Anno 1972. Quattro omosessuali si raccontano
Antonello – 25 anni, è figlio di una soubrette, e non ha mai conosciuto il padre che è morto in guerra. Ha studiato fino alla terza avviamento. Veste un pellicciotto bianco, e ha gli occhi truccati.
Valerio – 36 anni, ha interrotto gli studi alla seconda ragioneria. È di famiglia benestante, il padre è colonnello dell’esercito.
Mario – 25 anni, è immigrato sardo. Quinto di sette fratelli, ha interrotto gli studi alla seconda media. Ride spesso, ed è la sua arma per sconfiggere quelli che si beffano di lui. Lavora in una pescheria.
Giuseppe – 22 anni, è svizzero. Ha lavorato un certo periodo come indossatore. Suo padre è vice-direttore di una azienda.
Ecco, riportato fedelmente in tutta la sua crudezza, il nostro dialogo con loro. La prima cosa da rilevare è come il problema della omosessualità venga vissuto da quattro uomini in modo così diverso: accettato con difficoltà da Antonello, affermato con sfida da Valerio, che ha scoperto la sua omosessualità fin da piccolo, rifiutato da Mario che pensa di sposarsi per normalizzare la situazione, e vissuto con una certa consapevolezza da Giuseppe, che ha trovato un ambiente che lo protegge. Al termine, uno psicanalista approfondirà gli aspetti contraddittori, che voi stessi vedrete venire alla luce.
Vorreste essere sessualmente come gli altri uomini? Come e quando si è manifestata l’attrazione verso persone del vostro sesso?
Antonello: Da un lato vorrei essere uomo perché all’ottanta per cento mi sento uomo; però ho il venti per cento, forse più, di femminilità. La società non ci accetta così, perché dovrei essere più uomo che donna. All’età di sei anni sono stato col primo ragazzo: non mi piaceva affatto, mi ha quasi violentato. Poi un poco alla volta ci sono andato con piacere. Adesso non posso più farne assolutamente a meno.
Valerio: Io trovo normalissima la mia «anormalità». Non potrei vedermi diversamente dato che sono sempre stato così. Da ragazzino, durante le medie, andavo con qualche compagna di scuola: lo facevo perché lo facevano tutti, ma in fondo non ci trovavo nessuna soddisfazione. Ho incominciato a provare soddisfazione quando sono andato coi ragazzi e ho capito che la mia vera indole era quella. Ricordo che a tre anni mi nascondevo per guardare l’attendente di mio padre quando si cambiava.
Mario: Io preferirei essere più uomo perché mi sento uomo. Io non sono così: forse lo sono diventato perché frequento queste persone, però riesco a farne a meno. Riesco a non andare con i ragazzi. Ho una ragazza, ed è preferibile che mi piaccia lei, per tutte le cose. Un giorno o l’altro mi sposerò e cambierò completamente. Ho cominciato a quattordici anni, tramite gli amici, poi sono andato via dal paese e ho incominciato qui in città. Là bisognava fare tutto di nascosto.
Giuseppe: Io mi accetto come sono, perché, in fondo, sono felice di essere così. In questo ambiente ho degli affetti che in famiglia non ho avuto. Mi è mancato l’amore di mio padre. Io non avevo nessuna tendenza ad essere così, poi ho conosciuto un uomo che mi ha dato tutto l’affetto che mio padre non mi ha dato. Avevo sedici anni e per la prima volta ero felice di sentirmi amato, amato come mio padre non aveva fatto mai. Da allora ho cominciato a frequentare questo ambiente e mi ci sono messo dentro. Non sono del tutto così perché vado anche con le ragazze.
Di solito la gente non vi accetta, spesso vi disprezza. A che cosa pensate sia dovuto questo atteggiamento nei vostri confronti?
Antonello: Noi siamo considerati anormali; secondo la mentalità della gente non dovrebbero esistere degli esseri come noi. Purtroppo invece sono sempre esistiti. Io alla gente non faccio molto caso perché magari ti disprezza pubblicamente ma poi viene a letto con te. In fondo molti hanno il desiderio di provare le nostre sensazioni e spesso ci chiedono come facciamo, cosa proviamo, che cosa pensiamo delle donne. Molti vengono con noi per curiosità, per provare sensazioni nuove. Io ho sempre vissuto in un paese, la gente mormorava alle mie spalle mentre in famiglia si ostinavano ad ignorare che sono un omosessuale. Secondo mia madre sono solo un po effeminato. Nel lavoro sono stato molto ostacolato e ho dovuto cambiare posto un’infinità di volte.
