Sono un Pastore gay. Il mio Pride quotidiano
Testimonianza di un pastore metodista filippino tratta da Network on Religion and justice (Stati Uniti), 3 giugno 2007, liberamente tradotta da Adriano C.
Sono qui di fronte a voi colmo di gratitudine dello spazio che mi avete concesso per condividere la mia storia e le mie speranze. Condivido questo momento importante della mia vita con voi, sapendo che sono di fronte a persone simili a me stesso.
Per me è stato un lungo ed arduo viaggio essere arrivato al punto in cui sono. Durante la mia intera vita, ho desiderato pronunciare queste parole in pubblico, specialmente di fronte alla mia comunità di fede.
Ho 39 anni, e in questi ultimi 13 essendo un anziano ordinato della Chiesa Unita Metodista ho tenuto queste cose in un silenzio doloroso, ma oggi, rafforzato dalla grazia divina e incoraggiato dal vostro abbraccio, lo ammetto: sono omosessuale. Io sono gay. Io sono gay.
Sono nato e cresciuto nelle Filippine. Sono un Metodista fin dalla nascita e la mia famiglia è molto tradizionalista. Non mi sono ancora confidato con loro, ma so che con il tempo potrei avere questa opportunità. Ho risposto alla vocazione sacerdotale nel 1978. Avevo 10 anni.
Ma è stato anche lo stesso anno in cui mi sono reso conto che ero diverso – avevo scontri con i miei compagni di scuola maschi. Ho pensato dopo che fosse dovuto ad una confusa coincidenza. Oggi, credo che fosse un affermazione del mio essere uomo gay chiamato al sacerdozio Cristiano. Ripensandoci, penso fosse solo una fase.
Ero una matricola al liceo quando ho visto “Laguna Blu” con alcuni amici. Erano tutti molto eccitati di vedere Brooke Shields ma, di nascosto, io rimiravo Christopher Atkins. Era così sexy.
Quella sera tornai a casa pieno di sensi di colpa. Mi ricordo di molte notti quando pregando chiedevo perdono per essere diverso. Non riuscivo neppure ad ammettere di essere omosessuale.
Ero così terrorizzato di esserlo. Ero molto confuso e ho sempre pregato Dio affinchè mi cambiasse. Per coprire questa identità segreta, ho consapevolmente mostrato un comportamento omofobico.
Una volta ho detto ad un compagno gay del liceo che sarebbe andato all’inferno perchè era omosessuale. Però dentro di me avevo questa terribile paura che sarei bruciato all’inferno io stesso per il fatto di essere omosessuale.
Per i miei studi universitari sono andato ad un college Biblista molto tradizionalista di Manila. Il motto del nostro college era “La Parola Viva per un mondo che muore” e siamo stati educati per essere evangelici.
Avevo grandi speranze che mi sarei trasformato nella scola biblica, ma no, questo non successe. Ho cominciato ad avere dubbi sulla mia vocazione al sacerdozio. Ma d’altronde ero il più giovane degli evangelici. Stavo predicando con sermoni di fuoco e zolfo nelle pubbliche piazze all’età di 18 anni.
Ero eccitatissimo di poter vedere la gente offrirsi a rinascere in risposta alle mie preghiere. Ma sapevo che la chiesa ritiene che l’omosessualità è incompatibile con gli insegnamenti Cristiani. Ero convinto di vivere nel peccato, che avevo una doppia identità: ero un evangelista cristiano conservatore, ma ero anche omosessuale.
Sono stato ad un seminario molto progressista dell’UMC e UCC nelle Filippine, ma dell’essere gay e Cristiano non se n’è mai parlato in classe. La teologia della liberazione ebbe un forte impatto nella mia vita. Sono diventato un attivista per la giustizia sociale, ho preso parte alle proteste, ma ho continuato a mantenere in segreto il mio essere omosessuale.
I miei amici attivisti non ne parlavano mai. Stavo aiutando gli altri per la lotta alla liberazione, ma avevo bisogno io stesso della libertà. Mi sentivo così incompleto.
La mia esperienza più dolorosa durante il seminario fu di avere un rapporto molto informale con un altro seminarista. Ci amavamo. Però non abbiamo mai chiarito cosa eravamo, cosa stavamo facendo e perchè stavamo insieme.
Eravamo entrambi impegnati anche con delle ragazze. Era confuso e frustrante. Io l’ho amato molto, ma l’anno successivo ci siamo diplomati al seminario e si è sposato, e io gli sono rimasto vicino come migliore amico.
Ma questo non è stato il peggio. Mi sono innamorato di nuovo di un altro uomo ed era lo stesso tipo di rapporto di cui vi ho appena parlato. Anche lui è un pastore. Dato che è difficile essere omosessuali, Cristiani e Filippini, non abbiamo avuto scelte. Si è sposato e io ho celebrato le sue nozze.
