Bibbia e Corano. I passi del dialogo nei novantanove nomi di Dio
Articolo di Lorenzo Fazzini pubblicato su Avvenire del 2 settembre 2017, pag.19
Correvano gli anni Cinquanta. In quella metropoli meticcia che era Il Cairo un prete cattolico teneva regolari ritiri spirituali per giovani di tre religioni diverse in nome del loro padre comune, Abramo. Serge de Beaurecueil, domenicano francese, grandissimo studioso d’islam (in particolare di sufismo), in tempi in cui il dialogo interreligioso non era particolarmente ben visto all’interno del mondo cattolico, aveva intuito che la spiritualità e la rilettura delle fonti di ciascuna fede abramitica
potevano costituire una possibilità (usando un’espressione cara a papa Francesco) per costruire ponti tra uomini e donne di diverse confessioni religiose.
Qualcosa del genere, ai nostri giorni, proprio mentre il terrorismo di matrice islamica tende la trappola di suscitare scontri in nome delle diverse fedi, è quanto un altro prelato tenta di fare. Lodate il nome del Signore (Meditazioni sui nomi di Dio nel Corano e nella Bibbia, editrice Qiqajon, pp.192, euro 15) potrebbe sembrare l’ennesimo titolo di saggistica spiritualità. E invece il testo di Michael L. Fitzgerald, inglese, membro dei Missionari d’Africa (i padri bianchi), già presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso (tra il 2002 e il 2006, dopo esserne stato segretario in precedenza per ben 15 anni), è una piccola “bomba” editoriale.
Il perché è presto detto: un vescovo cattolico che medita su alcuni dei 99 nomi di Dio secondo il Corano costruendo un percorso di riflessione che si rifà agli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, accostando l’interpretazione teologica della tradizione islamica (mediante la ripresa di alcuni degli appellativi di Allah) con quella biblica e neotestamentaria, ebbene, tutto questo è sicuramente un fatto singolare. E la cosa sorprendente è che nulla di sincretistico si respira in queste pagine, profonde quanto semplici, pubblicate in precedenza in inglese e francese dal Pontificio istituto di studi arabi e d’islamistica (Pisai), vera fucina di conoscenza e dialogo tra islamici e cristiani.
Sono sei i nuclei tematici che Fitzgerald indaga in questo libro, che si può leggere come un minitrattato di dialogo islamo-cristiano ma anche usarlo per pregare come un testo di spiritualità: Dio come creatore, Dio trascendente, Dio con noi, Dio di amore e perdono, il Re onnipotente, Dio che guida, Dio generoso, il Dio della pace. Come si vede già solo da questo, numerose sono le assonanze con il messaggio biblico e cristiano.
Tanto più che Fitzgerald ci accompagna in questo cammino di fede e conoscenza religiosa insieme a veri maestri dell’una e dell’altra religione: per esempio, il francescano Jean Mohammed Abd el-Jalil, un tempo musulmano poi diventato cristiano, allievo del grande Louis Massignon; Abdennour Bidar, l’intellettuale islamico diventato famoso dopo gli attentati in Francia per la sua Lettera aperta al mondo musulmano (ibis); il celebre mistico al-Ghazali o il famoso islamologo cattolico Maurice Borrmans.
Ma ancor più interessante è scoprire alcune peculiarità della teologia islamica attraverso alcuni dei 99 nomi di Allah. Fitzgerald, ad esempio, annota come l’adesione alla convinzione che Dio sia il creatore di tutto sia una delle affermazioni di fede più antiche del Corano (un po’ come il famoso passo di Deuteronomio 26, «Mio padre era un arameo errante», lo è per la Bibbia): «Recita nel nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un grumo di sangue» (Corano 96, 1- 2). Commenta l’autore: «Questi versetti sono stati riconosciuti sia dagli studiosi islamici tradizionali sia dagli orientalisti come appartenenti al primo nucleo del Corano considerato cronologicamente».
Spesso si accentua l’idea che, rispetto al cristianesimo, l’islam presenti un Dio più trascendente e distaccato dall’uomo. Fitzgerald, commentando l’appellativo al-zahir («il Manifesto, l’Evidente»), mette in risalto un tratto distintivo di Allah: «Un potente capo che non è subalterno a nessuno.
Pertanto si può ricorrere a lui senza paura. Non sarà mai deposto; sarà sempre là. Si può dunque rendere al-samad
(altro appellativo, ndr) con «la Roccia, Colui a cui si può sempre rivolgere una preghiera». Si diceva prima delle assonanze biblico-coraniche. Fitzgerald ne evidenzia una centrale quando parla del Dio di bontà e di misericordia: «È interessante notare che l’amore di Dio viene prima, così che l’amore dei credenti è una risposta all’amore divino». Un’affermazione che pare riecheggiare la teologia giovannea: «Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,19).
E proprio sull’elemento della misericordia si riscontrano degli echi che hanno anche riscontri archeologici: «Nell’invocazione coranica “Nel nome di Allah il misericordioso” ci sono due parole che derivano dalla radice rhm, che significa utero. La prima di queste parole è un sostantivo in forma accrescitiva che indica l’intensità della qualità designata alla radice. Applicata a Dio indica che questa qualità nel suo massimo grado appartiene a Dio. Infatti, nelle iscrizioni sudarabiche preislamiche, trovate nello Yemen, la parola rahmanan (dove il suffisso an rappresenta l’articolo determinativo) è usato per il nome di Dio nella tradizione ebraica e per Dio Padre nella tradizione cristiana».
Infine. Anche l’apogeo del percorso che Fitzgerald propone accomuna cristiani e islamici (e in una certa misura anche il mondo ebraico): perché i nomi coranici per Dio sono 99, ovvero uno in meno del numero considerato perfetto, 100? «Ci rendiamo conto che le parole umane, anche se sono ispirate, sono insufficienti: il linguaggio umano è inadeguato a esprimere la vera natura di Dio. Dopo tutte le nostre espressioni di lode, tendiamo a restare in silenzio».
Il centesimo nome di Dio solo Lui lo conosce. E all’uomo tocca tacere.