A vent’anni ho fatto il facchino e quella era l’unica cosa che mi era riuscita di fare perché se andavo dagli altri mi dicevano: « Sei invertito, non posso tenerti in un locale dove la gente ti guarda e vede che vai con gli uomini. Non posso tenerti perché si schiferebbero. Adesso non faccio niente, sono spesso ricoverato in clinica per una malattia alle ossa che mi impedisce di lavorare. Mi mantiene una ragazza che è affezionata a me e che fa la prostituta. Mi vuole molto bene e mi vuole sposare. Anch’io le voglio molto bene e le sono riconoscente per quello che fa per me, così un giorno la sposerò.
Lei sa quello che sono e le piaccio così, le vado bene anche così. Non so se, una volta guarito, potrò riprendere a lavorare perché purtroppo la società ci scansa, ci scaccia. É la società che mi ha costretto a farmi mantenere da una donna, a fare quello che non dovrei fare. Ho preso a pugni parecchie persone perché mi deridevano.
Valerio: Il disprezzo che gli altri ci dimostrano è più che altro un atteggiamento falso, non credo che risponda a verità. Lo fanno per darsi un atteggiamento di fronte agli amici, perché poi la maggior parte di loro si comporta peggio di noi e con alcuni ci sono andato. Non ho mai avuto preoccupazioni di lavoro, i miei hanno dei possedimenti in Toscana ed ho sempre vissuto di rendita, anche se è una rendita piccola, ma a me basta perché non ho molte spese. Non ho neppure molte aspirazioni. Sono estetista, ho fatto la scuola a Firenze, ed esercito privatamente questa professione. Ho dei clienti, quando hanno bisogno mi telefonano e vado.
Mario: A me non è mai capitato di essere cacciato da un lavoro. Nessuno mi ha mai rifiutato un lavoro, per questo ho dovuto sempre mentire. Nascondo questa cosa perché non mi piace, mi vergogno. Mi vergogno che pensino che sono così anche perché non è vero. lo ci vado pochissimo coi ragazzi, ne faccio a meno facilmente. Spesso è accaduto che il padrone o gli amici mi chiedessero che cosa ne pensavo degli omosessuali, io li ho sempre criticati anche per non far vedere che ero così. Non mi piace dare scandalo. Ho la ragazza e non vorrei che le andassero a dire: « Questo è così ». Al mio paese mi sfottevano perché ho la voce sottile, mi mancano alcuni gradi di voce e questo porta gli altri a pensare che io sia così, lo nego, cerco di nasconderlo. Finché potrò, smentirò sempre.
Giuseppe: Non è vero che la gente ci disprezza. Dipende. Ci sono quelli che hanno atteggiamenti da donna, la camminata femminile: chi guarda deve ridere naturalmente, perché fa ridere. una cosa ridicola che un uomo si comporti come una donna. Conosco molti omosessuali e nessuno direbbe che sono tali perché hanno l’aspetto di una persona normale. Nessuno ha da ridi- re contro questi. Penso che ogni persona per quanto normale, abbia delle tendenze alla omosessualità. Quanto al lavoro, sono da due mesi e mezzo in una boutique, qui a Roma, il padrone non sa che sono così, forse lo avrà capito, ma non mi ha mai detto niente. Sono felice di essere un omosessuale ma non mi piace che le persone mi deridano o parlino di me.
I familiari, gli amici, le autorità hanno fatto qualcosa per farvi cambiare, diventare “come gli altri”?
Antonello: A dodici anni mi hanno messo in collegio ma sono fuggito. Le autorità mi hanno mandato in un riformatorio perché avevo la tendenza a diventare un « discolo ». Qui, nel riformatorio, ho incontrato il vero amore, un ragazzo di cui sono stato pazzamente innamorato fino a due anni fa. Però non mi mancavano le difficoltà: per la mia femminilità ero guardato con sospetto, persino il direttore si era accorto che ancheggiavo e che ero innamorato di questo ragazzo. Non ci potevano fare niente, lo capivano anche loro, perché in casa di correzione il novanta per cento dei ragazzi erano omosessuali, soltanto che la metà non lo dava a vedere. Ma io non potevo nasconderlo: già a Otto anni ero invertito, sfacciato, sui banchi di scuola, alle elementari facevo la « mano morta » ai miei compagni. Cose vergognose!
