Chi è senza peccato… e la Chiesa cattolica d’oggi
Riflessioni di Don Luigi Garbini tratte da Vanity Fair, n.27 del 9 luglio 2008, p.34
Dire, come ha fatto recentemente Papa Ratzinger, che l’eucaristia sia per i puri e per coloro che sono senza peccato non torna molto, basterebbe ricordarsi che cosa ha detto Gesù a coloro che volevano lapidare l’adultera, ritenendosi senza peccato (Gv 8, 7), per capire che di questi tempi nella Chiesa troppe cose non vanno secondo lo spirito del Vangelo perché, aggiunge Don Galbini, “Gesù afferma di non essere venuto a chiamare i giusti ma i peccatori, la Chiesa dei «puri» sarebbe la manifestazione del suo esatto contrario”. Una riflessione di una logica evangelica stringente che, come è facile arguire, non ha certo trovato spazio sui media cattolici.
In genere le “uscite” del presidente Berlusconi sono indicative di un modo impulsivo di sentire i problemi. E forse proprio per questo, alle volte, nella loro essenza, trasmettono una certa autenticità. Nel caso dell’accesso alla comunione ai divorziati, per esempio, il Cavaliere ha colpito nel segno.
Visti i risultati dei matrimoni non andati a buon fine, per gli italiani il problema della comunione ai divorziati è diventato più che un tormentone, un dibattito cioè che non si esaurirà nel periodo dell’estate.
Purtroppo, non è sufficiente neppure dire, come ha fatto Papa Ratzinger, che l’eucaristia sia per i puri e per coloro che sono senza peccato: basterebbe ricordarsi che cosa ha detto Gesù a coloro che volevano lapidare l’adultera, ritenendosi senza peccato (Gv 8, 7), per capire che di questi tempi nella Chiesa troppe cose non vanno secondo lo spirito del Vangelo.
Innanzitutto c’è da dire che l’eucaristia non è l’unico modo per assicurarsi il dono della presenza divina. Di sacramenti i cristiani ne hanno sette, alcuni si ricevono una volta sola (battesimo, cresima, matrimonio e ordine), altri invece più di una: è il caso del sacramento dell’unzione degli infermi, che può essere ripetuta, ma soprattutto dell’eucaristia e della confessione, entrambi reiterabili anche ogni giorno.
Se quindi il divorziato non può fare la comunione, può tuttavia sempre accedere alla confessione, dichiarando la propria situazione – situazione che non può più essere sciolta, sanata, perché definitiva. E siccome l’efficacia sacramentale è identica in tutti i sette sacramenti, il cristiano divorziato ha la possibilità di accedere alla grazia, cioè all’aiuto diretto di Dio, anche non partecipando all’eucaristia, ma semplicemente confessando le proprie miserie della vita.
Del resto, se così non fosse, che senso avrebbero le parole di Gesù secondo cui sarebbero solo i malati ad avere bisogno del medico e non i sani? (Mt 9, 12-13).
E proprio qui che «fa acqua» il riferimento ai «puri» usato da Papa Ratzinger: se Gesù afferma di non essere venuto a chiamare i giusti ma i peccatori, la Chiesa dei «puri» sarebbe la manifestazione del suo esatto contrario.