“Continuo a credere nella Chiesa cattolica ma io, gay, mi sento tollerato”
Lettera pubblicata sul sito Bergamonews il 31 Agosto 2012
Nei giorni scorsi Raiuno ha trasmesso la Messa dalla nuova Chiesa di Pantelleria e i giornali ci hanno spiegato che i paramenti liturgici indossati da Vescovo erano griffati: dono di uno stilista, cittadino onorario. Nulla di strano, anche se con milioni di persone al di sotto della soglia minima di sopravvivenza, preferisco sempre la chiesa del grembiule a quella del potere ostentato anche attraverso le esteriorità.
Nel raduno mondiale delle famiglie tenutosi a Milano lo scorso giugno, nella serata d’apertura un noto cantautore si è esibito davanti al Papa. Anche qui nulla di strano, ci mancherebbe!
I due episodi comunque sono utili per capire come la Chiesa si comporta rispetto alla tematica gay: se sei ricco e famoso non ci sono problemi, se non lo sei non ti scaccio ma ti tengo ai margini.
In quale altro modo potrei leggere queste due situazioni rispetto a persone che, giustamente, vivono la loro vita come madre natura li ha creati?
Il problema non è certamente loro, ma di un’evidente discriminazione rispetto ai tanti “nessuno” che vivono la medesima condizione e si sentono più oggetto di giudizi da parte della Chiesa che non di pari dignità. Non voglio parlare di comprensione, perché fa apparire ancor di più che uno è superiore e l’altro inferiore.
Per fortuna non tutti sono così: anche nella Chiesa ci sono tantissimi sacerdoti e pure Vescovi che vedono gli omosessuali come “persone” indipendentemente dalle scelte sessuali.
Questo non toglie comunque l’amarezza che deriva da una semplice constatazione: a parità di credo, se sei famoso e soprattutto ricco hai maggiori lasciapassare.
Se, invece, sei una persona normalissima al massimo ti senti dire: ti capisco ma sbagli, prova a vedere se tutto non è derivato da traumi infantili, sempre che non si sconfini nella sentenza della malattia da curare.
Nonostante ciò, continuerò a credere nella Chiesa, in quel Dio che può essere solo Amore altrimenti non sarebbe Dio. Continuerò a credere che, se nei secoli quelli come me ci sono sempre stati, non può essere una Sua disattenzione o un difetto di fabbrica.
Molto più semplicemente anche questo è parte della natura umana e, in quanto tale, necessita di tutto il rispetto e l’amore possibile, senza per questo rivendicare orgogli che fanno solo sorridere. Alla mia Chiesa chiedo minor attenzione al potere o meglio, come scriveva un Vescovo, la decisione di “passare dai segni del potere al potere dei segni”.
La strada è lunga ma percorribile, l’importante è che tutti possano camminarci e non vi siano primogeniture dettate dalla notorietà o, peggio ancora, dalle disponibilità finanziarie.
In fede