Nel riformatorio, a Parma, ci sono rimasto cinque anni. Ogni tanto mi mandavano a casa ma io non vedevo l’ora di tornare là perché avevo il mio ragazzo che amavo moltissimo. Per me faceva a botte con gli altri ragazzi, era figlio di una prostituta di Milano.
Dopo il riformatorio ho cercato di reinserirmi in società, ma già ero pervertito ed avendo anche dei precedenti non ho trovato nessuno che mi desse lavoro. C’è stato persino chi mi ha detto: « Per me, ti metterei al muro e ti fucilerei ».
Per fortuna c’è stato quel brav’uomo che mi ha preso a fare il facchino con lui, altrimenti sarei morto di fame. Poi sono andato in carcere, per due volte. La prima perché ho dato un pugno ad una guardia: quello mi stava sfottendo, mi voleva arrestare, io gli ho dato un pugno; mi hanno dato quattro mesi e dieci giorni. Penso che se avessi i soldi, farei un’operazione per diventare o uomo o donna; però preferirei essere donna perché mi piacciono i ragazzi. In ogni caso, tutto è meglio di questa incertezza.
Valerio: In famiglia nessuno si è mai accorto di niente perché io non l’ho mai dato a vedere. Però non mi è mai interessato nemmeno di cambiare, non ho mai fatto niente per questo. Quando l’ho detto a mia madre non ci voleva credere. Da tempo mi assillava con le sue domande per « voci » che aveva sentito sul mio conto.
Quando apertamente confermai i suoi sospetti, « Come mai, mi disse, a chi assomigli? Il babbo, il nonno erano tutti normali ». Andava a cercare nella stirpe, e io che ne so, sono così e basta! Siamo arrivati ad un punto tale di attrito che me ne sono andato e così ho troncato tutte le chiacchiere in famiglia. Ho avuto molte grane con le autorità. una storia lunga…
Una volta fui assolto perché il presidente disse che la diffida non era motivata, l’unica ragione per cui mi avevano arrestato era l’omosessualità, e il pretore disse che questo era un fatto che non riguardava la giustizia. Ora sono schedato.
Mario: Non mi è mai capitato che i genitori mi facessero una osservazione a questo proposito. Non hanno mai pensato neanche lontanamente a questo e neppure i miei amici. Non sono mai ricorso a dei medici perché sono normale, mi piacciono più le donne che gli uomini.
Giuseppe: Mia madre non è mai ricorsa a medici o a cure particolari per la mia natura sessuale perché i miei familiari, i miei amici non sanno che sono così. Qui alcuni lo sanno, altri no, altri hanno il dubbio. lcuni mi hanno detto: « O vai con la donna o vai con l’uomo, devi scegliere ». Invece no; vado con l’una e con l’altro, ho due esperienze quando il maschio ne ha soltanto una, quando la donna ne ha soltanto una. Non ho mai avuto problemi con le autorità, è sempre andato tutto liscio.
Che cosa pensate delle donne? Come vi sentite nei loro con fronti, riuscite ad avere rapporti con esse?
Antonello: Sono amico di molte donne, mi danno la loro amicizia perché sono molto effeminato, hanno fiducia in me, non pensano che vada con loro per secondi tini. Mi accettano più degli uomini perché pensano che siamo più o meno come loro, che non facciamo loro del male, anzi pensano che le difendiamo pure. Mi trovo a mio agio con le donne perché mi sento donna: chiacchieriamo del più e del meno, soprattutto di uomini.
Valerio: Gli unici rapporti che ho con le donne sono quelli di lavoro. Naturalmente le devo frequentare perché faccio l’estetista ma, con loro, parlo solo di lavoro. Ho qualche amica ma poi queste amiche non sono nemmeno donne perché sono state operate, erano uomini. Donne ne conosco pochissime; la portiera, la cassiera del panettiere. Poi non lo so, per la strada non le vedo, proprio non esistono per me. Non mi sono mai soffermato a considerarle, non mi sono mai creato il problema di classificarle. Naturalmente se esistono è chiaro che debbono starci, a qualcosa serviranno. Mario: In genere le frequento, mi sento meglio quando sono con loro, mi dimentico di tante cose, anche degli uomini.
Giuseppe: Trovo nella donna un’amica leale, un po’ inferiore a un omosessuale perché penso che la donna sia inferiore. Mi piace andare con lei, la frequento, mi piace nella mentalità, nella moralità, in tutti i sensi. Quando mi piace, la corteggio. Anzi, ci riesco meglio di un maschio, perché noi omosessuali sappiamo prendere i punti deboli delle donne.
Personalmente preferite un rapporto stabile con un uomo o dei rapporti occasionali?
