Coming out. Crescere gay e musulmano in America
Articolo di Edward Wyckoff Williams pubblicato sul sito di Aljazeera America (USA) il 3 luglio 2014, liberamente trdotto da Marius
Nell’Islam tradizionale l’omosessualità è considerata un crimine indicibile e obbliga molti giovani gay musulmani a vivere nell’ombra. Omar, nato nei sobborghi di Seattle da una famiglia americana molto unita della classe media, rivela di essersi sentito sotto pressione nel tentativo di soddisfare le aspettative della sua famiglia, come uomo e come musulmano. All’Università della California di Los Angeles, frequentava gli incontri di preghiera e faceva parte dell’associazione studentesca musulmana. Ma in segreto, cominciò a uscire con uomini. Incapace di conciliare l’essere gay con la sua fede, si è allontanato dall’Islam.
“Ho provato ad allontanarmi dall’Islam perché ero gay”, dice Omar, che ha chiesto di essere identificato solo suo nome di battesimo. “Crescendo, mi è stato insegnato che essere gay era sbagliato… Venivi completamente scomunicato o emarginato, o ti toccava trovare un sacco di soluzioni che non erano oneste“. Da quando si è trasferito a New York cinque anni fa, Omar vive apertamente la sua omosessualità.
Tradizionalmente, l’Islam non tollera l’omosessualità. Gran parte dei 4 – 7 milioni di musulmani che vivono negli Stati Uniti costituisce la prima generazione di immigrati che, come i genitori pakistani di Omar, proviene da paesi in cui le relazioni tra persone dello stesso sesso sono stigmatizzate, criminalizzate o addirittura punite con la morte. Una tale realtà culturale impedisce al messaggio di accettazione e di uguaglianza, che si sta diffondendo negli Stati Uniti, di trovare ascolto negli ambienti islamici più tradizionali.
“Se si è musulmani, a volte essere gay può essere pericoloso”, ha detto Omar. “Quindi a un ragazzo di sedici anni, se non fosse ancora pronto ad aprirsi nell’ambiente che lo circonda e volesse vivere senza pericolo, non consiglierei di dichiararsi gay“. E’ stato solo da quando si è trasferito a New York, cinque anni fa, che Omar ha assunto la sua nuova identità. “Prima di tutto, io sono gay”, ha detto, “e guarda caso, sono una persona di colore, oltre che di origine musulmana“.
Messaggi contraddittori
I leader musulmani americani riconoscono che i tempi stanno cambiando, ma questo non significa che stiano abbracciando completamente il cambiamento. L’Imam Chenor Jalloh del Centro Culturale Islamico di New York, la più grande moschea della città, ha detto che le porte sono sempre aperte ai gay musulmani. Ma mentre accoglie l’individuo, ammette che rifiuta l’orientamento omosessuale, definendolo una “contraddizione” per “il sistema dell’Islam“. Questo è il consiglio che l’imam offre ai genitori musulmani di figli gay: “Amateli. State loro vicini. Non mandateli via di casa, questa non è la soluzione“.
Nonostante sia un moderato, Jalloh suggerisce che col tempo, i giovani omosessuali cambino e afferma che i genitori “dovrebbero anche incoraggiarli a non vivere quel tipo di vita. Non posso certo dire che si nasca gay“.
Questo punto di vista e i messaggi contrastanti spesso lasciano una sensazione di confusione e di solitudine ai giovani gay musulmani, che si trovano divisi tra la negazione della loro identità sessuale e la paura di essere ripudiati dalla famiglia e dalla fede. E data la miriade di sfide sociali che affrontano i musulmani americani in generale, dalla sorveglianza da parte del governo alla discriminazione, queste pressioni fanno sentire alcuni gay musulmani come una minoranza con una doppia natura, isolata all’interno e al di fuori della propria comunità.
Ma alcuni giovani gay musulmani stanno sfidando questo sistema, e aumentando di numero nei settori della politica, dei media, dell’arte e dell’attivismo si stanno impegnando per creare un Islam americano più inclusivo. Rabia Chaudry, sulla rivista Time, ha definito questo momento addirittura come “una nuova insurrezione musulmana“.
I valori dell’Islam
Sara, una ragazza lesbica di 27 anni che vive a Brooklyn e che si identifica come queer, ha subìto un doloroso distacco dalla famiglia. Ma mantiene profondi legami con la sua fede e si considera ancora religiosa. “Conciliare la mia fede islamica e la mia sessualità era abbastanza naturale“, ha detto. “Io credo in questo concetto che Allah abbia creato le persone nella forma migliore e che Allah ami le sue creature“.
A New York ha trovato sostegno sia nella sua comunità gay sia nella sua religione. Riferisce che dopo il coming out, in realtà la sua fede è diventata più forte. “La fede era una scatola a cui mi aggrappavo, appariva in un certo modo e potevo sempre stare in un certo modo in quella scatola“, ha spiegato. “Ma andando avanti con la mia vita, mi sono resa conto che la fede era la promessa di cambiamento, riconoscere il cambiamento e sforzarsi di raggiungere la verità“.
E mentre la tradizione sostiene che nell’Islam l’omosessualità sia un peccato, c’è un movimento crescente di studiosi, attivisti e leader religiosi che rileggono i testi originali da cui filtrano idee di tolleranza e di cambiamento sociale. “La verità è che all’epoca del Profeta Muhammad, egli nominò il primo imam donna, e le persone gay non erano perseguitate per essere gay“, ha detto Ani Zonneveld, fondatrice dei “Musulmani per Valori Progressisti”, un’organizzazione di Los Angeles che sostiene i diritti delle donne e l’uguaglianza delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Ani Zonneveld, una pioniera che contribuisce a creare nell’Islam quegli spazi di sicurezza di cui sono alla ricerca i giovani gay musulmani come Omar e Sara, ha officiato il matrimonio islamico di una coppia lesbica e sfida il sistema guidando la preghiera, un compito che, per tradizione, non è concesso alle donne.
“Non stiamo reinventando l’Islam. In realtà, stiamo ritornando ai valori dell’Islam nel Corano, e stiamo riportando questi valori nel XXI secolo”, ha detto la Zonneveld. “E stiamo tagliando fuori la parte in mezzo, tutta la corruzione politica e sociale della fede“. Sara si aggrappa alla speranza che il suo allontanamento dalla madre non sia definitivo: “Mi sono sistemata, sto vivendo la mia vita, e sono felice. Penso che questo significherebbe molto per lei“.
Omar, che ora ha 30 anni e vive come gay dichiarato, non ha ancora detto di essere gay ai suoi genitori, ma pensa che lo sappiano: “Negli ultimi cinque anni o quasi, sono stato più audace su alcuni dettagli”, ha spiegato. “Può sembrare una sciocchezza, ma anche sui social media, su Facebook, lascio alcune foto indicative, che potrebbero davvero essere percepite come gay, e la mia famiglia può vederle”.
Ci sono ancora aspetti della sua fede e della sua comunità che gli mancano. Con sua grande sorpresa, ora Omar ha una relazione con un altro musulmano: “In certo qual modo, credo che ho cercato di negare che qualcuno che mi avrebbe attratto di più e con cui sarebbe stato anche più facile stare insieme, potesse essere musulmano“.
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Testo originale: Coming out: Growing up gay and Muslim in America