Ethics first! Prima l’etica
Riflessioni di Alberto Sonego, volontario del progetto Gionata
Qual è il nostro posto? La questione del riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali non può essere sottovalutato; ma, e credo che in molti (almeno in questo sito) condividano quest’opinione, non deve nemmeno diventare una questione intoccabile, indiscutibile, inalterabile. Che cosa voglio dire? Per ora mi sto limitando ad osservare.
Ad analizzare come, in particolare, molte associazioni congelino (e non uso le virgolette perché il termine mi sembra azzeccato, sebbene metaforico) numerosi dei loro punti in agenda. Matrimonio? Inattaccabile. Adozione? Non contrattabile. Lotta contro l’omofobia? Benissimo come sta procedendo, è la rotta giusta: non fermiamoci.
Tuttavia, facendo tesoro delle parole di Slavoj Zizek, forse il motivo per cui molti di questi obiettivi non sono stati raggiunti risiede proprio nelle mancanza di elasticità; proprietà che più che condizionarli lì determina, diventando (per la proprietà transitiva che già si è vista nelle rivoluzioni del secolo scorso) la qualità essenziale, il carattere primario non solo delle richieste, ma del modus operandi con cui queste sono perseguite. Fermezza e costanza. Testardaggine?
A voi la scelta del vocabolo che vi piace di più. Quello che credo si possa dire (senza alcuna riserva e senza il timore di fare torto a nessuno) è che la “lotta” va avanti, e i suoi progressi sono dubbi (perché ne staremmo parlando, altrimenti?). Mi si dirà: “qual’è l’alternativa? Secondo te quello che è stato fatto non è abbastanza? Ed allora come agiresti?”. La stessa obbiezione è la radice del problema che in questo testo vorrei discutere insieme a voi.
Riprendo Zizek, e riprendo alcune sue parole contenute nell’introduzione a “La mano invisibile” (un testo eccezionale, se avete tempo dategli una letta). Secondo il filosofo sloveno, il problema della società post-moderna non risiede nell’incapacità di agire, di prendere una decisione, di provocare una sequenza di eventi istantanea. Al contrario: quella che è venuta a mancare è la riflessione critica.
La domanda posta a se stessi prima di ogni atto, l’interrogazione sul presente; ed al posto di questa si è insediata l’immediatezza, la certezza istintuale ed assoluta in base alla quale ogni prima intuizione/percezione è quella giusta. In base alla quale, insomma, è meglio non pensare troppo, perché il pensiero occupa spazio nel tempo (la due dimensioni, che ho volutamente sovrapposto, sono poi così distinguibili, all’interno della vita della società liquida? Cronometrabili. Entrambe.).
Ma questo cosa c’entra con le battaglie dell’associazionismo omosessuale italiano? Se, quasi fosse un foglio di carta trasparente, spostiamo queste argomentazioni dal piano della generalità a quello, peculiare, che fin dall’inizio di questo testo avevamo isolato, la risposta esce da sé. Oggi si è disposti a mettere in discussione la richiesta del riconoscimento della possibilità di adozione per la coppie omosessuali?
Attenzione: “mettere in discussione” vale nel suo senso più inquietante (se così vogliamo dire), cioè in quanto messa in luce dell’eventualità che tali riconoscimento non sia necessario, non sia una priorità immediata. Si è disposti, di nuovo, ad interrogarsi sul senso del matrimonio gay, figurandosi la possibilità che questo non sia una richiesta così ragionevole?
Ecco, io credo che siano queste le sfide con cui prima o poi dovremmo confrontarci. In nome non soltanto di una trasparenza interna, ma anche di una maggior visibilità e comprensibilità da parte dell’opinione pubblica, dell’elettorato e, perché no, del Parlamento stesso, origine concreta del processo decisionale in tema di leggi e decreti.
Ho presentato il problema, l’ho analizzato alla buona ed ho tracciato un percorso che ci ha condotti ad una conclusione. Questa, ponendo l’accento sull’esigenza di un percorso riflessivo più radicale, presenta tuttavia una lacuna. Eh già: perché mi si potrebbe obiettare facilmente che questo tipo di confronto potrebbe rivelarsi inconcludente (e forse l’ha già fatto) senza un orizzonte comune su cui muoversi. Insomma: se tutti iniziassero a mettere in discussione tutto, disegnando, cancellando, ridisegnando ed eliminando nuovamente ogni cosa…che cosa rimarrebbe? E dove condurrebbe un’operazione simile? Da nessuna parte, chiaro.
Ma allora come muoversi? Io un’idea ce l’avrei…sebbene precario e incompleto (una semplice bozza, uno schizzo o una prova) qualcosa l’ho pensato, mettendolo alla prova ad ogni notizia, ad ogni evento a cui mi è capitato di assistere. L’ho stropicciato per bene, questo pensiero, per verificare che resista; e se si spezzasse, per ora, non perderei nulla se non, a quel punto, un’illusione pericolosa. Tuttavia lo sto ancora collaudando.
Questo piano? L’etica. E ho detto tutto e niente. Cos’è l’etica, che profilo assumerebbe all’interno della discussione sui diritti civili? È chiaro che queste due domande (fuse in una) rappresentano rispettivamente il fondamento ed il risultato di un processo che deve ancora iniziare.
Eppure l’etica mi sembra l’orizzonte più saldo da cui muoversi, proiettando ogni domanda su un piano, a questo punto, non più giuridico, sociologico o psicologico di alcun genere. Un piano etico in cui ciascuno (etero, gay, bisessuale, transessuale, uomo, donna, giovane, anziano) può partecipare, in quanto auto-regolabile (cioè, controllabile dall’interno, essendo una disciplina filosofica).
Nondimeno, l’intera trattazione era cominciata con una domanda, ricordate? Chiedevo “qual è il nostro posto?”. Ma “nostro” di chi? Nostro, a questo punto, non della comunità omosessuale italiana (quale comunità? Quella rappresentata dalle associazioni? Quella frazionata in una serie di interessi particolari e/o regionali? La comunità “politica”?); bensì del Progetto Gionata, che all’interno di questa prospettiva potrebbe rivestire non più (soltanto) il ruolo di mediatore tra sessualità e spiritualità.
Ma pure diventare il promotore di questo progetto di dialogo, innescando un processo di auto-comprensione etica capace di guardare a nuovi progetti e, perché no, nuovi obiettivi raggiunti.