Contro l’omofobia: un cammino tra famiglia, sessualità e spiritualità.
Articolo di Beth Garascia del 16 maggio 2012 dal sito “Fortunate Families” (Stati Uniti) liberamente tradotto da Adriano
“Perchè dovrei rimanere Cattolico, restando in una organizzazione che potrebbe descrivermi spesso come abusivo? “ chiede A., un uomo di mezza età che non si è rivelato finchè non ha raggiunto la metà dei suoi quarant’anni. Sempre più spesso, i cattolici LGBT usano parole negative per descrivere la loro esperienza nello scoprire il proprio orientamento sessuale.
Queste descrizioni variano da “diverso” ed “emarginato” fino a “reietto”, “avariato” e “sporco”.
I loro sentimenti su se stessi, nel momento in cui hanno cominciato a comprendere che erano attratti da persone del proprio sesso, ha causato loro una dolorosa lotta interiore che sarebbe potuta essere alleviata fin dall’inizio grazie ad una comunità di supporto.
Tra le molte affermazioni ufficiali del magistero cattolico sul tema dell’omosessualità, una che provoca molto dolore ai gay è la frase “intrinsecamente disordinati”.
Queste due parole sono sgradevoli e mal interpretate. Se chiedete ad un teologo, vi verrà detto che questa frase significa che un orientamento gay semplicemente non è subordinato alla procreazione dei figli. Eppure, molte persone prendono la frase col significato che c’è qualcosa di profondamente sbagliato dentro la persona che è gay, che la persona è “profondamente, intrinsecamente disordinata”.
Implica che la media cattolica ritiene che i gay, nella loro essenza, siano subnormali, questa descrizione li fa sentire come se fossero un’aberrazione. I membri della gerarchia della Chiesa, tuttavia, difendono questa frase come espressione di una verità filosofica, e non intende riesaminarla alla luce del pericolo reale che provoca a molti dei loro membri.
Il magistero non solo non prende in considerazione di riscrivere queste parole che sono così dolorose, ma insiste anche sul fatto che i gay, se pretendono di essere fedeli cattolici, devono rimanere celibi. Inoltre, si rifiuta di assume una posizione a favore di clausole antidiscriminatorie che includono l’orientamento sessuale, definisce le unioni civili omosessuali come una minaccia al matrimonio eterosessuale, e non si educa circa le ultime ricerche di sociologi e psicologi sull’orientamento GLBT e su altre questioni. Aggiungendo al danno la beffa, i giovani che si identificano come gay non sono più autorizzati ad entrare in seminario e a studiare per divenire sacerdoti.
Non vi è alcuna difficoltà nel comprendere, allora, perché i gay e le loro famiglie non si sentano accettati nelle chiese cattoliche. Il magistero della Chiesa sottolinea i suoi stessi insegnamenti e sembra disinteressato alla saggezza dell’esperienza dei suoi membri, per cui i gay e i loro alleati lo percepiscono come rigida e intollerante. La gerarchia dimentica inoltre l’importanza di focalizzarsi sulle persone e di ascoltare la saggezza di altre discipline.
Si può facilmente capire quindi, che gli adolescenti omosessuali cattolici ritengono che le loro aspirazioni e i loro desideri più profondi sono innaturali. F, un giovane adulto, descrive la sua esperienza di omosessuale in un liceo cattolico, come un argomento di cui non avrebbe dovuto assolutamente parlare. Ha quindi negato chi fosse a se stesso, sebbene i suoi genitori gli abbiano fatto domande sul suo orientamento sessuale. A causa di questo ambiente scolastico repressivo, si sentiva a disagio, innaturale e psicologicamente disordinato.
P. descrive la sua esperienza in una scuola cattolica, riferendosi alla Lettera di Giovanni Paolo II alle donne in cui egli scrive a proposito delle forme complementari tra uomini e donne, come il percorso per diventare pienamente realizzati nella propria umanità. Ci dice che il passaggio è fuori dal contesto, non è in risonanza con il suo cuore di adolescente. Dato che aveva letto parecchio sulla legge naturale, sulla castità e sull’omosessualità, non comprendeva l’esclusione implicita. Questo l’ha spinta a saperne di più sulla povertà, sul razzismo e sull’ingiustizia.