Antonello: Io ricordo sempre quel ragazzo del riformatorio di cui ero pazzamente innamorato. Certo che desidererei viverci insieme! Quando si vuoi bene veramente si desidera passare tutta la vita assieme alla persona amata. Purtroppo nella nostra società non è permesso. E poi ormai tutti lo sanno che sono così, si vede alla luce del sole e quindi non potrei mai convivere con un altro uomo senza destare sospetti. Infatti ho molti amici che si sono sposati con una donna per « copertura ‘, cioè per avere un aspetto di normalità e così agire indisturbati con altri uomini.
Valerio: Dico la verità, io sono volubile. Mi piace cambiare uomo. Ho provato più volte a stare fisso con uno ma al massimo reggevo qualche mese.
Mario: Non mi interessa un rapporto fisso con un uomo perché io sono normale. Mi piacciono le donne e vorrei solo vivere con una donna. Però può sempre essere che due amici vivano insieme, nella stessa casa. Ma solo come amici.
Giuseppe: Prendo quello che mi capita. Se trovo la possibilità di avere una relazione con un uomo e questo mi piace, ci sto insieme finché dura; altrimenti ho delle avventure passeggere. Comunque il rapporto più bello è quello duraturo. L’importante è che gli altri non se ne accorgano, quindi mai andare a vivere insieme. Voglio dire che qui in Italia non è possibile perché la gente capirebbe che c’è qualcosa di strano e non sarei più rispettato come lo sono ora. Per me l’ideale sarebbe avere una bella relazione con un uomo e delle avventure, quando capita, con donne. Ma temo che dovrò fare l’inverso e cioè sposare una donna ed avere avventure extraconiugali con gli altri uomini.
Siamo arrivati alla fine delle nostre interviste: non tutti gli omosessuali hanno una storia così drammatica alle spalle e una realtà sociale così difficile. Abbiamo scelto dei casi limite; ma certamente ogni omosessuale ha sofferto duramente per la sua situazione e alcuni si sono ribellati. «Noi psicanalisti spesso ci troviamo di fronte a omosessuali che ci dicono, come Valerio e Giuseppe: io sono contento di essere quello che sono. In questi casi non possiamo e non dobbiamo intervenire » ci dice il professor Gianfranco Tedeschi, che dirige la Scuola di specializzazione in psicoterapia presso la prima Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Roma.
« Ci sono invece persone che sono in conflitto, che vogliono combattere la loro omosessualità, spesso latente e inconscia. In questi casi noi le curiamo, cercando di dissolvere con la psicoterapia le tendenze inconsce omosessuali. Ma vi sono casi in cui esse sono ormai così forti e connaturate con la personalità, come nelle quattro storie precedenti, che il conflitto si può solo risolvere aiutando queste persone ad accettare, nel modo migliore, la propria omosessualità senza farne un dramma, un problema morale, o senza disperatamente e continuamente negarla, come fa Mario.
L’omosessualità non è una malattia. Fondamentalmente è un problema psicologico che riguarda lo sviluppo della personalità. Vi sono, è vero, dei casi in cui si osserva una impostazione fisica femminile, e sono i casi più difficili da risolvere con una terapia psicologica. Vi sono anche i cosiddetti “transessualisti” che, avendo tratti somatici del sesso opposto, vogliono compiere delle operazioni del tipo di quella di cui parla Antonello. Però i transessualisti, che spesso si vestono decisamente da donna, non sempre praticano l’omosessualità. In genere essi desiderano diventare donne perché “si sentono donne” a tutti gli effetti, non per un conflitto tra le proprie tendenze e la società, come nel caso di Antonello. Per quanto riguarda le esperienze omosessuali infantili o molto precoci, sono fatti traumatizzanti, destinati a rimanere impressi nella mente. Tuttavia non si può affermare che essi siano determinanti per l’omosessualità. Semmai tali esperienze sono fattori scatenanti di una omosessualità latente, che quasi sempre dipende da un cattivo rapporto con i genitori».
* Quattro storie pubblicate nel 1972 ci fanno fare un salto a ritroso nel passato, quando il sogno di ogni “frocio” era di passare inosservato alla società italiana che lo circondava. Quattro storie che ci raccontano di vite vissute nel nascondimento. Perchè, come dice uno degli uomini intervistati “il rapporto più bello è quello duraturo. L’importante è che gli altri non se ne accorgano, quindi mai andare a vivere insieme”. Ma scopriamo insieme questo pezzo del nostro ieri.