Bibbia e omosessualità: quello che molti non sanno
Articolo della pastora Mary West tratto dal sito MCC Église 34 (Francia), liberamente tradotto da Marco Galvagno
Lesbiche e gay devono affrontare discriminazioni a causa di certi atteggiamenti sociali. Sfortunatamente questi atteggiamenti sono spesso insegnati dalle chiese stesse ed è ancora più triste vedere la Bibbia usata come arma per aggredire le persone omosessuali.
È importante ricordare che queste frasi che feriscono non sono di Cristo e non corrispondono a ciò che il Signore vorrebbe per la sua chiesa.
Queste frasi non corrispondono nemmeno alla Bibbia. Solo pochissimi versetti in tutta la Bibbia fanno allusioni a rapporti tra persone dello stesso sesso e sono contenuti solo in sei libri della Bibbia.
Questo argomento non preoccupava particolarmente gli autori biblici. Nonostante questo, alcuni versetti sono stati utilizzati per giustificare odio, condanna ed esclusione dei figli di Dio omosessuali. Il termine omosessuale è moderno e non esisteva nei tempi biblici. Gli autori della Bibbia non conoscevano il concetto di orientamento sessuale come lo conosciamo noi oggi.
Quindi i passaggi che fanno riferimento a relazioni tra persone dello stesso sesso non dovrebbero essere letti come dichiarazioni che riguardano l’omosessualità, ma piuttosto essere visti nel contesto di ciò che il mondo antico che ha prodotto la Bibbia pensava sul sesso.
La sessualità nel mondo mediterraneo
I ricercatori biblici sono ricorsi alle scienze sociali per studiare gli schemi di relazione di genere nel mondo antico. Che si trattasse degli antichi egizi, greci o i romani del tardo impero gli atti sessuali non avvenivano mai tra persone che avevano lo stesso status sociale. La sessualità nelle società mediterranee era basata sul concetto di dominio e sottomissione.
Questi ruoli sociali di dominanti e sottomessi si basavano sulla sessualità maschile che prevedeva che vi fosse un penetrante e un penetrato.
Inutile dire che non vi era alcun riferimento all’omosessualità femminile, cosa che non ci sorprende. Nelle società mediterranee patriarcali gli atti sessuali tra uomini esistevano, ma avevano come scopo quello di manifestare il dominio su un altro uomo o un altro gruppo di uomini. Non era raro che dopo una guerra i vincitori violentassero i vinti proprio per manifestare la propria superiorità.
Sodoma nella Genesi
Quello che abbiamo appena detto ci aiuta a capire la storia della città di Sodoma e dei suoi angeli nella Genesi. Gli uomini di Sodoma vogliono conoscere carnalmente (yadah, parola ebraica che evoca un rapporto sessuale) gli stranieri che sono entrati nella casa di Lot.
Vogliono violentarli, per mostrare il loro dominio sociale e culturale. Questa storia non ci parla quindi di condanna dell’omosessualità: è una storia di stupro e inospitalità. In altri testi biblici (Ezechiele 16:49 e Luca 17:28-29) il peccato di Sodoma non è identificato come omosessualità, ma orgoglio, incapacità d’aiutare i poveri, mancanza d’ospitalità verso gli stranieri.
Libro del Levitico, 18:22: “Non giacerai con uomo come giaci con una donna, è un abominio. L’uomo che giace con uomo come giace con una donna commette un abominio, devono morire, il loro sangue ricadrà su di loro.”
Questi versetti fanno parte del codice di comportamenti morali previsti dal Levitico, un tentativo di determinare regole di comportamento diverse da quelle degli altri popoli mediterranei. Alla luce di quanto abbiamo già detto diventa chiaro che il divieto continuo di rapporti tra uomini era un tentativo di preservare l’armonia all’interno della comunità maschile d’Israele, non permettendo agli uomini di stabilire rapporti basati sul dominio o sulla sottomissione. Non si parla di relazioni d’amore tra persone dello stesso sesso.
Scritti di San Paolo
Prima lettera ai Corinzi, 6:9-10: “Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi, né impudici, né idolatri, né adulteri, né depravati, né persone dai costumi infami, né ladri, né cupidi, né ubriaconi, né persone che insultano gli altri, né rapaci erediteranno il regno di Dio.”
Prima lettera a Timoteo, 1:8-11: “Noi non ignoriamo che la legge è buona, basta che se ne faccia un uso legittimo, sapendo che la legge non è fatta per il giusto, ma per i cattivi, i ribelli, gli empi, i peccatori, i blasfemi, i profani, i parricidi, gli assassini, gli impudichi, gli infami, i violentatori di uomini, i bugiardi, gli spergiuri e tutto ciò che è contrario alla Santa dottrina.”