Successivamente, l’ha ispirata a prendere sul serio l’imperativo di Gesù di trattare gli altri come essi lo trattano, in particolare quelli che vanno al di là del dono di consolazione, di accettazione e amore. Questo senso di solidarietà con tutti coloro che sono privati dei diritti civili da parte della Chiesa e/o della società, è stata espressa dalla maggior parte delle persone LGBT che hanno scritto per questo articolo.
Perché, dunque, rimanere nella Chiesa? Sebbene per alcuni la quasi perdita della fede fosse causata dal magistero della Chiesa, la maggior parte dice che a salvarli è stata una combinazione tra il sapere di essere amati incondizionatamente da Dio e del sostegno delle persone meravigliose e fedeli a Dio. Direttori spirituali, membri della comunità, altri parrocchiani, altre persone gay e lesbiche, e membri della famiglia hanno fornito loro il supporto necessario per riconoscere se stessi come figli prediletti di Dio.
Molti citano sentimenti di certezza di amore generoso di Dio come base per il processo di coming out. N dice di aver ascoltato ed obbedito alla sua voce interiore che lo spingeva ad abbracciare e a comprendere la popria realtà come nessun altro avrebbe potuto, soprattutto nel colloquio con Dio. C afferma che si sentiva di dover letteralmente morire in sé, perchè sapeva e pensava che sarebbe stato in questo modo che sarebbe potuto rinascere felice, sano, in tutto se stesso. Ciò gli ha provocato un forte desiderio di diventare sacerdote.
Prima del coming out, stava vivendo una vita nella menzogna e doveva rinunciare a tutte le sue speranze per poter condurre una vita tradizionale. Il risultato del suo coming out e che si sente una persona più forte, più vicino a Dio che mai.
Il coming out permette ai gay di rivendicare una autenticità di sé nelle relazioni, innanzitutto alla famiglia e agli amici e, successivamente, a Dio. Forse si trattava di una scoperta di questa autenticità che ha portato A ad accendere una candela quando ha scritto le ispirate parole che descrivevano la sua attrazione omosessuale. Dice che questa piccola azione gli ha fatto riprendere il ritmo giusto, per lui è stato un momento sacro.
Dato che la scoperta di essere omosessuale si verifica spesso durante l’adolescenza, un periodo di turbamento emotivo in cui il rapporto con i propri genitori è più lontano, gli omosessuali con vergogna sentono che la loro attrazione sessuale è generalmente il primo momento che subiscono al di fuori del nucleo familiare. Nel suo libro Coming Out, Coming Home, Michael C. La Sala descrive quattro fasi del processo degli adolescenti che fanno coming out con le loro famiglie.
Nella prima, la fase di Sensabilizzazione Familiare, il fatto che siano attratti da persone del proprio sesso e la colpa agganciata ad esso è, negli adolescenti, simile ad una lenta aurora. I genitori che a questo punto potrebbero percepire l’orientamento sessuale dei loro figli, provano un ansia anticipatoria di questo processo temendo il conflitto e la distanza che potrebbero emergere a causa di esso.
LaSala descrive la seconda fase come il piano in cui il Giovane vien fuori. E’ il desiderio per l’autenticità che abbiamo già descritto, che spesso spinge i giovani a rivelare il proprio orientamento; il più delle volte alle loro madri, secondo LaSala. Se i genitori sono in grado di accettare incondizionatamente i loro figli omosessuali quando vengono a saperlo, comincia la fondazione dell’amore autentico della persona LGBT come figlio di Dio, nel seno stesso della famiglia.
Per molti genitori, sentirsi dire da un figlio adolescente che lui o lei sono omosessuali non è una buona notizia. Per molti di noi ci sarà una risposta di dolore. La notizia ci induce a preoccuparci per la sicurezza dei nostri figli: verranno presi in giro? Accettati dal resto della famiglia e dalla società? Saranno in grado di intraprendere la loro strada utilizzando le proprie doti nella stessa maniera che potrebbero avere se non fossero omosessuali?
C’è anche una perdita di tutti quei sogni che noi genitori abbiamo per i nostri figli, con un tradizionale matrimonio con una persona del sesso opposto, una casetta in periferia con uno steccato bianco e i nipotini. Per i genitori Cattolici, c’è la rabbia verso la nostra Chiesa, che accoglierà i nostri figli solo se rimarranno celibi. Rivolgendoci a Dio con il dolore e la rabbia alla fine porta conforto, ma l’indignazione che sentiamo leggendo le storie anti-gay, per esempio, su come la Chiesa ufficialmente afferma che le attrazioni omosessuali siano da attribuire al “maligno, sono devastanti.
