Cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II scosse il mondo
Articolo di Thomas Seiterich pubblicato sul sito publik-forum.de (Germania) l’8 dicembre 2015 , traduzione di finesettimana.org
Cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II giungeva al termine. È stato una pietra miliare della Chiesa cattolica romana, che in un certo momento storico si è auto-modernizzata. Ed oggi, mezzo secolo dopo, papa Francesco attua, passo dopo passo, il disegno del Concilio.
Il grande teologo del Concilio, Yves Congar, un domenicano, a proposito del Concilio Vaticano II, aperto l’11 ottobre 1962 da papa Giovanni XXIII e concluso l’8 dicembre 1965 dal successore, Paolo VI, ha detto: “Dopo un concilio, nella Chiesa, all’inizio e per un certo periodo, le cose sono relativamente oscure. Ci vogliono 50 anni perché il Concilio possa essere davvero realizzato”. Lo ricorda uno degli ultimi padri conciliari ancora in vita, il vescovo Luigi Bettazzi. Il vivacissimo norditaliano novantaduenne continua: “Oggi, cinquant’anni dopo il Concilio, papa Francesco realizza il Concilio e le sue intenzioni”.
Per i cattolici è stato un periodo molto avvincente, quando papa Giovanni XXIII, un uomo vicino alla gente, figlio di un piccolo contadino di un paese del Nord Italia, Sotto il Monte, convocò il Concilio. Per papa Giovanni era un segnale per uscire finalmente dai tempi bui di un Concilio Vaticano I (1870-71), di un cristianesimo sulla difensiva ed estremamente autoritario.
Per gli esperti teologi di Roma attorno al cardinale Alfredo Ottaviani, l’ormai quasi cieco prefetto della Dottrina della fede, che osservavano con sospetto quel papa Giovanni troppo accogliente e troppo aperto al mondo, il Concilio offrì l’opportunità di riaffermare le “verità eterne” di nuovo e per sempre.
E nel mondo? Gli anni del Concilio erano il tempo della “Dolce Vita” nei film, nella moda e nella fotografia. Nei film si ammiravano meravigliose – e pure cattoliche – star prosperose. Attrici come Sofia Loren, Gina Lollobrigida e Anna Magnani. Gli Stati Uniti avevano per la prima volta nella loro storia un cattolico come presidente, John F. Kennedy. Questi non teneva segreta la sua fede e incarnava con il suo bell’aspetto una nuova eleganza nella politica – un’aria di primavera dopo gli scontri militareschi dei pesanti anni del dopoguerra. Grazie anche alla mediazione di papa Giovanni XXIII, Kennedy e il suo antagonista moscovita, capo dello Stato e del partito Nikita Krusciov, evitarono al mondo, nella crisi di Cuba dell’ottobre 1962, una guerra atomica. Il Concilio era appena cominciato.
Nel mondo era un periodo estremamente complesso, di ottimismo e fiducia. Rock and roll e Maria Callas alla radio, alla televisione, sulle riviste e dal vero. In Africa e in Asia diverse colonie stavano conquistando la loro indipendenza. A Cuba un regime decadente era stato abbattuto dall’idealista di sinistra Fidel Castro e dal medico Che Guevara. E nelle società dell’Europa occidentale e del Nord America il ceto medio poteva di nuovo permettersi qualcosa.
Il Concilio influenzò l’ottimismo di allora, anche grazie alla fiducia nella vita da parte dei fedeli. Un ottimismo originario del ceto medio occidentale e delle gerarchie ecclesiastiche del Terzo Mondo e dell’Occidente. Soprattutto dei teologi francesi avevano da decenni preparato il terreno con la loro “Nouvelle Theologie”. Questa aveva procurato loro sotto papa Pio XII anche divieti di insegnamento. Ma i domenicani e i gesuiti Henri de Lubac, Marie-Dominique Chenu, Jean Daniélou, Yves Congar e i loro amici in Belgio e in Germania avevano proseguito silenziosamente la loro ricerca nonostante la durissima repressione vaticana.
