Arcigay all’Arcivescovo di Torino: “Ai corsi per guarire i gay c’era pure la Curia”
Articolo di Jacopo Ricca pubblicato su Repubblica.it il 10 dicembre 2015
Torino, Arcigay contro il vescovo: “Ai corsi per guarire gli omosessuali c’era anche la Curia”Corsi per “guarire” dall’omosessualità anche a Torino. E scoppia la polemica da parte dell’Arcigay: non solo per i corsi in sé, ma per la partecipazione del direttore dell’Ufficio comunicazione della Curia di Torino, don Livio Demarie, alle riunioni di “Courage”, organizzazione apostolica che sostiene di poter curare i gay, un po’ come il “Gruppo Lot” che organizza seminari nel Bresciano.
Una querelle che fa il paio con quella scoppiata un anno fa all’istituto scolastico “Pininfarina” di Moncalieri, con una prof finita nella bufera per aver detto in classe, a un alunno gay, che “gli omosessuali si possono curare”. Stavolta è stato il giornalista de “l’Espresso” Michele Sasso a infiltrarsi agli incontri torinesi di “Courage”: e ha visto come lo scorso 17 ottobre, nella chiesa torinese Maria Ausiliatrice, ci fosse anche don Livio. “Certo non ci stupiamo di leggere, associati a questa organizzazione, i nomi dei cardinali Pell e Sarah, che da anni prendono posizioni dichiaratamente omofobe e retrive – attacca Marco Giusta, presidente di Arcigay Torino – Quello che troviamo sconcertante è che la diocesi di Torino non solo dia ospitalità a questi propagatori di odio, ma anzi li sostenga, e invii don Livio Demarie a benedire le riunioni portando il saluto dell’arcivescovo”.
L’organizzazione per i diritti degli omosessuali chiede che monsignor Cesare Nosiglia dia conto di questa presenza: “L’arcivescovo Nosiglia aveva preso una posizione chiara quando criticò apertamente l’insegnante di religione di Moncalieri che sosteneva queste superstizioni – continua Giusta – Nei mesi scorsi avevamo chiesto un incontro per organizzare un momento comune con loro in cui discutere di questi temi, ma non abbiamo mai avuto risposta. Adesso oltre a quel silenzio si aggiungono queste posizioni sconcertanti”. Uno dei “punti da chiarire” è se la partecipazione del sacerdote fosse a titolo personale o come “rappresentante” di Nosiglia: “Ora pretendiamo parole di verità” dice ancora l’Arcigay, e aggiunge una domanda: “Il nostro arcivescovo è convinto che l’omosessualità, come riferiscono tutte le realtà scientifiche internazionali, è una variabile naturale dell’essere umano oppure è rimasto alla concezione di malattia da cui pubblicamente prendere le distanze e poi condannare – ed esercitare – in privato?”.
In serata la Curia ha replicato con un lungo comunicato: “Il servizio de ‘l’Espresso’ pubblicato la scorsa settimana è stato realizzato all’insaputa dei partecipanti all’incontro tenutosi a Maria Ausiliatrice; le dichiarazioni riportate tra virgolette non sono state verificate. Questi fatti costituiscono violazione della privacy delle persone partecipanti e sono una prassi molto discutibile sul piano della deontologia professionale giornalistica.
Il ministero pastorale dei singoli sacerdoti (sull’Espresso don Livio Demarie viene associato al suo ruolo di ‘portavoce dell’arcivescovo Nosiglia’) non dipende dall’arcivescovo se non per gli incarichi da lui espressamente affidati. È evidente, tuttavia, che don Demarie non agisce ‘per conto proprio’ ma in seguito a scelte che fanno parte di un cammino pastorale più ampio. L’arcivescovo esprime a don Livio la sua totale vicinanza e la piena fiducia nel suo lavoro. Non è accettabile che incontri e riunioni cui le persone partecipano liberamente e con la garanzia della riservatezza vengano strumentalizzati per ottenere una qualche porzione di «visibilità».
Non è in questo modo che la Chiesa a Torino è impegnata nel confronto e nell’accompagnamento delle persone che vogliono confrontarsi sulla propria sessualità in relazione alla vita spirituale. Ci si chiede come sia possibile affrontare con tali leggerezze, anche dal punto di vista giornalistico, le realtà delle persone, al di là dell’orientamento sessuale di ciascuno”.