare di colpo attratto dal mio stesso sesso. Mi sono sempre piaciuti i maschi. Ho preso le misure del mio essere sessualmente queer quando ho capito il senso della parola gay e sono uscito con qualche ragazza, per poi scoprire di essere interessato soltanto alla loro amicizia”.
Jonathan: “Ero stufo di nascondermi. Quando mi sono rivelato per quello che ero, mi sono sentito come se mi permettessi di essere onesto”.
Raymoin: “Come l’ho capito? Quando mi guardi, cosa vedi!?”.
Chi mi ha aiutato a scoprire la verità
Patrick: “Judith Butler con il saggio Undoing Gender. Sostiene che genere e sessualità non siano tratti caratteristici che possediamo, ma modi per essere posseduti, quasi estratti da noi stessi, di essere per l’altro o per virtù di un’altra persona”.
Sebastian: “Kylie Minogue. Un’icona che accetta gli altri in tutta la loro bellezza”.
Elizabeth: “La poesia Andrew di Andrea Gibson ha cambiato la mia vita. Prima di conoscerla, non sapevo di potermi permettere, persona con corpo di donna, di non identificarmi con una donna. Il passaggio: “Hey, papà, questa storia di Adamo ed Eva non fa per me. Voglio dire: e tutti i tipi di persone in mezzo a loro due?””.
Se penso alla mamma a che parola penso
Nicole: “Comprensiva”.
Sebastian: “Amore infinito”.
Jonathan: “Coraggiosa”.
Patrick: “A voce alta e libera”.
Keenan: “Amore assoluto”.
Edric: “Importante”.
Andy: “Forte. Decisa, intelligente e autoritaria”.
Un’icona queer sopravvalutata
Sebastian: “Lady Gaga. Cavalca il movimento gay solo per soldi”.
Elizabeth: “Shane McCutcheon (della serie tv The L Word, ndr)”.
Andy: “Vorrei che il mondo capisse che non tutti i gay sono uguali a Jack di Will & Grace”.
Che fine fanno le regole del mondo etero
Keenan: “L’unica regola della mia vita è che non ci sono regole”.
Elizabeth: “Cercare di applicare le regole degli eterosessuali ai rapporti queer va contro il senso di essere queer, cioè non tradizionale, senza norme. Ci sono lesbiche che tentano di riprodurre i soliti ruoli nei loro rapporti. Forse perché non sappiamo dove metterci”.
Patrick: “Impossibile confondere i due mondi. Perché l’atto di rivelarti ti mette contro la tradizione, anche se quello che sai delle relazioni arriva da lì. Se c’è stato qualcosa di liberatorio nel mio coming out, è stato il non dover più sottostare a definizioni soffocanti di cosa sia un rapporto”.
Andy: “Molti queer non sopportano di avere a che fare con lo stile di vita etero-normativo; sanno di avere molte più scelte”.
L’outing (ndr la parola corretta sarebbe ‘coming out‘) è il massimo investimento nella verità. Ogni cosa è conquistata. Il prezzo è alto e duraturo: dal bullismo a scuola fino alla violenza omofoba nei confronti degli adulti.
In assenza di leggi, fanno molto iniziative di rafforzamento dell’identità come quella di Michael Sharkey, o il progetto “It Gets Better” di Dan Savage. Difficile resistere se si è piccoli, isolati.
Ma poi andrà meglio. Per dimostrarlo, Savage, insieme a suo marito Terry Miller, ha pubblicato un anno fa un video autobiografico in cui si vede come la vita e l’accettazione degli altri migliorino andando avanti.
In due mesi sono arrivati diecimila videomessaggi di ottimismo. Il progetto (itgetsbetter.org) è diventato un first aid di gruppo per chi soffre le conseguenze della propria scelta sessuale.
Il fiero gruppo di “Queer Kids” sembra al di là della linea. Almeno a giudicare dai loro messaggi.
Nicole: “Non giudicare nessuno da chi ama”. Tanner: “Spero un giorno di essere sposato con figli”. Keenan: “Se non ami tutto quello che sei, o quello che puoi diventare, allora stai sbagliando”. Mike: “Non ho problemi, so difendere la mia scelta”. Sebastian: “Amatevi. Andate oltre odio e risentimento, amatevi e basta. Se smettete per un giorno di odiare, la vita di qualcuno può cambiare per sempre”.