Chiesa Cattolica e comunità omosessuale in Madagascar
Articolo di Raphaël Zbinden pubblicato sul sito cattolico Cath.ch (Svizzera) il 24 aprile 2019, liberamente tradotto da Fabiana Ceccarelli
In Madagascar gli omosessuali non sono perseguitati né discriminati, ma neppure accettati. Il sacerdote cattolico Séraphin Handriniaina, autore di una recente tesi sull’argomento, auspica che la Chiesa cattolica accolga e sostenga maggiormente queste persone che escono sempre più allo scoperto nella società malgascia.
L’esistenza della comunità omosessuale in Madagascar è sempre più tangibile. Di fronte a questa constatazione, Séraphin Handriniaina, responsabile della formazione permanente dei sacerdoti in Madagascar e dottore in teologia presso l’Università di Friburgo, ha cominciato ad interessarsi, oltre dieci anni fa, all’approccio pastorale di queste persone. Per diversi mesi ha condotto delle indagini in tutto il paese. Le sue scoperte e riflessioni sono confluite in una tesi presentata all’Università di Friburgo, e sono state pubblicate nel 2019 nel libro Homosexualité à Madagascar, en parler à l’Eglise? (Omosessualità in Madagascar, parlarne alla Chiesa?, edizioni L’Harmattan). Cath.ch lo ha incontrato durante la sua permanenza a Friburgo a metà aprile 2019.
Com’è percepita l’omosessualità in Madagascar?
Séraphin Handriniaina: L’omosessualità, come la sessualità in generale, è un argomento tabù nel paese. Ciò è dovuto principalmente al fatto che nella società tradizionale malgascia la fecondità e la comunità sono valori fondamentali. L’omosessualità è vista come un elemento di disturbo per questi due pilastri della società. Il fatto che la fede cattolica, che raggruppa un quarto della popolazione malgascia, sia reticente di fronte a questo fenomeno, è un altro elemento che gioca contro queste persone.
Come si manifesta tutto ciò?
In Madagascar non vi sono persecuzioni, e nemmeno vere e proprie discriminazioni contro gli omosessuali. Non sono puniti a livello di legge. Non si può nemmeno dire che gli omosessuali siano realmente esclusi. Direi piuttosto che non sono accettati, che sono rinnegati. Così, per la maggior parte del tempo, si trovano a vivere la loro sessualità di nascosto. In alcune parti del Madagascar, gli uomini che non sono sposati e non hanno figli sono molto malvisti. Per questo motivo gli omosessuali si sposano e hanno figli. Ma sono soprattutto le donne a soffrirne, perché i loro mariti conducono una doppia vita.
Gli omosessuali sono spesso emarginati dalle loro stesse famiglie, per le quali rappresentano una vergogna. E poiché i legami familiari sono molto forti e importanti nel Paese, essere esclusi dalla famiglia equivale ad essere esclusi dalla società.
In che modo ha potuto riscontrare la realtà omosessuale nell’isola?
La prima volta è stato nel 2007. Un gruppo di omosessuali aveva organizzato uno spettacolo pubblico ad Antananarivo, la capitale. Mi sono reso conto che l’omosessualità veniva sempre più rivendicata, senza alcuna reazione da parte della Chiesa. Ho iniziato quindi a dedicarmi seriamente all’analisi di questo fenomeno. Ho condotto un’inchiesta per tre mesi, in diverse regioni del Paese, per cercare di capire cosa stanno vivendo gli omosessuali, cosa vogliono e come la Chiesa dovrebbe affrontare questo tema.
Come reagiscono la società e la Chiesa di fronte all’affermazione dell’omosessualità?
L’argomento è sempre più discusso nei media e nei social network. Ma nell’ambito della società, generalmente, rimane un tabù. Anche la Chiesa mostra segni di rifiuto, più che altro perché non sa come reagire, non sa che posizione prendere, mentre intanto la problematica diventa sempre più evidente. L’obiettivo del mio libro è soprattutto quello di tracciare delle piste in questo senso, per poter aprire il dialogo. Bisogna spezzare il circolo vizioso che fa sì che la comunità omosessuale e la Chiesa si ignorino a vicenda, essenzialmente perché hanno paura l’una dell’altra.
Cosa fare concretamente per raggiungere questo obiettivo?
Io non ho una formula pronta. Prima di tutto bisogna superare il rifiuto e accettare questa realtà. Non serve creare una pastorale particolare per gli omosessuali. Occorre invece avere per loro un’attenzione pastorale speciale, come la Chiesa fa con tutte le persone più deboli.
Si tratta soprattutto di tenere sempre a mente che gli omosessuali sono figli di Dio, come tutti noi, creati a Sua immagine. Rifiutarli sarebbe un errore. Un altro errore sarebbe mettere da parte l’insegnamento cristiano per non urtarli.
Bisogna trovare una giusta misura nell’accogliere queste persone e nel dar loro sostegno. In questo l’esortazione apostolica Amoris laetitia suggerisce degli ottimi percorsi di cura pastorale: guardare la persona e accoglierla così com’è, senza giudicarla, ma cercando di guidarla verso l’ideale cristiano nella sfera della sessualità, pur essendo consapevoli che non tutti riescono a raggiungere questo ideale.
Cosa pensa della criminalizzazione dell’omosessualità che esiste ancora in alcuni Paesi?
In nome della mia fede cristiana, non posso accettarla. Nessuno dovrebbe essere processato o condannato per il proprio orientamento sessuale. Sono del parere che nessuno scelga di diventare omosessuale, anche se in certi casi le pratiche omosessuali si svolgono poi nella dissolutezza, una cosa questa che, a mio avviso, è dannosa.
Lei sarebbe d’accordo se il Madagascar seguisse la linea di una parte dell’Occidente, ovvero l’affermazione dei diritti omosessuali, tramite ad esempio il matrimonio gay o l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso?
Non credo che la realtà dell’Europa o quella degli Stati Uniti possano essere riprodotte in Madagascar, perché il contesto e la storia sono diversi. Non credo neppure che gli omosessuali di questo paese vogliano rivendicare il diritto a sposarsi, almeno non nell’immediato. Quello che vogliono è prima di tutto che si accetti la loro esistenza.
La mia non vuole essere una provocazione né una rivendicazione, bensì una interpellanza ed una anticipazione delle sfide che attendono la Chiesa nel mio Paese.
Testo originale: «L’Eglise doit accompagner les homosexuels de Madagascar»