Cari senatori davanti alla vostra esultanza io, come madre ho pianto
Lettera aperta inviataci da Michela Varriale, una mamma
Mentre ascoltavo iari n senato i vari interventi, molto più vicini alle chiacchiere da bar prive di fondamento (“si vogliono indurre i bambini a cambiare sesso”, “un bambino e una bambina decidono loro, giorno sì e giorno no se sono maschi o sono femmine”, “utero in affitto”, “gender”…), indegni di essere riportati in quello che dovrebbe essere il luogo più alto delle nostre istituzioni, ho provato un misto di rabbia e orrore.
Sentimenti che si sono trasformati in incredulità quando la Presidente Casellati ha concesso il voto segreto. Chiedere di nascondersi perché? Concedere il voto segreto perché? Sono consapevoli di quello che andranno a fare sulla pelle dei nostri figli e non hanno nemmeno il coraggio delle loro azioni?
Nonostante il campanello d’allarme, ho ingenuamente pensato e creduto che la maggioranza ci fosse. Mi sembrava impossibile che potessero fare/farci così del male. Non può accadere, non nel mio Paese. Io vivo in Italia, non in Polonia, Russia o Turchia…
Quando la Presidente Casellati ha pronunciato la frase “il Senato approva” e c’è stata la reazione scomposta e volgare di una parte dei Senatori, ho pianto.
Ho pianto per me, madre, che ha cresciuto suo figlio insegnandogli il rispetto per le istituzioni e crescendolo nell’illusione che la politica fosse una scelta nobile.
Ho pianto perché dovrò continuare a vivere nel terrore che arrivi la comunicazione che mio figlio è stato picchiato, deriso, offeso, umiliato.
Ho pianto per mio figlio che dovrà continuare a rinunciare ad una parte di sé perché vive in un paese che non lo rispetta e non tollera la sua natura.
Ho pianto per mia madre, donna di 83 anni che aspettava con apprensione questa legge per poter sperare di non aver sempre sbagliato votando una certa parte politica e credendo in una Chiesa giusta che sta dalla parte dei più deboli.
Ho pianto per le migliaia di persone che attendevano il giusto riconoscimento dei loro diritti e delle loro esistenze e in cambio hanno ricevuto l’insulto degli applausi e dei gesti da stadio.
Ho pianto per tutti i genitori che ho incontrato in questi anni e che come me hanno fatto un lungo e doloroso percorso al fianco dei loro figli LGBTQ.
Ho pianto per le persone con disabilità che ancora una volta hanno trovato una porta sbattuta in faccia da questa politica che mai come ora ha toccato il fondo.
Ho pianto per le tante sorelle offese, umiliate, uccise che ancora una volta non hanno trovato voce.
Ho pianto perché ci avevo creduto, che le voci delle migliaia di persone che hanno manifestato in questi mesi sarebbe state ascoltate.
Ho pianto e per un brevissimo lasso di tempo ho pensato che potesse essere la fine. Poi ha preso il sopravvento la consapevolezza che il loro palese disprezzo di ieri, nei nostri confronti e in quelli dell’istituzione che li accoglie e che dovrebbero rappresentare degnamente, è stato il punto di non ritorno.
Non li ho visti solo io, li abbiamo visti in tanti e la società civile si ricorderà quell’immagine perché è incancellabile. Non solo noi figli, genitori, comunità LGBTQ ma anche il resto del Paese. Quello civile, rispettoso delle Istituzioni, al passo con i tempi, che non ha un’immagine pubblica e una privata.
Ho fatto un bel sorriso, ho telefonato a mio figlio dicendogli che sono fiera di lui e l’ho ringraziato per avermi regalato un mondo con i colori dell’arcobaleno. Non siamo noi quelli da compatire, dopo la giornata di ieri.
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