Così liberarono la fede e la dottrina dal loro totale irrigidimento e prepararono la via per l’apertura del Concilio. A questa teologia riformatrice, i difensori romani della tradizione non avevano molto di convincente da opporre. Praticamente tutte le votazioni sui documenti del Concilio terminarono con una grande maggioranza a favore dei riformatori.
L’ottimismo del tempo e dei responsabili ecclesiali si espresse allora, da parte della Chiesa, nel dichiarare la sua “gioia” per la gioia e la vita degli uomini, e nel desiderare di fare sue le loro preoccupazioni. Questo testo quasi poetico si trova nella Costituzione “Gaudium et Spes” del 1965, in cui la Chiesa dichiara che il suo posto è nel mondo di oggi. La definizione di se stessa come “popolo di Dio in cammino” si trova nella Costituzione “Lumen Gentium” del 1964; che la Chiesa deve continuamente riformarsi si trova nello stesso documento. Viene anche sottolineato “il comune sacerdozio di tutti i fedeli”. La dichiarazione “Dignitatis Humanae” (1965) sottolinea la libertà di religione – discostandosi dall’intolleranza dei secoli precedenti. L’ebraismo e l’islam vengono altamente considerati in “Nostra Aetate” (1965), la dichiarazione del rapporto con le religioni non cristiane. Viene revocata la secolare scomunica contro gli ortodossi, si annuncia una collaborazione positiva con le Chiese della Riforma.
Alla fine ci fu una serie di decisioni – quasi uno sfinimento dei più che 2000 padri conciliari. Ad una velocità altissima per la Chiesa di allora, nell’ “autunno caldo” del 1965 furono prese decisioni importantissime. Che cambiarono il volto della vecchia Chiesa e aprirono le finestre al mondo, come aveva chiesto papa Giovanni XXIII, deceduto poco dopo l’apertura del Concilio.
La grande celebrazione finale del Concilio sull’assolata Piazza San Pietro, fece sul popolare cardinale di Colonia Josef Frings, che aveva svolto un ruolo molto importante nel plenum, una “impressione molto teatrale”. Il suo consulente teologico, l’allora trentottenne, Joseph Ratzinger, la cui stella era cominciata a brillare durante il Concilio, trovò la grande manifestazione “un po’ esagerata ed esteriore”.
Alcuni giorni prima, il 16 novembre 1965, 40 padri conciliari attorno all’arcivescovo brasiliano Dom Helder Camara, nelle catacombe di Priscilla si erano impegnati per il futuro a rinunciare a qualsiasi pompa e ricchezza. Al contrario, volevano valorizzare il ruolo dei laici e soprattutto ascoltare i poveri. Da qui nacque la “Chiesa dei poveri” e la teologia della liberazione. Che venne perseguitata da Roma dal 1978 fino al 2013 sotto i papi conservatori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Al Concilio avevano partecipato come ospiti dei rappresentanti delle Chiese luterana, riformata, uniate e anglicana, teologi ortodossi, esperti dell’ebraismo e di altre religioni non cristiane. Solo le donne furono quasi escluse: la loro rappresentanza era estremamente ridotta. Nel complesso, con il Concilio Vaticano II comincia per i cattolici una nuova era. Non c’è più la vecchia istituzione centrata su di sé. Invece, la Chiesa vede se stessa come un popolo in cammino sulla Terra. Questo cambiamento paradigmatico, questo balzo in una concezione di sé totalmente nuova è ciò che il papa del Concilio, Giovanni XXIII, desiderava: un balzo in avanti.
Il Concilio Vaticano II mette le basi per poter essere oggi dei cristiani cattolici aperti e inseriti nel mondo contemporaneo. Il Concilio è stato un balzo in avanti – oggi papa Francesco attua il programma futuro impostato allora.
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Testo originale: Ein Konzil bewegt die Welt