Nella terza fase descritta da LaSala, i genitori reagiscono, il processo del coming out continua. I genitori passano attraverso una fase di lutto interiore, provano un senso di colpa sull’orientamento del figlio pensando che possa essere dovuto ad un loro sbaglio, sono addolorati del fatto che il figlio possa non avere una vita “normale” e hanno timori per il futuro dei loro figli omosessuali. Durante questa fase, a volte c’è un distaccamento tra genitori e figli omosessuali, ciò è liberatorio per tutti i soggetti coinvolti perchè ognuno è libero di processare i propri sentimenti.
La fase finale è il Recupero, durante il quale i genitori spesso si educano ad essere di sostegno. Se la famiglia può essere un luogo dove un ragazzo gay sperimenta una profonda accettazione di sè, cominciando a capire l’amore di Dio attraverso l’amore dei famigliari, questo sarà un dono meraviglioso per l’avvio di un cammino spirituale per tutti membri della famiglia.
Al termine di un lungo viaggio verso l’accettazione di sé, i gay e le loro famiglie giungono a vedere le persone LGBT come un dono per sé e per i loro cari. Un gruppo di genitori cattolici che ama e che sostiene le loro figlie lesbiche e i loro figli gay, si chiama “Famiglie fortunate”. Secondo Mary Ellen Lopata di “Fortunate Families”, il nome è stato scelto perché i nativi americani apprezzavano le qualità dei loro figli che presentavano caratteristiche di entrambi i sessi. Essi li vedevano come se avessero due anime e, secondo l’etnografo WW Hill, le loro famiglie venivano considerate molto fortunate.
La disponibilità di un ragazzo gay di fidarsi dei propri genitori sulla notizia del suo orientamento sessuale, combinato con l’amore incondizionato dei genitori del loro figlio, può essere l’inizio della lenta marcia della famiglia verso l’integrazione. L’approfondita consapevolezza di se stessi come omosessuali, soprattutto nell’abbraccio amorevole di una famiglia che accetta, può consentire alle persone LGBT di conservare il proprio posto nella vita e aiutare gli altri esseri umani privati dei diritti civili a fare lo stesso, invece che essere costretti a vivere ai margini della loro comunità di fede.
Camminare lungo la strada dell’accettazione mantiene, nei gay e nei loro sostenitori, il desiderio di Dio, e i passi delle Scritture di alcuni dei salmi di Isaia per le Beatitudini forniscono molto supporto. “Beati coloro che piangono” è un ritornello favorito perché a un certo punto tutti coloro che sono omosessuali, sono afflitti a causa di una percepita mancanza di normalità, dal rifiuto della famiglia, dal licenziamento di collaboratori, dall’esclusione sociale o dall’insicurezza del lavoro.
P. descrive la realizzazione di se stessa come basato sulla tolleranza, desiderosa come tutti noi di avere un collegamento più stretto con gli altri e con la totalità. Abbracciando la ferita del dolore e del disequilibrio, che a volte è il risultato della rivelazione omosessuale, si ottiene la consolazione.
Le tematiche più importanti per molti gay sono: l’amore di Dio per tutto ciò che Dio ha fatto, Dio ci ha formati nel grembo delle nostre madri, non dobbiamo giudicare gli altri, e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi.
Tutti noi, gay e sostenitori, che abbiamo collaborato a questo articolo preghiamo affinchè il magistero arrivi ad ascoltare le nostre storie e rifletta con noi sulla nostra comprensione religiosa dei doni delle persone LGBT sul dibattito.
Siamo fermamente convinti che Gesù cammina con noi nelle nostre lotte e sofferenze. Sperimentando i sentimenti iniziali di disagio, la crescita spirituale che segue, l’accettazione di ciò che siamo da fratelli cattolici e il conforto dei passi delle Scritture, siamo arrivati a riconoscere i doni associati con l’essere gay. Imploriamo Dio insieme a Thomas Merton che prega dicendo: “Tu ci condurrai sulla strada giusta,Signore, anche se non la conosciamo. Perciò ci affideremo sempre a Te”.
Testo Originale: Family, Sexuality and Spirituality