Nel 2000 sono stato nominato come delegato supplente alla Conferenza Generale ed è stata una benedizione votare sul cambiamento di linguaggio nel libro della Regola circa l’omosessualità.
Ho partecipato anche alla Conferenza Generale del 2004. In entrambe le sessioni abbiamo votato per cancellare la discriminazione nel testo.
Siccome la gente parla contro l’affermazione ed il pieno inserimento della gente queer, e dato che ho visto i loro voti, ho pianto.
La chiesa che amavo e alla quale avevo offerto tutta l’intera mia vita stava colpendo al cuore. Mi sentivo come se fossi invisibile, come se non esistessi, che non fossi un essere umano, che non fossi il benvenuto.
C’è stato un tempo in cui ero pronto a lasciare la chiesa. Ho cercato in Manila la congregazione MCC. La felicità che avevo sperimentato durante il seminario della MCC era stato molto commovente e forte.
Quella fu la prima occasione che provai la comunione con i compagni LGBT nella fede.
Abbiamo cantato con gioia, il canto sgorgava dai nostri cuori come gente omosessuale in esilio spirituale anelando la terra promessa.
Ero in lacrime quando abbiamo spezzato il pane e condiviso il sacro cibo.
Il mio piano per lasciare l’United Methodist Church non avvenne, perché quella stessa domenica, la MCC aveva un ospite predicatore, un mio amico, pastore filippino dell’UMC dell’Illinois. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Coincidenza? No.
E stato per questo che mi è scaturita la determinazione di rimanere nella Unione Metodista poiché volevo che la mia amata chiesa sperimentasse la stessa libertà e amore che io avevo provato quel giorno.
Abbiamo ancora molta strada da fare. Il fatto che il mio nome non venga menzionato testimonia il pericolo e la discriminazione che ancora inseguono le persone queer nella United Methodist Church e in molte confessioni Cristiane.
Sono dietro un velo invisibile. Sono all’interno di un armadio di vetro, la mia voce è ancora coperta dal rumore dell’odio, e il mio cuore desidera l’abbraccio della chiesa. Anelo anche all’abbraccio di mia madre.
Due anni fa frequentavo questo ragazzo e le cose non andavano bene tra di noi ed ero un relitto. Ho pianto parecchio e mi sentivo molto male. Un giorno mia madre mi ha inviato un messaggio. Era a Manila. Mi disse che mi aveva sognato e che temeva non stessi bene.
Ho pianto ancor di più perché non potevo raccontarle del mio struggimento e della mia pena. E’ difficile per noi quando la chiesa non sostiene i rapporti affettivi che abbiamo come gay e lesbiche.
Ma io credo che l’amore prevarrà. Credo che molti altri usciranno allo scoperto e non potremo essere ignorati. Non sto cercando semplicemente un posto a tavola. Non sto cercando la tolleranza.
Io credo che il giogo stretto e ottuso dell’ingiustizia debba essere buttato via. Abbiamo bisogno di essere trasformati dal di dentro. Ho scritto una poesia due anni fa.
Era dedicata a qualcuno che ho amato ma che non mi ha mai ricambiato. L’ho intitolata “Ironia”.
Ironia
La luce si muove nelle tenebre
La notte nel giorno
Il sole e la luna attraversano il cielo
Il giorno nella notte.
Fugaci momenti di estasi
Braccia protese a raggiungere
che toccano il nulla
Vedendo ma mai sentendo.
Vuoto riempito
Riflusso ma contenuto
in sordina nella cacofonia di suoni
Arcobaleno dipinto di bianco e nero
fissato nello spazio vuoto
La mente corre a comprendere
Il caldo e il freddo
Il cuore parla, nessuno ascolta.
Amici miei, sono felice che mi stiate ascoltando ora, ma molte persone omosessuali fedeli sono ancora nelle tenebre. Molti di noi sono nascosti, silenziosi, intrappolati. Però abbiamo una cosa in comune. Le nostre anime sono unite e non possono essere incatenate.
Voi, me, e le nostre sorelle e fratelli nascosti siamo uniti nella speranza dell’affermazione e della riconciliazione in tutto il mondo.
C’è una frase che si trova in molte parti della Bibbia che mi piace molto: “E avvenne…”. Mi ricorda che tutto questo silenzio, discriminazione ed esclusione dovrà avvenire ad un termine.
Guardo l’arcobaleno sapendo che la luce dell’affermazione è proprio oltre le nuvole che avvolgono molte delle nostre chiese. Il caldo abbraccio che ho ricevuto qui a Pine UMC sono i raggi che annunciano la venuta di un giorno nuovo. Amen.
Testo originale: Testimony for Pride Sunday