Vi sono due domande da porsi quando si abbordano questi testi, la traduzione e le pratiche sessuali nel mondo greco. Vediamo una certa confusione nel tradurre due parole greche nella lista di questi vizi elencati da Paolo: queste due parole sono “askenatoi”, che viene tradotto con varie parole omosessuali: sodomiti, pedofili o perversi, e la parola “malakoi”, che significa “ragazzi che acconsentono alla pederastia, effeminati o prostituti”.
Queste parole sono inserite in un contesto culturale greco in cui hanno un significato particolare, come abbiamo visto precedentemente. Il mondo mediterraneo aveva una concezione della sessualità basata sul dominio, la sottomissione e lo status sociale diverso. Anche per i greci le relazioni sessuali corrette erano quelle tra persone che avevano uno status sociale diverso.
Inoltre in Grecia vi era un’antica pratica sociale chiamata pederastia, una relazione in cui i ragazzi giovani erano iniziati ed educati alla vita sociale attraverso una relazione con uomo maturo.
Questi uomini erano i protettori dei ragazzi che avevano 13-14 anni. Le relazioni erano considerate importanti nell’educazione delle future classi dirigenti della polis. C’erano regole strette sulla durata della relazione come anche sul ruolo della famiglia di fronte alla relazione.
La relazione non doveva protrarsi in età adulta. Ma vi erano degli abusi: alcuni giovani venivano tenuti sotto protezione oltre l’età ammessa, quindi si trasformava in una relazione di dominio e sottomissione tra uguali, violando il codice delle relazioni sociali ammesse. L’apostolo Paolo si riferisce a queste relazioni e non a relazioni consenzienti d’amore.
Lettera ai Romani, 1:26-27: “Dio li ha abbandonati a passioni infami, poiché le donne hanno cambiato i loro usi naturali verso quello che è contro natura e gli uomini stessi abbandonando l’uso naturale della donna si sono infiammati di desiderio gli uni verso gli altri, commettendo uomo con uomo cose infami e ricevendone il salario meritato dal loro smarrimento.”
Appare dunque chiaro ora che questi versetti devono essere letti nel contesto culturale del mondo mediterraneo che accettava un’unica formula di comportamento sessuale tra pratner non uguali. Il partner dominante era sempre l’uomo adulto. È importante leggere anche questi versetti della Lettera ai Romani in un contesto più ampio.
All’inizio della sua lettera ai cristiani di Roma, ai quali peraltro non aveva ancora reso visita, Paolo cerca di esporre la sua teologia della Grazia (tutti hanno peccato e sono usciti dalla grazia di Dio, ma sono giustificati grazie al dono della grazia di Cristo). Si rivolge a un uditorio di ebrei e gentili. Nel capitolo 1 cerca di mostrare che i gentili hanno bisogno di Dio, sottolineando i comportamenti che li mantengono lontani da lui. Nel capitolo 2 dice le stesse cose agli ebrei.
Il riferimento di Paolo a atti sessuali secondo natura o contro natura deve essere letto alla luce del contesto mediterraneo. Paolo non cerca di dare un insegnamento etico sull’omosessualità. Cerca di toccare il suo uditorio di gentili, parlando loro di ciò che conosce, utilizzando l’esempio di coloro che non rispettano il modello dominante-dominato per parlare del bisogno di ogni essere umano di ricevere la grazia salvatrice di Cristo.
Questioni di autorità biblica
Quando si parla d’interpretazione biblica bisogna tener conto dello Spirito, tener conto del loro ruolo d’autorità che avevano nei campi della fede e della pratica. Nonostante sia una testimonianza importante della relazione tra Dio e l’umanità, la Bibbia non è l’ultima rivelazione di Dio.
Gesù, il Figlio, Parola fatta carne è l’ultima rivelazione . Bisogna far attenzione a quella che alcuni biblisti chiamano “bibliolatria”, che fa delle Scritture stesse un idolo. Un modo per sfuggire alla bibliolatria è ricordarsi che la Bibbia, pur essendo un riferimento imprescindibile per le questioni di fede, deve essere posta in dialogo con la tradizione, l’esperienza e la ragione.
I testi biblici devono essere letti e interpretati con l’aiuto della storia e della tradizione cristiana. Ma bisogna implicare la ragione, il pensiero filosofico e razionale in modo da renderli applicabili alle situazioni della nostra vita quotidiana. Infine, i testi devono essere capiti all’interno dell’esperienza umana, in particolare l’esperienza della grazia di Dio.
È tempo di smetterla di fare della Bibbia un idolo. È tempo che la Bibbia e le scienze umane si pongano in dialogo, alla luce delle acquisizioni moderne sull’orientamento sessuale e sullo sviluppo della personalità. È tempo di ascoltare le esperienze dei figli di Dio gay e lesbiche che sanno che Dio li ha creati come sono.
Testo originale: Lire les textes à la lumière de la culture méditérranéenne ancienne